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La minaccia di licenziamento integra il delitto di estorsione

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: Licenziamento, delitto di estorsione

02 Mar 2022

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3724/2022, depositata il 2 febbraio, ha dichiarato che integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che prospetta la perdita del lavoro per costringere i dipendenti ad accettare condizioni economiche non adeguate alle prestazioni dagli stessi effettuate.

I fatti di causa

Due dipendenti agivano nei confronti del proprio datore di lavoro, operante nel settore alberghiero, affinché venisse accertata la configurabilità del delitto di estorsione, per essere stati costretti ad accettare trattamenti retributivi sfavorevoli, pena il licenziamento.

I giudici di merito (Tribulane di Sulmona prima e Corte dall’Appello dell’Aquila dopo) respingevano il ricorso promosso dai due dipendenti escludendo la configurabilità del reato di estorsione per mancata sussistenza dell’elemento della minaccia.

Dalla lettura della sentenza di secondo grado emerge che ai dipendenti veniva richiesto di lavorare oltre il loro normale orario di lavoro, in maniera pressoché ininterrotta (anche per venti ore al giorno), espletando anche altre mansioni rispetto a quelle contrattualmente pattuite nonché subendo continue vessazioni da parte del datore di lavoro stesso. Tuttavia, a parere dei giudici, i due dipendenti, da un lato, avevano la libertà di scegliere di non proseguire il rapporto di lavoro o di rispettare le (ingiuste) condizioni di lavoro e, dall’altro, non versavano in una condizione di debolezza, data la particolarità del contesto economico e, specificamente, del settore alberghiero, nonché dell’agiato ambiente familiare di provenienza.

I dipendenti, dunque, impugnavano la sentenza emessa dai giudici di merito con ricorso in Cassazione.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso dei due dipendenti, ha affermato che la sentenza impugnata non considera che la nozione di minaccia implica che sia rimessa alla vittima del reato la scelta della condotta da adottare, nella consapevolezza che ove questa dovesse essere diversa da quella rappresentata e pretesa dal soggetto attivo (i.e., il datore di lavoro) si avrebbe la conseguenza dell’ingiustizia prospettata.

Pertanto, prosegue la Cassazione, la rimessione al soggetto passivo (i.e., i dipendenti) della scelta della condotta da adottare non può essere utilizzata quale elemento per escludere la sussistenza della minaccia e, dunque, dell’estorsione.

Quanto sopra, supera anche le argomentazioni della Corte di Appello, per cui il datore di lavoro non aveva prospettato il licenziamento ma aveva unicamente affermato che a chi non fossero piaciute le condizioni di lavoro era “libero di andare via”. La citata affermazione, infatti, per la Cassazione pone in ogni caso il lavoratore di fronte all’alternativa di accettare le condizioni di lavoro imposte dal datore di lavoro o di perdere il lavoro, risultando irrilevante che tale eventualità potesse realizzare una decisione “volontaria” dello stesso. Inoltre, tale comportamento assume rilievo penale perché le condizioni di lavoro indicate come alternativa alla perdita del lavoro sono inique e illegittime.

Alla luca di quanto sopra, la Cassazione ha affermato il principio giuridico secondo il quale integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato del lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell’offerta sulla domanda, costringe i lavoratori, con la minaccia larvata di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate.

In definitiva, a parere della Cassazione, il requisito della particolare condizione soggettiva della persona offesa non è richiesto al fine della configurazione del reato che si realizza nel momento in cui il datore di lavoro prospetta la perdita del lavoro, approfittando della naturale condizione di prevalenza che veste rispetto al lavoratore subordinato ed alla condizione di mercato a lui favorevole.

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