La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8809 del 4 marzo 2021, ha affermato che una fattura recante lo svolgimento di una prestazione di servizi nell’ambito di un appalto che, di fatto, maschera una somministrazione di manodopera, costituisce un documento per operazioni inesistenti e integra il reato tributario di falsa fatturazione.

I fatti di causa

La vicenda scaturiva da una indagine fiscale della Guardia di Finanza a seguito della quale era stato disposto, in via cautelativa, un sequestro per equivalente nei confronti dei rappresentanti di una società di servizi (la “Società”). A carico degli stessi era stata ipotizzata una illecita attività di somministrazione di manodopera in favore di varie imprese (le “Committenti” o, singolarmente, la “Committente”) per un arco temporale di tre anni, dissimulata attraverso la stipula di contratti di appalto di servizi rivelatisi fittizi.

A dimostrazione della natura fittizia dei contratti di appalto, venivano richiamate circostanze quali: (i) l’indicazione del personale da assumere da parte delle Committenti che spesso era già alle dipendenze delle stesse; (ii) l’inserimento, in forma stabile, del personale nel ciclo produttivo; (iii) la proprietà o il noleggio delle attrezzature utilizzate per lo svolgimento delle prestazioni lavorative in capo alle Committenti le quali si occupavano di organizzare le prestazioni del personale impiegato nonché (v) la mancanza di assunzione del rischio di impresa da parte della Società.

Sulla base di ciò, il Tribunale adito ipotizzava l’esistenza di un’associazione per delinquere dedita all’emissione e all’utilizzazione di fatture ritenute giuridicamente inesistenti unitamente all’illecita interposizione di manodopera confermando il sequestro per equivalente nei confronti dei rappresentanti della Società.

Avverso la sentenza del Tribunale i rappresentanti della Società ricorrevano in cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

Secondo la Corte di Cassazione, il mascheramento della somministrazione di manodopera emergeva dalla circostanza che la Società si fosse limitata alla mera gestione amministrativa della posizione dei lavoratori, lasciando la reale organizzazione della prestazione lavorativa alla direzione delle diverse Committenti.

Nello specifico, la Corte di Cassazione ha evidenziato che le fatture emesse dalla Società in relazione alle attività prestate rilevavano ai fini della responsabilità per i reati tributari poiché:

  • relative ad operazioni inesistenti ed
  • indicanti un soggetto diverso da colui che aveva realmente effettuato la prestazione.

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ricordare che nelle prestazioni di lavoro la distinzione tra contratto di appalto e somministrazione di manodopera è determinata da tre fattori: (i) la proprietà dei fattori di produzione; (ii) l’organizzazione dei mezzi e (iii) l’assunzione effettiva del rischio d’impresa.

In assenza di questi fattori si configura una fornitura di prestazione lavorativa che, se effettuata da soggetti non autorizzati, è sottoposta alla contravvenzione di illecita somministrazione di manodopera cui all’art. 18 del D.Lgs. 276/2003.

Sulla base di quanto sin qui espresso, la Corte di Cassazione, nel confermare la misura preventiva, ha ritenuto così configurabile il concorso tra la somministrazione illecita di manodopera e la dichiarazione fraudolenta tramite fatture fittizie rilasciate dalla Società.

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