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Al via la riforma della crisi di impresa: riflettori puntati sugli statuti e sugli assetti organizzativi delle Srl

Dal 16 marzo 2019, sono entrate in vigore alcune delle misure contenute nel D.Lgs. 14 del 12 gennaio 2019, pubblicato in G.U. il successivo 14 febbraio, il quale, in attuazione della legge delega 155 del 19 ottobre 2017, introduce il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (il “CCII”).

 

Nomina degli organi di controllo nelle S.r.l.

 

Al netto di una serie di disposizioni attuative che dovranno essere emanate – ed in attesa che gran parte delle riforme entrino in vigore, 18 mesi dopo la pubblicazione in G.U. (e dunque il 14 agosto 2020) – in forza dell’art. 389 del CCII viene, infatti, anticipata l’entrata in vigore, tra gli altri, dell’art. 379 che, modificando l’art. 2477 cod. civ., disciplina la “nomina degli organi di controllo nelle S.r.l.”.

 

Orbene dal 16 marzo 2019 la nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria qualora la S.r.l.:

  1. totale dell’attivo dello stato patrimoniale: € 2 milioni (rispetto ai precedenti € 4.400.000),
  2. ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro (rispetto ai precedenti € 8.800.000),

 

Tale obbligo di nomina cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei predetti limiti.

 

Oltre a qualsiasi interessato, potrà segnalare eventuali inadempimenti il conservatore del registro delle imprese, affinché la nomina dell’organo di controllo avvenga d’ufficio.

 

Interessante rilevare come, secondo una stima di Bankitalia, siano circa 140.000 le S.r.l. che potrebbero essere impattate dall’obbligo di nomina anzidetto.

 

Da quanto sopra ne consegue che le S.r.l., le quali nel proprio Statuto hanno fatto:

 

Ancora, nel dettaglio, a livello di assetto organizzativo (e dunque, nello statuto), si potrà scegliere tra una delle seguenti opzioni:

 

È giusto evidenziare come la ratio sottesa all’intera riforma, e dunque al CCII, risieda (i) nel potenziamento degli strumenti di anticipazione della crisi, da una parte, (ii) nella preservazione del “going concern” (della “continuità aziendale”, come voluto a livello transnazionale) e (iii) nello stralcio del debito, unito alla discontinuità gestionale, dall’altra.

 

Conclusioni

 

E’ sicuramente da accogliere positivamente una riforma che è intesa a favorire una maggiore consapevolezza e “responsabilizzazione” dell’imprenditore (concetto di derivazione europea, similmente a quanto avvenuto col noto GDPR e la riforma in tema di protezione dei dati personali). Tuttavia sarà da verificare in futuro se il nuovo “limite dei 10 dipendenti” non rischierà di incentivare pratiche elusive, e dunque l’atomizzazione di realtà aziendali, spesso già di dimensioni ridotte in Italia.

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