La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27093 del 15 novembre 2017 pronunciata a Sezioni Unite, è intervenuta in merito all’indennità di trasferta ed al relativo regime di imponibilità fiscale e contributiva La Suprema Corte, superando il proprio precedente orientamento che si era consolidato a partire dalla sentenza n. 396/2012, ha affermato che “le indennità di trasferta abituale, spettanti agli addetti tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, possono godere del regime agevolato previsto dall’articolo 51, comma 6, del TUIR e della relativa imponibilità fiscale e contributiva nella misura del 50% del loro ammontare, se corrisposte in misura fissa, a prescindere dalla continuità dell’erogazione delle stesse”. Ciò purché, così come è stabilito dall’art. 7 quinquies del DL 193/2016 (norma di interpretazione autentica del comma 6 dell’art. 51 del TUIR) ricorrano i seguenti tre elementi: (i) elemento formale: la mancata indicazione della sede di lavoro all’interno del contratto; (ii) elemento sostanziale: lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; (iii) elemento retributivo: la corresponsione di un’indennità “in misura fissa”, attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta o meno. Pertanto, in caso di mancata contestuale esistenza delle tre condizioni trova, invece, applicazione il regime previdenziale e fiscale dell’indennità di trasferta di cui al comma 5 dell’articolo 51 del TUIR, anche se la trasferta viene effettuata con continuità.