L’INPS, con la circolare n. 71 del 27 aprile 2021, ha recepito l’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione europea (UE) e la Comunità europea dell’energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra (TCA).

L’accordo definisce, per il periodo dal 1° gennaio 2021, le condizioni per la collaborazione tra i Paesi aderenti e regolamenta determinati settori, tra cui quello della assicurazione sociale.

In attesa che l’accordo venga esaminato dal Parlamento europeo, i Paesi aderenti hanno convenuto di applicarlo in via provvisoria dal 1° gennaio 2021 al successivo 30 aprile (inizialmente 28 febbraio 2021). Con specifico riferimento al settore della sicurezza sociale, le norme di coordinamento sono contenute nell’apposito Protocollo che costituisce parte integrante del TCA ed è valido per 15 anni dall’entrata in vigore del TCA stesso.

Il Protocollo riconosce la possibilità di derogare alle disposizioni generali in materia di determinazione della legislazione applicabile, ammettendo la fattispecie del distacco.

In particolare, il Protocollo prevede che il lavoratore distaccato rimane soggetto alla legislazione dello Stato nel quale svolge abitualmente la propria attività a condizione che:

  1. la durata di tale attività lavorativa non sia superiore a 24 mesi e tale persona non sia inviata in sostituzione di un altro lavoratore distaccato;
  2. la persona che esercita abitualmente un’attività autonoma in uno Stato e che si rechi a svolgere un’attività affine in un altro Stato rimane soggetta alla legislazione del primo Stato purché la durata prevedibile di tale attività non superi 24 mesi.

L’accordo non prevede la possibilità di aumentare tale periodo, salva la possibilità di accordi bilaterali.

Queste regole trovano, però, applicazione solo per gli Stati membri, come l’Italia, che hanno comunicato all’Unione la propria intenzione di derogare alle disposizioni generali (c.d. Stati di categoria A).

Secondo l’INPS, i periodi di distacco autorizzati prima dell’entrata in vigore del TCA devono essere considerati per il calcolo del periodo di distacco ininterrotto conformemente all’applicazione dell’art. 12 del regolamento (CE) n. 883/2004. Pertanto, la durata complessiva del distacco ininterrotto non potrà superare il limite dei 24 mesi, ricomprendendo anche i periodi ante 2021, fatta salva la possibilità di estendere la durata del distacco mediante la stipula di un accordo in deroga ai sensi dell’art. 16 del medesimo regolamento (CE).

Eventuali proroghe di distacco autorizzate ai sensi del predetto art. 16 anteriormente al 1° gennaio 2021 – e in corso di esecuzione alla predetta data – saranno valide fino alla naturale scadenza. Analogamente, anche altri accordi stipulati anteriormente al 1° gennaio 2021, in deroga alle disposizioni generali previste dalla previgente normativa comunitaria, restano validi fino alla naturale scadenza. 

Nella Gazzetta Ufficiale n.  229 del 15 settembre 2020 è stato pubblicato il Decreto Legislativo 122/2020 che, dando attuazione alla direttiva (UE) 2018/957 in materia di distacco transnazionale, ha apportato una serie di modifiche alla vigente normativa rappresentata sul punto dal Decreto Legislativo 136/2016.

La direttiva (UE) 2018/957, adottata il 28 giugno 2018, e il consequenziale decreto di attuazione, si sviluppano lungo una prospettiva volta a contrastare fenomeni di alterazione del mercato concorrenziale europeo, quali, a mero titolo esemplificativo, il dumping sociale e salariale nonché il distacco transnazionale fraudolento.

Le principali novità apportate dal decreto di attuazione in commento possono essere riassunte nei seguenti tre principali aspetti: (i) estensione dei destinatari della normativa; (ii) nuove condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati; (iii) modifica della durata massima del distacco transnazionale.

Entriamo nel dettaglio.

Estensione dei destinatari della normativa

In ordine al primo aspetto, giova anzitutto sottolineare che il campo di applicazione della disciplina è stato esteso ad alcune ipotesi più complesse di distacco operato da agenzie di somministrazione precedentemente non assoggettate alla stessa. In particolare, la disciplina è stata estesa alle agenzie stabilite in uno Stato membro diverso dall’Italia che – nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi – distaccano il lavoratore presso una propria unità produttiva o altra impresa, anche appartenente allo stesso gruppo, che ha sede in Italia e, ancora, alla fattispecie del distacco operato delle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in uno Stato membro diverso dall’Italia che distaccano lavoratori presso imprese utilizzatrici italiane.

Il decreto attuativo, a tal riguardo, precisa che i lavoratori coinvolti in una triangolazione di questo tipo sono considerati distaccati in Italia dall’agenzia di somministrazione con la quale intercorre il rapporto di lavoro.

In conseguenza di ciò, è stato introdotto un obbligo informativo in capo all’impresa utilizzatrice che ha sede in Italia, la quale è tenuta a informare l’agenzia di somministrazione distaccante delle condizioni di lavoro e di occupazione che trovano applicazione ai lavoratori distaccati.

Nuove condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati

In merito al secondo aspetto, il decreto attuativo prevede che ai lavoratori distaccati debbono essere applicate le stesse regole valevoli per i lavoratori locali. Così, all’articolo 4 del decreto, viene riportata una elencazione delle materie per cui è prevista l’applicazione della legge dello Stato membro ospitante. Ciò, al fine di garantire una chiara e particolare tutela dei lavoratori distaccati che, giova nuovamente chiarirlo, rimangono dipendenti del datore di lavoro distaccante.

Modifica durata massima del distacco

Infine, il terzo aspetto della modifica in commento è rappresentato dalla riduzione della durata massima del distacco da 24 a 12 mesi, estendibili a 18 mesi con notifica motivata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Una volta trascorso tale periodo, ai lavoratori distaccati verranno applicate, se più favorevoli, tutte le condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi nazionali e territoriali ad eccezione di quelle concernenti le procedure e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto di lavoro, le clausole di non concorrenza e la previdenza integrativa di categoria.

In aggiunta, sempre al fine di garantire una durata adeguata al distacco ed evitare l’attuazione di soluzioni elusive della normativa, viene chiarito nel decreto che in caso di sostituzione di uno o più lavoratori distaccati, la durata di 12 (o 18) mesi verrà determinata dalla somma di tutti i periodi di lavoro prestato dai singoli lavoratori.

Altri insights correlati:

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (“INL”), con nota 5398/2019, ha fornito il proprio parere in merito ad una ipotesi di distacco transnazionale di lavoratori, effettuato da un’impresa stabilita in uno Stato della UE in favore di una propria unità produttiva ubicata in Italia.

 

Caso di specie

Gli ispettori hanno contestato una fattispecie di distacco non autentico, ai sensi dell’art. 3, comma 5, del D.Lgs. 136/2016, nei confronti del medesimo datore di lavoro che assume la veste di soggetto distaccante e soggetto distaccatario.

 

Gli ispettori pur riscontrando due distinte condotte illecite – distacco dei lavoratori da parte della sede principale dell’impresa ed utilizzo degli stessi da parte della sede italiana della medesima impresa – hanno ascritto le stesse ad un unico soggetto, non potendo individuare due soggetti datoriali distinti.

 

Normativa di riferimento

L’art. 3, comma 5, del D.Lgs 136/2016 dispone che “nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico il distaccante e il soggetto che ha utilizzato la prestazione dei lavoratori distaccati sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione”.

 

Risulta così punita tanto la condotta dell’invio in distacco dei lavoratori da parte della impresa distaccante, quanto quella concernente l’utilizzo dei medesimi lavoratori da parte del soggetto distaccatario.

 

Ci si è posti, pertanto, il problema di valutare se l’unico soggetto – distaccante e distaccatario – dovesse essere condannato alla doppia sanzione, in considerazione della duplice violazione.

 

Le conclusioni dell’INL

Prima di entrare nel merito del quesito l’INL ha evidenziato che l’unità produttiva di una determinata impresa può considerarsi autonoma sede secondaria, nei confronti della quale contestare illeciti e adottare relativi provvedimenti sanzionatori, solo se costituisce un distinto centro di responsabilità. Ciò si verifica allorquando la sede secondaria/unità produttiva costituisce un mero ufficio di rappresentanza, con funzioni esclusivamente promozionali e pubblicitarie, di raccolta di informazioni, di ricerca scientifica o di mercato, o svolge, ad esempio, un’attività preparatoria all’apertura di una filiale operativa.

 

In altri termini, a parere dell’INL, la sede secondaria di una compagine aziendale può configurarsi come distinto soggetto giuridico qualora risulti iscritto nel registro delle imprese e identificato in Italia tramite un proprio rappresentante legale.

 

Nel caso di specie, sempre secondo l’INL, sembrerebbe non riscontrarsi un’alterità tra il soggetto distaccante e l’impresa utilizzatrice, poiché i lavoratori risulterebbero inviati dalla sede principale dell’impresa distaccante estera presso una propria unità produttiva ubicata in Italia, priva di una autonoma

rappresentanza legale e gestita esclusivamente da un preposto nominato dalla medesima sede principale.

In considerazione di quanto sopra esposto nel caso di specie, stante l’appartenenza dell’impresa distaccante e dell’impresa distaccataria alla medesima organizzazione datoriale, trova applicazione una sola sanzione da comminare all’unico soggetto dotato di personalità giuridica, ossia il distaccante.

Con la nota n. 4833 del 5 giugno 2017, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito chiarimenti in sulla corretta applicazione del D.Lgs. n. 136/2016 in materia di distacco transnazionale. Con riferimento al concetto di “prestazione di servizi” il provvedimento chiarisce che in tale ampia locuzione – che presuppone l’espletamento di attività lavorative temporanee in favore di un destinatario situato sul territorio italiano (i.e. il distaccatario) ovvero di un’unità produttiva dell’azienda straniera distaccante presente in Italia ovvero presso un soggetto committente – rientrano gli appalti, i subappalti e, più in generale, gli accordi commerciali aventi ad oggetto lo scambio di servizi tra imprese stabilite in Paesi diversi. Quanto al concetto di un’unità produttiva dell’azienda straniera distaccante in Italia, l’Ispettorato ha precisato che deve trattarsi di un’unità avente un minimo di organizzazione di mezzi e/o persone e che costituisca dunque un centro di imputazione di rapporti e situazioni giuridiche riferibili al soggetto straniero. Secondo l’Ispettorato nell’ambito dei distacchi transnazionali genuini rientrano anche le ipotesi in cui i lavoratori stranieri vengono inviati in Italia presso una filiale del soggetto straniero distaccante oppure presso altro operatore economico (i.e. distaccatario) sito in Italia e, successivamente, siano impiegati sempre in Italia per l’esecuzione di un appalto presso un’altra azienda committente. Da ultimo, l’Ispettorato, da un lato, ha escluso dalla locuzione di “prestazioni transnazionali di servizi” le attività svolte presso stand temporanei allestiti nell’ambito di fiere, mostre e manifestazioni non potendo lo stand essere considerato quale unità produttiva, mentre dall’altro vi ha fatto rientrare le attività di montaggio e smontaggio degli stand.