Il Garante per la protezione dei dati personali ha elaborato la prima guida operativa all’applicazione del Regolamento Europeo n. 2016/679 che ha reso disponibile sul proprio sito istituzionale. La Guida si compone di n. 6 sezioni: (i) Fondamenti di liceità del trattamento; (ii) Informativa; (iii) Diritti degli interessati; (iv) Titolare, responsabile e incaricato del trattamento; (v) Approccio basato sul rischio del trattamento e misure di accountability di titolari e responsabili; (vi) Trasferimenti internazionali di dati. La guida operativa ha lo scopo di fornire una panoramica delle principali problematiche che le imprese e i soggetti pubblici dovranno tener presenti allorquando il Regolamento europeo diverrà pienamente efficace, ossia il 25 maggio 2018. Vengono, altresì, suggerite alcune azioni che possono essere intraprese sin d’ora perché fondate su disposizioni precise del Regolamento che non lasciano spazi ad interventi del legislatore nazionale. Nel contempo vengono segnalate alcune delle principali novità introdotte dal Regolamento rispetto alle quali sono suggeriti possibili approcci in modo da arrivare pronti al 25 maggio 2018.

E’ on air la campagna pubblicitaria di De Luca & Partners. La creatività è stata sviluppata per ribadire in modo ironico e leggero la mission che da oltre 40 anni caratterizza lo studio, diventato punto di riferimento nel mondo del diritto del lavoro per società nazionali e internazionali appartenenti a tutti i settori merceologici che necessitano di assistenza sia per la gestione ordinaria d’azienda, sia per operazioni di riorganizzazione, ristrutturazione e M&A, anche cross-border.

 

A partire dal 22 maggio, il piano media si svilupperà sulle principali testate nazionali. È prevista inoltre una campagna banner sul web, declinata sui siti di riferimento per il settore.

 

“Per la nostra prima campagna pubblicitaria, abbiamo scelto di puntare sulla caratteristica distintiva del nostro studio” ha affermato Vittorio De Luca, Managing Partner di De Luca & Partners. “La nostra scelta di essere specializzati esclusivamente in diritto del lavoro è strategica in quanto ci consente la focalizzazione, competenza e indipendenza che il mercato ci riconosce da oltre 40 anni. Pensare solo al lavoro per noi significa anche investire nella condivisione dei precedenti e dell’esperienza di ciascuno dei soci e dei collaboratori dello Studio, al servizio delle Società clienti. Per questo motivo, fin dalla nostra fondazione, lavoriamo con i nostri clienti e con le parti istituzionali per promuovere una cultura della formazione continua, anche attraverso opportunità di networking, per condividere conoscenze, esperienze e best practice del settore”.

Con la sentenza dell’8 aprile 2017, n. 730 il Tribunale di Milano si è pronunciato sul regime di tutela applicabile al lavoratore in caso di nullità del patto di prova. Nel caso portato alla decisione del Giudice del lavoro, la dipendente, assunta successivamente al 7 marzo 2015, nei confronti della quale trovava applicazione la disciplina del cosiddetto contratto di lavoro a tutele crescenti, introdotta dal D.lgs 4 marzo 2015, n. 23 “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, ha richiesto di accertare la nullità del patto di prova con la conseguente applicazione della tutela reale. Com’è noto, il patto di prova, per ormai pacifica giurisprudenza, per essere valido deve contenere l’indicazione specifica delle mansioni che sono oggetto della prova; l’indicazione de quo può anche essere realizzata mediante rinvii al sistema classificatorio della contrattazione collettiva, purché vi siano riferimenti specifici che tengano conto della categoria, qualifica o livello professionale del singolo, contenuti nel contratto di lavoro. Tutto ciò, al fine di poter determinare nel dettaglio quali saranno le mansioni che il neoassunto andrà a svolgere e, di conseguenza, permettere sia al dipendente sia al datore di lavoro chiarezza sulle mansioni che formeranno oggetto della prova. Nel caso che ci occupa, il Tribunale di Milano ha ritenuto nullo il patto di prova poiché, appunto, privo “di specifica indicazione, in forma scritta, delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto”. Infatti, nel relativo contratto vi era la mera indicazione del ruolo della lavoratrice, inquadrata quale Analyst Consultant; formulazione che, a parere del giudice adito “è in sé priva di contenuto specifico, soprattutto in assenza di qualsivoglia ulteriore indicazione sull’area di operatività della lavoratrice”. Sin qui nulla di nuovo. Si tratta di una statuizione che si inserisce all’interno di quell’alveo giurisprudenziale oramai cristallizzatosi sul punto. La novità principale attiene, invece, alle conseguenze della dichiarazione di nullità del patto di prova. Infatti, a seguito della Riforma Fornero (legge 92/2012) la giurisprudenza tutta si era espressa individuando nella reintegrazione del lavoratore la soluzione fisiologica avverso le ipotesi di nullità; lo stesso Tribunale di Milano nel 2013 aveva statuito che “in caso di licenziamento per mancato superamento del patto di prova, l’accertata nullità del patto determina l’inesistenza del motivo addotto e conseguentemente il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 comma 4 st. lav.” (Trib. Mil. 24 maggio 2013).

 

Leggi qui la versione integrale.

La legge in materia di lavoro agile sancisce che il datore di lavoro «garantisce» la salute e la sicurezza del lavoratore e, a tal fine, consegna a quest’ultimo, nonché al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta in cui sono individuati i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. A sua volta, il lavoratore deve cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro. La Legge, inoltre, prevede che il lavoratore che svolge la sua prestazione in regime di lavoro agile sia coperto dall’assicurazione INAIL anche in relazione agli infortuni che si verifichino durante il normale percorso dal luogo di abitazione a quello prescelto per la prestazione lavorativa. Per tale ipotesi, tuttavia, l’operatività dell’assicurazione è subordinata, oltre che alle condizioni previste dal Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria, al fatto che la scelta del luogo della prestazione, da parte del dipendente, sia stata dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e «risponda a criteri di ragionevolezza».

Leggi la versione originale dell’articolo pubblicata su Il Sole 24 Ore e su  Il Quotidiano del Lavoro.

Il Senato ha approvato in data odierna definitivamente il ddl recante misure per la tutela del lavoro autonomo e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato (c.d. smart working).