La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 890 del 6 aprile 2017, torna a pronunciarsi sulla durata massima del periodo di comporto qualora sia espressa in mesi ed il CCNL di settore non disciplini espressamente le modalità di conteggio. Nel caso di specie una lavoratrice impugnava il licenziamento intimatole sull’assunto che ai sensi del CCNL Confapi i 18 mesi di comporto dovevano essere calcolati sulla base dei giorni di calendario. I giudici di merito, richiamando precedenti giurisprudenziali, hanno, invece, chiarito che “il sistema di calcolo deve essere unico e avere caratteristiche di omogeneità e uniformità. Ai predetti fini il divisore deve essere sempre 30, anche se le assenze siano cadute in mesi dell’anno di durata inferiore o superiore a 30”. Pertanto nel caso di specie i 18 mesi del periodo di comporto previsti dal CCNL di settore equivalgono sempre e comunque a 540 giorni.
Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, non possono essere assunti lavoratori a termine in misura superiore al 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Il superamento del limite di contingentamento comporta una sanzione amministrativa pari al: (i) 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a 1; (ii) 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto, se trattasi di più di un lavoratore.
Con la definitiva approvazione del c.d. Jobs Act del lavoro autonomo – allo stato in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – è stata introdotta nell’ordinamento italiano una riforma finalizzata alla tutela economico e sociale dei lavoratori autonomi che svolgono la loro attività in forma non imprenditoriale. Sul piano della tutela economica, si segnala che il provvedimento considera abusive, con conseguente diritto del lavoratore autonomo al risarcimento dei danni, le clausole (i) che attribuiscono al committente il diritto di recedere dal contratto senza congruo preavviso nonché di modificare unilateralmente le condizioni ivi previsti e (ii) con le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a 60 giorni. Analogamente, è considerata abusiva la condotta del committente che si rifiuti di stipulare il contratto in forma scritta. Anche in tale caso, il lavoratore autonomo avrà diritto al risarcimento dei danni. Si segnalano, inoltre, l’applicazione della disciplina prevista in materia di abuso di dipendenza economica e la previsione del riconoscimento, in capo al lavoratore autonomo, dei diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto, salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto medesimo e compensata. Queste sono solo alcune delle principali novità introdotte dal Jobs Act del lavoro autonomo ma appaiono già sufficienti per indurre i committenti a valutare attentamente l’opportunità di contrattualizzare in modo adeguato i rapporti in essere e futuri con i lavoratori autonomi.
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Con la principale finalità di consentire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, è stato approvato definitivamente il DDL 2233-B che, per l’appunto, disinclina il c.d. lavoro agile, ossia quella modalità di svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali e senza precisi vincoli di orario (c.d. smart working). Le caratteristiche intrinseche del lavoro agile, naturalmente, comportano un’attenuazione del controllo del datore di lavoro e ciò anche in ordine alla valutazione degli elementi che possono incidere sulla salute e sulla sicurezza del lavoratore. In ragione di tale inevitabile conseguenza e, fermo restando che il datore di lavoro resta pur sempre il garante della salute e della sicurezza del lavoratore, il Legislatore ha previsto che egli debba consegnare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta in cui siano individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Dal canto suo, il lavoratore viene responsabilizzato in quanto espressamente tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali. Le previsioni in commento, tuttavia, non esauriscono il dovere di garanzia della salute e sicurezza del lavoratore facente capo al datore di lavoro. Difatti, si ricorda che, in difetto di deroghe, il datore di lavoro deve attenersi anche alle disposizioni del Testo Unico in materia di sicurezza (D.lgs. 81/2008) per quanto applicabili in ragione delle particolarità che contraddistinguono il lavoro agile.
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Dal 1° aprile 2017 viene applicato il nuovo metodo di calcolo dell’indennità meritocratica per gli agenti di commercio, prevista dall’articolo 11 dell’Aec Industria sottoscritto tra le parti sociali il 30 luglio 2014. La nuova disciplina, che ricalca per grandi linee il metodo adottato dal Codice di commercio tedesco, introduce un sistema alquanto complesso che prende come base di calcolo la “differenza tra le provvigioni iniziali e quelle finali”. Si effettua, in sostanza, una comparazione tra il volume dei guadagni provvigionali e di ogni altro compenso percepito dall’agente nella prima parte e nell’ultima parte del rapporto. Inoltre, sono stati introdotti due nuovi criteri per la quantificazione: (i) il “periodo di prognosi” successivo alla cessazione del rapporto, cioè gli anni presumibili per i quali la preponente andrà ad avvantaggiarsi dell’opera dell’agente e (ii) il “tasso di migrazione” della clientela predeterminato, ossia la percentuale di riduzione di fatturato annuo e/o clientela indipendentemente dalle attività dell’agente. Se l’indennità meritocratica così calcolata supera l’ammontare spettante ex art. 1751 cod. civ., essa sarà uguale a tale somma. Se invece è inferiore, sarà erogata limitatamente all’eccedenza di valore rispetto a Firr e indennità suppletiva di clientela. Come anticipato, questo sistema di calcolo si applica solo dallo scorso 1° aprile: ciò significa che per i contratti di agenzia già in essere al momento dell’entrata in vigore dell’Aec, per determinare l’indennità meritocratica si dovranno operare due distinti conteggi, applicando rispettivamente i vecchi e i nuovi criteri di calcolo.