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Niente CIG se l’azienda chiude (Il Sole 24 Ore, 10 aprile 2015, pag. 40)

10 Apr 2015

Dovrà essere chiarita la definizione di «cessazione definitiva» dell’attività.

Nell’ambito del riordino, previsto dal Jobs act, degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, la volontà del legislatore è quella di delimitare l’ambito di applicazione di questi strumenti, così da epurarli dalla connotazione prettamente assistenzialistica che hanno assunto nel corso del tempo.
Il primo principio e criterio direttivo enunciato dalla legge delega (la 183/2014) è l’impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione definitiva dell’attività aziendale. La previsione di “definitività” della cessazione di attività è frutto dell’approvazione di un emendamento che modifica il testo trasmesso dal Senato e che sanciva, invece, l’impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali nel mero caso di cessazione di attività aziendale o di un ramo di essa. 
Ci si chiede se per l’esatta definizione dell’espressione «cessazione definitiva» il legislatore farà ricorso, mediante una lettura al contrario, ai criteri (tra i quali la ricorrenza di misure volte all’attivazione di azioni miranti alla prosecuzione dell’attività aziendale o alla ripresa dell’attività medesima; di manifestazioni di interesse da parte di terzi; di tavoli, in sede governativa o regionale, finalizzati all’individuazione di soluzioni operative tese alla continuazione o alla ripresa dell’attività) del decreto ministeriale 70750/2012 emanato in attuazione di quanto previsto dalla legge 92/2012 in materia di Cigs e procedure concorsuali.
La legge 183/2014 ha, altresì, previsto la necessità di regolare l’accesso alla Cig solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro. Sul punto si rammenta che, già in materia di ammortizzatori sociali in deroga, il Dm 83473/2014 prevede che «allo scopo di fruire dei trattamenti di integrazione salariale in deroga l’impresa deve avere previamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità, ivi inclusa la fruizione delle ferie residue». 
Gli ulteriori criteri contenuti nella legge delega concernono la revisione dei limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della Cig e della Cigs e l’individuazione dei meccanismi di rotazione. In particolare, quanto ai meccanismi di incentivazione della rotazione ci si chiede se verrà definitivamente esclusa la possibilità di derogare ai medesimi, come oggi consentito dall’articolo 1, comma 8 della legge 223/1991.
La legge delega prosegue prevedendo una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici. Si tratta di un meccanismo bonus/malus: più si ricorre agli ammortizzatori e maggiore è la contribuzione a carico dell’impresa utilizzatrice. Sempre nell’ottica di una più equa ripartizione sociale degli oneri connessi agli ammortizzatori sociali, il legislatore ha previsto, per così dire, tariffe differenziate a seconda dei settori e dell’utilizzo effettivo degli ammortizzatori. 
Con questa riforma, poi, il governo vorrebbe fare anche un po’ di ordine revisionando l’ambito di applicazione della Cig, della Cigs e dei fondi di solidarietà. Verranno quindi meno le sovrapposizioni: sembra pertanto venir meno la possibilitàdi poter scegliere tra più istituti per una medesima fattispecie. Nell’ottica appena descritta, il legislatore si è riproposto anche di revisionare l’ambito di applicazione e le regole di funzionamento dei contratti di solidarietà. 

Fonte:

Il Sole 24 Ore
www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html

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