Il 15 settembre 2020 le associazioni sindacali ASSODELIVERY e UGL-RIDER hanno siglato il primo CCNL per la disciplina dei rapporti di lavoro dei ciclofattorini, noti anche come “Rider”.

Al di là di ogni considerazione sui temi di rappresentatività sindacale che stanno alimentando un nutrito dibattito, l’accordo, denominato “Contratto Collettivo Nazionale per la disciplina dell’attività di consegna di beni per conto altrui, svolta da lavoratori autonomi, c.d. Rider”, è stato raggiunto a quasi un anno di distanza dall’entrata in vigore della Legge n. 128/2019 che introduceva le prime misure per la tutela dei lavoratori della “gig economy”.

Quello dei rider è un rapporto che, secondo le parti firmatarie, deve essere ricondotto nell’alveo del lavoro autonomo. Difatti, l’art. 7 del CCNL definisce il rider come “lavoratore autonomo che, sulla base di un contratto con una o più piattaforme, decide se fornire la propria opera di consegna dei beni, ordinati tramite applicazione.

Tra le principali misure previste si annoverano il riconoscimento di un compenso minimo garantito, sistemi premianti, dotazioni di sicurezza, coperture assicurative, divieto di discriminazione e pari opportunità, tutela della privacy e diritti sindacali, escludendo al contempo la maturazione di istituti tipici del lavoro subordinato quali ad esempio compensi per lavoro straordinario, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto.

Entriamo nel dettaglio degli istituti principali.

Trattamento economico

Per quanto concerne gli aspetti di natura economica, il CCNL prevede il riconoscimento in favore dei rider di un compenso minimo (10 euro l’ora) determinato sulla base del tempo “stimato” per l’effettuazione delle consegne che, se inferiore ad un’ora, sarà riparametrato di conseguenza in proporzione al tempo “stimato” per la consegna. Tale compenso non potrà comunque essere inferiore a 7 euro per i primi 4 mesi dall’avvio del servizio di consegna presso una nuova città.

Inoltre, il compenso sarà incrementato in misura variabile dal 10% al 20% a seconda che l’attività si svolga durante l’orario notturno (che decorre dalle ore 24:00 alle ore 7:00), i giorni festivi (nei quali non sono ricomprese le domeniche) o nelle giornate in cui le condizioni metereologiche sono “sfavorevoli”.

Per incentivare i ciclofattorini, invece, il CCNL introduce un sistema premiante in forza del quale le società dovranno riconoscere a ciascun Rider un premio una tantum pari a Euro 600 ogni 2000 consegne nell’anno solare (fino a un massimo di Euro 1.500 per anno solare).

Salute e sicurezza sul lavoro

L’accordo non regolamenta solamente aspetti economici, ma mira anche a preservare la salute e sicurezza dei ciclofattorini, garantendo loro l’applicazione delle disposizioni del Testo Unico Salute e Sicurezza di cui al D.Lgs. 81/2008 e la partecipazione a specifici programmi di formazione.

Ai sensi del CCNL, inoltre, le società di delivery dovranno fornire ai Rider dotazioni di sicurezza come indumenti ad alta visibilità e casco, da sostituirsi ogni con una periodicità prestabilita.

Infine, “normativizzando” una prassi già in parte diffusa, è richiesta a cura della committente l’attivazione di coperture assicurative contro infortuni sul lavoro e malattie professionali nonché contro eventuali danni a cose o persone cagionati in esecuzione dell’attività.

Recesso

Da ultimo, con riferimento alla risoluzione del rapporto è attribuita al Rider la facoltà di recedere unilateralmente dal contratto in qualsiasi momento con effetto immediato, mentre è richiesto al committente di osservare un preavviso di recesso di almeno 30 giorni (salvo il caso di violazione del contratto per dolo o colpa grave) o, in alternativa, e  di riconoscere un’indennità pari alla media dei compensi percepiti.  

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La Corte di Cassazione, con la sentenza 18887 del 15 luglio 2019, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore che si è rifiutato di prestare la propria attività lavorativa in un giorno infrasettimanale nel quale cadeva una festività celebrativa di una ricorrenza civile.

 

I fatti di causa

Nel caso di specie una società, a fronte del diniego di un proprio dipendente a lavorare il 1° maggio, azionava nei suoi confronti un procedimento disciplinare che si concludeva con l’intimazione di un licenziamento per giusta causa.

 

Il lavoratore ricorreva così all’autorità giudiziaria affinché, tra le altre, dichiarasse illegittimo il licenziamento e condannasse la società, sua ex datrice di lavoro, alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento in suo favore di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal momento del recesso al giorno della effettiva reintegra.

 

La Corte d’appello territorialmente competente, in riforma della sentenza di primo grado, convertiva il recesso datoriale in “licenziamento per giustificato motivo soggettivo”, condannando la società al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.

 

I giudici di merito a fondamento della propria decisione precisavano, tra l’altro, che: a) ai sensi delle disposizioni del CCNL di settore era possibile per i dipendenti l’obbligo di prestare attività lavorativa in giorno festivo, entro ovviamente i limiti previsti il cui superamento, nel caso di specie, non risultava documentato; b) era corretta la qualificazione di insubordinazione rilevata in primo grado circa il comportamento del lavoratore ma, non essendosi svolto con modalità violente e non essendovi stato un grave nocumento per la società, il licenziamento avrebbe dovuto essere adottato per giustificato motivo soggettivo e con preavviso.

 

Avverso la decisione della Corte d’Appello il lavoratore ricorreva in cassazione.

 

La decisione della Corte di Cassazione

 

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso del lavoratore, ha osservato che i giudici di merito hanno errato nel disporre l’obbligo di lavorare il 1° maggio sulla base di una mera interpretazione del CCNL di settore, che contiene un generico riferimento al lavoro festivo. Ciò in quanto la Legge 260/1949 costituisce una disciplina sovraordinata.

 

Secondo la Corte detta legge è completa ed autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto di astenersi dal prestare la propria attività in determinate festività celebrative di ricorrenze religiose e civili con esclusione, quindi, di eventuali sue integrazioni analogiche o commistioni con altre discipline.

 

Sempre secondo la Corte solo i soggetti alle dipendenze di istituti sanitari, pubblici e privati, sono obbligati alle prestazioni durante le ricorrenze, come il 25 maggio ed il 1° maggio, sempreché le esigenze di servizio permettano il riposo. In caso contrario il datore di lavoro non può derogare unilateralmente alla fruizione del riposo, anche se dipende da esigenze produttive.

 

Peraltro, il diritto del lavoratore di astenersi dall’attività lavorativa durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili è un diritto soggettivo ed è pieno con carattere generale.

 

Tale diritto non può, quindi, essere vanificato dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di un accordo individuale o di un accordo stipulato con le OO.SS cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.

 

Sulla scorta di questi principi la Corte di Cassazione ha concluso per la illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore con tutte le conseguenze di legge.

Con riferimento ai cd. Riders – tema caldo che ha infiammato il recente dibattito pubblico alla luce di alcune pronunce giurisprudenziali e dello “scambio” di punti di vista tra alcuni esponenti del governo ed alcune società attive nel campo del delivery – le organizzazioni datoriali Confetra, Fedit, Confartigianato Trasporti, Cna Fita, Casartigiani, Claai, e le organizzazioni sindacali dei lavoratori Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti hanno firmato, il 18 luglio 2018, un accordo. Secondo detto accordo ai lavoratori che effettuano presa e consegna di merci con cicli, ciclomotori e motocicli (i Riders) si applica il CCNL Autotrasporto merci, Logistica e Spedizione. Nello specifico i Riders rientrano nell’area professionale C relativa alla disciplina del personale viaggiante a cui non spetta l’indennità di trasferta. A detti lavoratori viene assegnato uno specifico parametro retributivo ed un regime orario di 39 ore, distribuito sino ad un massimo di 6 giorni nell’arco della settimana e conguagliabile nell’arco di 4 settimane. In ogni caso la durata complessiva non può superare le 48 ore, compresi gli straordinari ed è prevista la settimana mobile per la fruizione dei riposi settimanali. È stato, inoltre, disposto che i dispositivi di protezione individuale, come caschi e pettorine, siano forniti dall’azienda e che ai Riders si applichino tutte le coperture assicurative e previdenziali previste dalla legge e dal CCNL. L’accordo disciplina anche il lavoro part-time e l’apprendistato ed istituisce la contrattazione di secondo livello.

L’art. 15, comma 1, lettera a) della Legge 22 maggio 2017 n. 81 (cd Jobs Act degli autonomi), pubblicata in Gazzetta il 13 giugno 2017 ed entrata in vigore il successivo 14 giugno, nell’intervenire sui contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ha introdotto, lasciando inalterato l’impianto di cui al D.Lgs. n. 81/2015, una precisazione all’art. 409, n. 3, cod. proc. civ.. Nello specifico viene previsto che la collaborazionesi intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa. Ciò significa che si è presenza di co.co.co. genuine ogni qualvolta le parti, pur accordandosi sulle modalità di coordinamento, lasciano piena autonomia al collaboratore nella concreta attuazione del proprio incarico.