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Rinunzia all’impugnazione del licenziamento: diritto disponibile

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: Licenziamento

31 Mar 2022

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1887 del 21 gennaio 2022, ha affermato che il lavoratore può liberamente disporre del diritto di impugnare la risoluzione del rapporto di lavoro facendone oggetto di rinunce o transazioni.

I fatti di causa

I fatti di causa traggono origine dalla decisione del Tribunale territorialmente competente, confermata in grado d’appello, che dichiarava inammissibile la domanda del lavoratore volta all’accertamento della nullità del termine apposto ai contratti di lavoro sul presupposto che tra le parti era intervenuta una transazione inerente ad essi.

Avverso la sentenza dei giudici di merito, il lavoratore ricorreva in cassazione eccependo la nullità dell’accordo transattivo sottoscritto, da un lato, per la mancanza della res litigiosa e, dall’altro, perché la transazione aveva avuto ad oggetto diritti sottratti alla disponibilità delle parti.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito rilevando che ai fini della sussistenza della res litigiosa, elemento necessario per la validità della transazione, non occorre che le rispettive tesi delle parti abbiano assunto la determinatezza propria della pretesa, essendo sufficiente l’esistenza di un dissenso potenziale, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha affermato che il diritto di impugnare la risoluzione del rapporto di lavoro e, quindi, l’interesse del lavoratore alla prosecuzione dello stesso rientra nell’area della libera disponibilità dello stesso.

Ne consegue, a parere della Corte di Cassazione, che le transazioni intervenute su tale tema sono sottratte alla disciplina dell’art. 2113 cod. civ., che considera invalidi e, perciò, impugnabili i soli atti abdicativi di diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti collettivi.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore, ritenendo valida la conciliazione intervenuta inter partes sull’assunto che l’ordinamento riconosce al lavoratore il diritto potestativo di disporre negozialmente e definitivamente del posto di lavoro stesso in base all’art. 2118 cod. civ.

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