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I riders sono lavoratori autonomi

28 Mag 2018

Il Tribunale di Torino, con sentenza n. 778 datata 11 aprile 2018, ha respinto il ricorso depositato da 6 fattorini (cd riders) avverso una nota società tedesca di consegna di cibo a domicilio. Nella specie i riders si erano opposti all’interruzione da parte della società del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con essi intercorrente a seguito delle loro proteste, risalenti al 2016, di avere un trattamento economico e normativo più equo, rivendicando la sussistenza nei fatti di un rapporto di lavoro subordinato. I riders sostenevano, infatti, che la società (i) impartiva loro delle “direttive” dettagliate aventi ad oggetto, tra le altre, la determinazione dell’orario e del luogo di lavoro, la verifica della loro presenza nei punti di partenza, l’obbligo di effettuare la consegna in tempi prestabiliti, nonché (ii) esercitava un potere di controllo e di vigilanza attraverso il monitoraggio della loro produttività. All’esito del procedimento, il Tribunale ha ritenuto, invece, che non fossero lavoratori subordinati in quanto “non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l’obbligo di riceverla”. Secondo il Tribunale, questa caratteristica del rapporto di lavoro è “di per sé determinante ai fini di escludere la sottoposizione dei ricorrenti al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro perché è evidente che se il datore di lavoro non può pretendere dal lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa, non può neppure esercitare il potere direttivo e organizzativo”. Tra l’altro, da un esame in concreto delle modalità di svolgimento del rapporto, è emerso, a parere del Tribunale, che i riders, dopo aver confermato la loro disponibilità, potevano revocarla ovvero non presentarsi a rendere la prestazione lavorativa. E in tali ipotesi, alcuna sanzione disciplinare era stata loro irrogata, circostanza che escludeva anche la loro sottoposizione al potere disciplinare del presunto datore di lavoro. Di conseguenza, secondo il Tribunale di Torino, anche le domande relative alla nullità, inefficacia, illegittimità dell’interruzione (rectius licenziamento) e le ulteriori richieste alle stesse connesse non hanno potuto trovare accoglimento, con conseguente rigetto del ricorso.

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