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Il ricorso cautelare blocca i termini di decadenza

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: Processo del lavoro, rito cautelare

28 Ott 2020

Il ricorso cautelare blocca i termini di decadenza

La Corte Costituzionale, con la sentenza 212 del 14 ottobre 2020, ha statuito che il lavoratore che impugna il trasferimento (e altri atti del datore di lavoro soggetti a decadenza, ivi incluso il licenziamento) con ricorso cautelare, senza depositare ricorso ordinario presso il Tribunale del lavoro, non incorre nella decadenza dei termini previsti dalla legge.

I fatti di causa

Un lavoratore disabile aveva impugnato tempestivamente mediante ricorso d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. il provvedimento con cui il datore di lavoro aveva disposto il suo trasferimento presso altra sede situata in altra regione. Ciò senza promuovere anche il giudizio ordinario entro il termine di 180 giorni di cui all’articolo 6, comma 2, della legge 604/1966.

L’articolo 6, comma 2, della legge 604/1966

L’articolo 6, comma 2, della legge 604/1966 prevede che “l’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato

In base all’interpretazione letterale della norma, gli unici strumenti per impedire la decadenza sono il ricorso presso il Tribunale del lavoro (secondo la giurisprudenza sia il ricorso ordinario che quello introdotto dall’articolo 1, comma 48, della legge 92/2012 per la domanda avente a oggetto l’impugnativa dei licenziamenti che ricadono nel comma 47) ovvero la comunicazione della controparte di richiesta d20l tentativo di conciliazione o arbitrato.

La questione di legittimità costituzionale

Il Tribunale di primo grado di Catania ha dunque sollevato questione di legittimità costituzionale della norma in esame che, anche secondo l’interpretazione fornita dai giudici di legittimità, non include il ricorso d’urgenza tra gli strumenti idonei ad impedire lo spirare dei termini decadenza.

A parere del Tribunale, tale interpretazione determinerebbe una sanzione sproporzionata e irragionevole rispetto agli obiettivi realmente perseguiti dalla norma, nella misura in cui impedisce definitivamente al lavoratore, per motivazioni meramente formali, di ottenere una decisione sulla sua impugnazione, nonostante abbia tempestivamente contestato l’atto dell’azienda con il ricorso cautelare.

La decisione della Corte Costituzionale

Secondo la Corte costituzionale, se la doglianza del dipendente portata davanti a una commissione di conciliazione o a un collegio arbitrale – procedura che, peraltro, può essere respinta dal datore di lavoro – costituisce un atto idoneo a preservare l’efficacia dell’impugnazione ed impedire la decadenza, non può non riconoscersi lo stesso effetto all’iniziativa del lavoratore che proponga la sua impugnazione direttamente dinanzi ad un giudice, anche cautelare, iniziativa alla quale il datore di lavoro non può sottrarsi. Una diversa interpretazione violerebbe il principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione.

La Consulta, infatti, rileva che la tutela cautelare, essendo riconducibile all’esercizio della giurisdizione di cui all’art. 24, comma 1, Cost. e alla garanzia del giusto processo ex art. 111, comma 1, Cost., non può subire un trattamento peggiore rispetto ai sistemi alternativi di composizione della lite.

Inoltre, a parere della Corte di Cassazione, la norma sarebbe contraria al principio di ragionevolezza ex art. articolo 3 Cost. in relazione alla finalità sottesa alla previsione del termine di decadenza. Ciò in quanto la domanda presentata mediante ricorso cautelare è comunque idonea a soddisfare la finalità della norma medesima. Finalità questa consistente nel far emergere, in tempi brevi, la sussistenza di un contenzioso circa la validità di una serie di atti dispositivi del datore di lavoro, quale, nel caso in esame, il trasferimento.

In considerazione di quanto sopra esposto la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 6, comma 2, della Legge 604/1966 così come sostituito dall’art. 32, comma 1, della Legge 183/2010 (cd. Collegato Lavoro) “nella parte in cui non prevede che l’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, oltre che dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, anche dal deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa ai sensi degli artt. 669-bis, 669-ter e 700 del codice di procedura civile”.

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