La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8265/2020, ha definito i requisiti di rappresentantività che un accordo aziendale di secondo livello deve avere per essere inconfutabile verso i terzi, incluso l’INPS (“Istituto Nazionale per Previdenza Sociale”). Nel caso di specie l’Istituto aveva disconosciuto lo sgravio contributivo sui premi di risultato erogati in base ad un accordo aziendale sottoscritto annualmente dal datore di lavoro e un rappresentante dei lavoratori.La Corte, nel dare ragione all’INPS, ha innanzitutto evidenziato che gli accordi aziendali hanno una efficacia vincolante parificabile a quella dei contratti collettivi nazionali, anche se sono destinati ad essere applicati ad una determinata azienda o a parte di essa. Ciò in quanto non si tratta di una sommatoria di più contratti individuali bensì di atti aventi una autonomia sindacale e attinenti ad una pluralità di lavoratori considerati nella loro collettività. L’accordo aziendale, a parere della Cassazione, è posto a tutela di interessi collettivi della comunità di lavoro aziendale e l’eventuale inscindibilità della disciplina che ne risulta concorre a giustificare la sua efficacia erga omnes. Pertanto, secondo la Corte, nel caso di specie, gli accordi aziendali stipulati dal datore di lavoro e da un rappresentante dei lavoratori non sindacalista non sono idonei ad integrare i presupposti per la decontribuzione proprio per l’assenza di rappresentatività. Essi hanno, a parere della Corte, natura di contratti individuali di lavoro, ancorchè plurisoggettivi o plurilaterali.