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Lavoro agile: anche per i genitori con figli di età inferiore a 14 anni il diritto non è incondizionato

Nell’ambito di un procedimento d’urgenza, il Tribunale di Mantova, con decreto n. 1054 del 26 giugno 2020, si è espresso per la prima volta in merito alle condizioni necessarie affinché possa ritenersi sussistente, in capo ad un genitore con figlio di età inferiore a 14 anni, il diritto al lavoro agile ai sensi dell’art. 90 del D.L. n. 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio”).

I fatti di causa

Un lavoratore, dipendente di una società di parcheggi, ha promosso un ricorso ex art. 700 c.p.c., chiedendo al Giudice di ordinare al proprio datore di lavoro di consentirgli lo svolgimento della propria prestazione in modalità agile al fine di permettergli di accudire la figlia di età inferiore a 14 anni ed onde evitare pregiudizi per la propria salute.

Nel costituirsi in giudizio, il datore di lavoro deduceva l’incompatibilità delle mansioni assegnate al ricorrente (visite presso i parcheggi per incontrare i referenti tecnici; supporto alla gestione della salute e sicurezza in azienda in qualità di RLS; sopralluoghi finalizzati alla valorizzazione e salvaguardia dei beni aziendali) con il regime di lavoro agile, tenuto conto che lo svolgimento di alcune attività assegnate al dipendente dovevano necessariamente essere espletate in sede.

La decisione del Tribunale

Nel rigettare il ricorso promosso dal dipendente, il Tribunale di Mantova ha preliminarmente rilevato che l’art. 90 del c.d. Decreto Rilancio non riconosce un diritto assoluto allo svolgimento della prestazione in regime di lavoro agile in capo ai genitori con figli di età inferiore a 14 anni.

La norma prevede, infatti, che la condizione necessaria per avvalersi del diritto a svolgere l’attività lavorativa in regime di lavoro agile sia la compatibilità di tale modalità con le caratteristiche proprie delle mansioni affidate al dipendente.

Ebbene, secondo il Giudice tale condizione necessaria non poteva ritenersi sussistente nella fattispecie oggetto del giudizio, essendo emerso che le mansioni assegnate al ricorrente comportassero, “quanto meno in misura rilevante se non prevalente, la necessità della presenza fisica del dipendente”.

Inoltre, nel corso del giudizio emergeva che la moglie del ricorrente svolgesse con regolarità la propria prestazione lavorativa in regime di lavoro agile presso la propria residenza, ove viveva con la figlia ed il marito.

Tale circostanza – anche se di per sé non ostativa all’attribuzione al ricorrente del diritto al lavoro agile – è stata ritenuta dal Giudice come indicativa dell’assenza di un pericolo imminente ed irreparabile per la figlia minorenne.

Inoltre, con la pronuncia in commento il Tribunale ha confermato il principio secondo cui il periculum in mora non può ritenersi sussistente in re ipsa, ma deve fondarsi su elementi concreti.

Ne discende la necessità di allegazioni puntuali che consentano alle parti processuali ed al giudice di operare una verifica finalizzata alla tutela di un pregiudizio concretamente e non teoricamente irrimediabile.

Tale onere di allegazione non è stato ottemperato da parte del ricorrente.

Su tali presupposti, relativi al fumus boni iuris e al periculum in mora, il Tribunale di Mantova ha quindi rigettato il ricorso del dipendente, confermando la correttezza della condotta datoriale.

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Il provvedimento di rigetto del Tribunale di Mantova risulta pienamente aderente al dettato dell’art. 90 D.L. 34/2020 secondo cui “fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali […] e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.

Da ciò consegue che, come correttamente statuito dal Giudice, finché perdura l’emergenza, i lavoratori potranno rivendicare il diritto di svolgere le proprie mansioni in modalità di lavoro agile, salvo che sia dimostrata l’oggettiva impossibilità di espletamento di tali mansioni da remoto.

Si tratta, dunque, di una quaestio facti che deve essere valutata caso per caso.

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