Bene il tavolo di concertazione sbagliato che l’atto del governo ignori fattorini e non tutelati (Affari&Finanza, 09 luglio 2018 – Vittorio De Luca)

09 Lug 2018

VITTORIO DE LUCA: “HA UN SENSO LA DECISIONE DI APRIRE UN CONFRONTO CON I DATORI DI LAVORO (LE AZIENDE
DEL FOOD DELIVERY) E IL DOCUMENTO SOTTOSCRITTO DA ALCUNI DI LORO RAPPRESENTA UN PRIMO PASSO MA PERCHÉ NULLA NEL DECRETO?”

 

Il nuovo governo ha il merito di aver aperto una discussione utile per regolamentare il lavoro dei riders, i fattorini che lavorano per le aziende della Gig economy e che oggi non godono di alcuna tutela. È curioso invece che il decreto dignità, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, non si occupa di riders o di altri lavoratori privi di tutele ma introduce alcune significative restrizioni per quanto riguardai contratti a tempo determinato, riportandoci indietro agli anni ’60 quando è stato introdotto l’obbligo di specificate le ragioni del ricorso al contratto a termine con la sanzione della altrimenti inevitabile conversione in contratto a tempo indeterminato».

Parte da qui l’avvocato Vittorio De Luca, managingpartners dello studio legale De Luca& Partners, che aggiunge: «I lavoratori della Gig economy, a differenza di quelli in possesso di un contratto a termine, sono privi di qualunque tipo di tutela in quanto rappresentano una nuova tipologia di rapporto di lavoro che oggi sfugge ai criteri definiti dalla dottrina e dalla giurisprudenza anni ‘70 e ‘80».

Secondo De Luca, è giusta la strada scelta dal governo per regolamentare il settore: «Ha un senso la decisione di aprire un tavolo
di concertazione con i datori di lavoro, le aziende del food delivery, e la carta dei valori sottoscritta da alcuni di loro rappresenta un primo passo nella giusta direzione». I fattorini chiedono di essere trattati come gli altri dipendenti “classici” con un monte ore garantito, un salario minimo, copertura assicurativa piena per infortunio e malattia, contributi previdenziali, divieto del cottimo (in tutte le forme), abolizione di meccanismi di ranking e diritti sindacali.

«Il problema – spiega De Luca – è che fino ad oggi la situazione dei riders è stata affrontata in Italia con i vecchi schemi,
che non risultano adeguati a rispondere alle richieste che arrivano dalle nuove frontiere dell’economia. In sostanza, la crisi nasce dall’incapacità di uscire dalla dicotomia tra lavoro autonomo e lavoro subordinato e dalla inadeguatezza delle leggi dei singoli Stati. Si tratta infatti di una situazione che non riguarda solamente l’Italia ma anche gran parte delle giurisdizioni dei paesi occidentali». Per contro, sempre secondo De Luca, le nuove misure del governo sui contratti a termine »che pure nascono dalla buona intenzione di incrementare l’occupazione: non centrano il punto. L’esperienza storica ha dimostrato che i vincoli così come le ‘causali’ rappresentano un grande ostacolo per le aziende, oltre che un generatore di inevitabile contenzioso giudiziario, che con il decreto Poletti del 2014 si
era praticamente azzerato. I nuovi vincoli probabilmente determineranno una parte di conversioni in contratti a tempo indeterminato, ma con altrettanta probabilità confineranno molti lavoratori in tipologie di rapporti meno regolati e tutelati rispetto al contratto di lavoro subordinato, anche se a termine».

Ma è l’economia, conclude De Luca «che genera lavoro, e non le tutele e le rigidità introdotte dal legislatore. L’aumento
dei costi e delle incertezze per le aziende andranno a scapito della competitività e della attrazione internazionale della
nostra economia».

 

Fonte: Affari & Finanza

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