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Direttiva Ue su parità salariale e trasparenza: gli effetti del recepimento in Italia (Guida al Lavoro – Il Sole 24 Ore, 5 ottobre 2023 – Alberto De Luca)

La Direttiva 2023/970, che introduce nuove tutele per i lavoratori e nuovi obblighi per i datori di lavoro in materia di parità salariale e trasparenza, prevede che gli Stati membri saranno tenuti ad adeguare le loro legislazioni locali, promuovendo (e persino imponendo) la trasparenza salariale anche nel rapporto di lavoro privato.

Gli stessi obblighi saranno previsti per i datori di lavoro che impieghino tra le 150 e le 249 risorse, i quali saranno tenuti a fornire le informazioni entro il 7 giugno 2027 e successivamente ogni tre anni. I datori che impieghino, invece, tra 100 e 149 risorse avranno tempo fino al 7 giugno 2031 e successivamente ogni 3 anni.

Gli effetti del recepimento della direttiva in Italia

Nel nostro Paese, come evidenziato, l’attuazione di quanto disposto dalla Direttiva avrà sicuramente un impatto in materia giuslavoristica: in primo luogo, infatti, sarà sicuramente necessario adattare alcune norme già esistenti, come, ad esempio, quelle relative ai tempi e ai modi di effettuazione delle comunicazioni all’Ispettorato Nazionale del Lavoro e agli altri organismi di controllo.

Anche i contratti collettivi verranno prevedibilmente interessati dall’attuazione della Direttiva, con la probabile introduzione di alcuni specifici meccanismi di consultazione e comunicazione con gli interlocutori sindacali, secondo un meccanismo già rodato, essendo già esistente per i dati occupazionali e di andamento dell’impresa.

Sempre in ambito attuativo, è altamente probabile che a livello di legislazione nazionale venga istituito un meccanismo di controllo e, se del caso, di sanzioni per le violazioni degli obblighi stabiliti. In linea con le premesse della Direttiva, inoltre, gli organismi di parità avranno un ruolo di rilievo sia nella supervisione che nell’applicazione di sanzioni. Riguardo a quest’ultimo aspetto, la possibilità per gli organismi di parità di agire in rappresentanza dei lavoratori contribuirebbe a migliorare l’efficacia e la sostenibilità economica della tutela dei diritti delle parti interessate.

L’introduzione della nuova normativa andrà ad aggiungersi e ad ampliare la portata delle protezioni già esistenti. Esempio ne è il D.Lgs. n. 198/2006 (c.d. Codice delle pari opportunità), che già contiene al suo interno delle norme sulla parità di retribuzione, il quale verrà ampliato ed integrato dalla nuova normativa con riferimento agli oneri a carico del datore di lavoro in caso di denuncia di comportamenti di discriminazione salariale.

In proposito, l’attuale formulazione del Codice delle pari opportunità attualmente include un particolare meccanismo di ripartizione dell’onere della prova nei casi di presunta discriminazione salariale. Questo meccanismo prevede che il denunziante debba sopportare un onere della prova ridotto rispetto alle regole generali del processo civile, mentre il datore di lavoro è responsabile di dimostrare l’assenza di discriminazione. La Direttiva amplierebbe ulteriormente questa protezione, introducendo esplicitamente un concetto di “inversione dell’onere della prova”. Di conseguenza, il datore di lavoro si troverà prevedibilmente a dover dimostrare non solo l’assenza di discriminazione, ma anche di aver adempiuto in modo corretto e tempestivo a tutti gli obblighi normativi pertinenti. Ciò comporterebbe una maggiore protezione e garanzia per le persone che si ritengono vittime di discriminazione salariale.

Più difficile, invece, è immaginare che dalla violazione di quanto disposto in attuazione della normativa in questione possano emergere nuove voci di danno, essendo risarcibile esclusivamente il danno effettivamente sofferto dalla parte lesa, nelle sue diverse forme e non trovando dimora nel nostro ordinamento di diritto civile altre voci di danno (come ad esempio i c.d. danni puntivi di matrice anglosassone).

Infine, la legislazione attuativa avrà il difficile compito di rispondere ad una serie di interrogativi che hanno tutt’altro che un trascurabile impatto pratico: cosa accadrà in situazioni in cui non esistano punti di riferimento concreti per effettuare un confronto, come nel caso di mansioni assegnate a un unico dipendente? Sarà possibile fare affidamento su dati statistici o sarà necessario valutare la situazione in tempo reale? Quali implicazioni comporterà l’attuazione di politiche retributive molto diversificate? Come potranno i datori di lavoro proteggere la confidenzialità delle proprie politiche retributive, evitando al contempo di rendere queste informazioni note alla concorrenza?

Il legislatore dovrà tener conto preventivamente di queste questioni per gestire in modo efficace e sicuro l’impatto della Direttiva e le introduzioni normative che mirano a promuovere la parità di genere, poiché sembrano rappresentare una vera e propria rivoluzione normativa in questo ambito.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Guida al Lavoro de Il Sole 24 Ore.


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