In data 18 novembre 2022, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto-legge n. 176/2022, c.d. “Decreto Aiuti-quarter”, riportante ulteriori misure a sostegno del settore energetico e in materia di lavoro e di finanza pubblica.

Con riferimento alle novità in materia di lavoro, il citato decreto ha disposto un ulteriore aumento del limite di esenzione fiscale e contributiva degli elementi di retribuzione in natura erogati ai dipendenti, c.d. “fringe benefit”. In particolare, l’art. 3 comma 10 del nuovo decreto ha esteso la soglia di esenzione da 600 a 3.000 euro. Pertanto, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche non concorreranno a formare il reddito entro il limite complessivo di euro 3.000.

Tale esenzione, al momento, è valida “limitatamente al periodo di imposta 2022”, pertanto, per poterne beneficiare, i datori di lavoro dovranno intervenire in tempi stretti con un piano di aiuti a favore dei propri dipendenti, valutare le risorse economiche da utilizzare, individuare e mettere a disposizione dei lavoratori i benefici.

Da ultimo, l’agenzia delle Entrate, con la circolare n. 35 del 4 novembre 2022, ha chiarito che il superamento del limite di esenzione implica l’inclusione nel reddito di lavoro dipendente dell’intero ammontare e non solo della quota eccedente il medesimo limite.

Altri insights correlati:

L’Ispettorato del Lavoro, con la nota n. 1037 del 26 novembre 2020, è intervenuto in merito agli accertamenti sugli eventuali illeciti a carico del committente nell’appalto “labour intensive”.

La normativa di riferimento

L’art. 4 del D.L. 124/2019 (cd “Decreto Fiscale”) ha introdotto nel D.Lgs. 241/1997 il nuovo art. 17bis che pone nuovi obblighi in capo ai committenti di appalti labour intensive.

In particolare, dal 1° gennaio 2020, le imprese committenti sono tenute a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute, trattenute ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto del contratto. Il versamento delle ritenute è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione.

La medesima disposizione prevede, in caso di violazione dei succitati obblighi, la sospensione da parte del committente del pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio “ovvero per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa”.

I chiarimenti dell’Ispettorato

L’Ispettorato del Lavoro, nella sua nota, richiama la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 1E del 12 febbraio 2020 in cui si evidenzia che la relazione illustrativa all’art. 4 individua la finalità degli obblighi in questione nella necessità di contrastare il “fenomeno consistente nell’omesso o insufficiente versamento, anche mediante l’indebita compensazione, delle ritenute fiscali sui percettori di redditi di lavoro dipendente e assimilati”. Ciò, attraverso la creazione di sistemi posti a carico del committente di appalti “labour intensive”.

Peraltro, la violazione degli obblighi posti a carico del committente è sanzionata con una somma pecuniaria pari a quella irrogata all’impresa affidataria per la non corretta determinazione ed esecuzione delle ritenute, nonché per il tardivo versamento delle stesse, senza possibilità di compensazione.

Continua l’Ispettorato, nella sua nota, che l’Agenzia delle Entrate ha altresì precisato : “tale somma non è dovuta quando – nonostante il committente non abbia correttamente adempiuto agli obblighi di cui ai commi da 1 a 3 – l’impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice abbia correttamente assolto gli obblighi cui si fa riferimento, ovvero si sia avvalsa dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, per sanare le violazioni commesse prima della contestazione da parte degli organi preposti al controllo”.

In considerazione di quanto sopra esposto, a parere dell’Ispettorato, gli obblighi di controllo del committente sono diretti esclusivamente a rendere effettivi gli adempimenti di natura fiscale in capo alle imprese affidatarie. Pertanto, la loro violazione non può essere ascritta nel novero delle violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale, in relazione alle quali può ritenersi sussistente la competenza dell’Ispettorato stesso.

Altri insights correlati:

Il 13 gennaio 2020, in occasione del Forum dei commercialisti ed esperti contabili tenutosi a Milano, l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad alcuni dubbi strettamente connessi alla concreta applicazione del Decreto Fiscale.

Innanzitutto, è stato affermato che rientrano tra i soggetti destinatari della nuova normativa anche le agenzie di lavoro così come disciplinate dal capo I del titolo II d.lgs. 276/2003.

E’ stato, altresì, osservato che l’importo di 200.000 Euro è da intendersi in riferimento all’importo annuo affidato ad una singola impresa. Nell’ipotesi in cui uno stesso committente abbia affidato diverse opere, si deve procedere a sommare la totalità delle opere e dei servizi da lui affidati. Se, su base annua, il risultato porta ad un superamento della soglia in esame, dovrà essere richiesta alle imprese appaltatrici/subappaltatrici/affidatarie copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali sulle retribuzioni dei dipendenti direttamente impiegati.

In sostanza, la disciplina descritta, si applica indistintamente a tutte le opere affidate dallo stesso committente.

Il comma 5 dell’art. 4 del Decreto Fiscale prevede un sistema di esenzione dagli obblighi di comunicazione in presenza di determinate condizioni. Dette condizioni, a parere dell’Agenzia delle Entrate, devono sussistere congiuntamente.

Per verificare l’adempimento dell’effettuazione di versamenti nel periodo d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, si deve tener conto dei versamenti effettuati di importo superiore al 10% rispetto all’ammontare dei ricavi o dei compensi così come risultano dalle dichiarazioni.

L’Agenzia dell’Entrate ha, altresì, osservato che i versamenti da considerare nel conto fiscale, qualora un’impresa si trovi in una condizione di perdita fiscale per la quale (secondo la legge) non è tenuta al versamento dell’imposta, non riguardano soltanto le imposte sui redditi ma anche l’IVA.

Infine, l’Agenzia delle Entrate sostiene che per permettere al committente di verificare l’avvenuto versamento delle ritenute da parte dell’impresa appaltatrice/subappaltatrice/affidatarie, le copie delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali riferibili ad un singolo lavoratore, possono essere cumulative. Al fine di effettuare i controlli imposti, infatti, è sufficiente verificare l’esistenza di una correlazione tra le deleghe di pagamento, che quindi possono riguardare tutti i lavoratori impiegati presso lo stesso committente, e l’elenco dei nominativi di tutti i lavoratori trasmessogli dall’appaltatrice o dalla subappaltatrice.

Quanto sopra è successivo alla risoluzione 108/2019 con cui sempre l’Agenzia dell’Entrate ha chiarito che:

  • la quantificazione dei versamenti distinti per ciascun committente deve essere effettuata sulla base di parametri oggettivi (ad es. il numero delle ore impiegate nell’esecuzione della specifica commessa) e
  • la previsione normativa trova applicazione con riferimento alle ritenute operate a decorrere dal mese di gennaio 2020, anche con riguardo a contratti di appalti/subappalto/affidatario stipulati prima del 1° gennaio 2020.