“Il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti in smart working”. Lo ha affermato l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali nel comminare una sanzione di 50mila euro ad un’azienda che rilevava la posizione geografica dei suoi dipendenti, selezionati in via casuale, durante le giornate in cui l’attività lavorativa veniva svolta in modalità agile.
La vicenda
Dall’istruttoria effettuata dall’Autorità emergeva che l’azienda era solita effettuare dei controlli volti a verificare l’esatta posizione geografica dei dipendenti connessi da remoto.
Il lavoratore scelto veniva contattato telefonicamente dal collega adibito ai controlli, nel rispetto della fascia oraria di reperibilità, e veniva invitato ad effettuare una doppia timbratura mediante l’applicativo aziendale (oggetto di negoziazione con le rappresentanze sindacali). Subito dopo la telefonata, il dipendente veniva invitato a dichiarare il luogo esatto in cui si trovata tramite e-mail indirizzata al “controllore”. Quest’ultimo procedeva poi alla verifica della rispondenza tra il luogo o i luoghi di lavoro indicati dal lavoratore nel contratto individuale di lavoro agile rispetto a quanto dichiarato tramite e-mail e a quanto risultante dall’applicativo aziendale.

L’Autorità ha, tra le altre, osservato che:
- le esigenze di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza del lavoratore – che pure rientrano nelle prerogative datoriali se perseguite personalmente dal datore di lavoro o attraverso la propria organizzazione gerarchica (artt. 2086 e 2104 c.c.) – non possono essere perseguite con strumenti tecnologici a distanza, che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del lavoratore non consentito dall’ordinamento vigente e dal quadro costituzionale. Tali finalità non risultano, infatti, riconducibili ad alcuna delle tassative finalità selezionate dal legislatore (“organizzative e produttive“, “di sicurezza del lavoro” e “di tutela del patrimonio aziendale” – articolo 4, Statuto dei Lavoratori).
- Ciò comporta che il perseguimento della finalità di controllo diretto non è ammissibile nell’ordinamento neppure in presenza di un eventuale accordo con la rappresentanza sindacale unitaria o con le rappresentanze sindacali aziendali, trattandosi di una finalità che si colloca al di fuori della cornice di garanzia delineata dalle disposizioni di settore.
L’eventuale presenza di un accordo con le rappresentanze sindacali costituisce, infatti, condizione necessaria, ma non sempre sufficiente, per assicurare la complessiva liceità del trattamento e il rispetto dei principi di protezione dei dati personali.
Lavoro agile e geolocalizzazione. Alcune best practices.
- La prestazione lavorativa in modalità agile, differentemente dallo svolgimento dell’attività lavorativa presso la sede del datore di lavoro, risulta tipicamente caratterizzata da una flessibilità che, fatta salva l’eventuale operatività di fasce di reperibilità, attiene sia al luogo sia al tempo del relativo svolgimento.
- Eventuali verifiche sull’adempimento della prestazione lavorativa svolta in modalità agile possono consistere:
- nella redazione da parte del lavoratore di report periodici o documenti di sintesi in merito all’attività svolta,
- oppure in momenti di confronto nei giorni di presenza in sede sugli obiettivi raggiunti in relazione a quelli assegnati.
- L’impiego di strumenti tecnologici da parte del datore di lavoro, dai quali derivi anche la possibilità di controllare a distanza l’attività dei lavoratori, può avvenire esclusivamente per il perseguimento delle tassative finalità previste dalla legge (“organizzative e produttive“, “di sicurezza del lavoro” e “di tutela del patrimonio aziendale”) e nel rispetto delle garanzie procedurali ivi stabilite.
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