Con nota n. 1363 del 14 settembre 2021, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (l’“INL”) ha fornito chiarimenti in merito alle modifiche apportate dal D.L. n. 73/2021 (c.d. “Decreto Sostegni bis”) alla disciplina delle causali da apporre ai contratti a termine.

Nuova causale

Il Decreto Sostegni bis, così come convertito dalla L. n. 106/2021, ha integrato la disciplina prevista dall’art. 19, del D.Lgs. n. 81/2015, introducendo, con la prima parte (lettera a), la possibilità per la contrattazione collettiva (di livello nazionale, territoriale e aziendale) di individuare specifiche esigenze per la stipula di un contratto a termine di durata superiore ai 12 mesi. Tali esigenze vanno ad affiancarsi alle altre ragioni giustificatrici di cui al medesimo articolo.

In merito alle caratteristiche sostanziali delle predette “specifiche esigenze” l’INL, con la circolare in esame, ha chiarito che la norma non pone particolari vincoli contenutistici, essendo richiesto solamente che esse siano specifiche e, quindi, concrete, evitando formulazioni generiche.

La delega alla contrattazione collettiva per l’individuazione delle causali, ha evidenziato l’INL, non ha riflessi unicamente per la stipula del primo contratto di durata superiore ai 12 mesi ma influisce anche sulle norme che regolano gli istituti del rinnovo e della proroga, di cui all’art. 21, del D.Lgs. 81/2015.

Infatti, l’apposizione di una delle causali individuate dall’art. 19 è sempre richiesta (a pena di trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato) in caso di rinnovo mentre, in caso di proroga, solo quando, in virtù della stessa, la durata complessiva del contratto superi i 12 mesi.

Pertanto, sarà possibile rinnovare o prorogare un contratto a termine secondo le nuove previsioni (esigenze specifiche) della contrattazione collettiva.

Limitazione temporale

Con la lett. b) del medesimo comma 1 dell’art. 41 bis è stato, altresì, inserito all’art. 19 un il comma 1.1 secondo il quale “il termine di durata superiore a dodici mesi, ma comunque non eccedente ventiquattro mesi, di cui al comma 1 del presente articolo, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’articolo 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

Numerosi dubbi interpretativi erano sorti circa la portata applicativa del termine temporale del 30 settembre 2022 previsto dalla nuova disposizione normativa.

L’INL, con la nota in commento, è intervenuta a dissipare ogni incertezza, chiarendo che la limitazione temporale (30 settembre 2022) al ricorso alla nuova causale (specifiche esigenze individuate dalla contrattazione collettiva):

  • si applica soltanto nei casi di stipulazione di un primo contratto a termine che abbia una durata iniziale superiore ai 12 mesi; mentre
  • non trova applicazione in materia di rinnovi e proroghe.

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Alla luce dei chiarimenti dell’INL, possiamo dunque concludere che:

  • fino al 30 settembre 2022 sarà possibile stipulare un primo contratto a tempo determinato di durata iniziale superiore ai 12 mesi, secondo le esigenze individuate dalla contrattazione collettiva (oltre che secondo le altre causali individuate dall’art. 19, D.Lgs. 81/2015).  E il termine del 30 settembre, come chiarito dall’INL, va riferito alla formalizzazione del contratto, il quale ben potrà prevedere una durata del rapporto che superi tale data (fermo restando il limite complessivo dei 24 mesi);
  • dopo il 30 settembre 2022 sarà, comunque, possibile stipulare un primo contratto a tempo determinato di durata iniziale superiore ai 12 mesi ma solo facendo ricorso alle altre causali indicate dall’art. 19, co.1, D.Lgs. 81/2015, ossia:
  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
  • le regole in materia di rinnovi e proroghe non sono condizionate temporalmente. Pertanto, sarà possibile prorogare o rinnovare i contratti a termine in ragione delle causali previste dalla contrattazione collettiva (oltre che delle altre causali di cui sopra), anche successivamente al 30 settembre 2022.

Altri insight correlati:

Sin dal principio della crisi pandemica, le rigorose restrizioni alla possibilità di stipulare contratti a termine sono state sospese, all’evidente scopo di favorire l’occupazione (anche se a termine) fortemente danneggiata dalle ricadute economiche dell’epidemia. Già con la legge di conversione del D.L. n. 18/2020 (cd.  Cura Italia), infatti, era stata introdotta la possibilità di stipulare contratti a termine in deroga: (i) al divieto di stipulare contratti a termine o di somministrazione lavoro, presso le unità produttive in cui vi è un contestuale ricorso agli ammortizzatori sociali (art. 20, co. 1, lett. C) e art. 32, co. 1, lettera c), D.Lgs. 81/2015); (ii) all’obbligo di lasciar intercorrere un periodo di inoccupazione tra un contratto a termine e il suo rinnovo presso lo stesso datore (c.d., stop&go, art. 21, co. 2, D. Lgs. 81/2015); e (iii). Ulteriori deroghe alla normativa ordinaria in tema di contratti a termine sono state poi introdotte con il cd. Decreto Rilancio che all’art. 93 ha introdotto la deroga all’obbligo delle causali in caso di rinnovo o proroga dei contratti a termine in corso alla data del 23 febbraio 2020, entro il 30 agosto 2020. Essendo ambiguo, dalla lettura della norma, se questa facoltà di proroga o rinnovo acausale fosse possibile solo per i contratti in scadenza entro il 30 agosto è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con nota n. 160 del 3 giugno 2020, confermando che il doppio requisito richiesto per l’esercizio di questa facoltà richiedeva necessariamente l’esistenza del contratto a termine alla data del 23 febbraio e la scadenza del suo termine entro il 30 agosto 2020, non potendo quindi rinnovarsi o prorogarsi contratti in essere al 30 agosto ma non in scadenza entro questa data. Il Decreto Agosto ha poi ulteriormente riformulato la deroga alla causale, prevedendo la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a termine in maniera acausale per “un periodo  massimo  di dodici mesi e per una sola volta “ ma comunque nel rispetto del limite di “durata massima complessiva di ventiquattro mesi”, non richiedendo più che il contratto a termine rinnovato fosse stato già in essere al 23 febbraio ed estendendo la possibilità di proroga o rinnovo entro il 31 dicembre 2020, anche per i contratti in scadenza successivamente a tale data. La finestra di accesso alle proroghe e rinnovi acausali è stata successivamente estesa dapprima fino al 31 marzo ed infine fino al 31 dicembre 2021 (art. 17 del Decreto Sostegni). Secondo la normativa attualmente in vigore, dunque, i contratti a tempo determinato possono essere prorogati e/o rinnovati fino al 31 dicembre 2021, senza alcun obbligo di causale per una sola volta e per una durata di 12 mesi a condizione che la durata complessiva del rapporto non superi i 24 mesi. Nella sequenza di proroghe e rinnovi (della normativa derogatoria all’obbligo di causale) non è stato tuttavia più ripreso o anche solo richiamato la fondamentale precisazione contenuta nella primissima normativa emergenziale (art. 19bis Decreto Cura Italia) con la quale si chiariva che i contratti a termine potessero essere prorogati e/o rinnovati anche in caso di ricorso ad ammortizzatori sociali. Sul punto, con sollievo degli operatori di settore, è dunque intervenuto nuovamente l’Ispettorato Nazionale del Lavoro che con la nota n. 762 del 12 maggio 2021 ha specificato che l’art. 19bis è da considerarsi ancora in vigore in quanto norma di interpretazione autentica degli artt. 19 a 22 D.L. 18/2020 introduttivi degli ammortizzatori sociali emergenziali, mai abrogati e di volta in volta prorogati.

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Secondo la disciplina ordinaria dei contratti a tempo determinato (artt. 19 e ss del D.Lgs. n. 81/2015), la proroga che comporti il superamento dei 12 mesi nonché la stipulazione di un rinnovo debbono essere giustificati da una delle seguenti causali:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria,

pena la trasformazione del contratto in un rapporto a tempo indeterminato.

Le gravi ricadute sull’economia e sul regolare andamento dei rapporti di lavoro hanno indotto il legislatore, nell’ambito delle norme emanate per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, ad introdurre specifiche deroghe proprio in materia di contratti a tempo determinato.

In particolare, l’art. 1, comma 279, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (c.d. Legge di Bilancio) ha esteso fino al 31 marzo 2021 la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato senza l’obbligo di indicare le causali.

Tale deroga, volta a garantire una maggiore flessibilità, era stata dapprima introdotta dal c.d. Decreto Rilancio fino al 31 agosto 2020, poi estesa fino al 31 dicembre 2020 dal c.d. Decreto Agosto ed ora prorogata dalla Legge di Bilancio fino alla prossima primavera.

Nel quadro normativo emergenziale sopra descritto, la possibilità di proroga o rinnovo “acausale” è consentita per una sola volta: ciò significa che, anche con la modifica della scadenza del regime agevolato dal 31 dicembre 2020 al successivo 31 marzo, chi ha già fruito di una proroga o di un rinnovo acausale ai sensi del Decreto Agosto non potrà nuovamente farvi ricorso ai sensi dalla Legge di Bilancio.

Un’ulteriore condizione prevista dalla legge riguarda la durata massima della proroga o del rinnovo “acausale” che non potrà superare i 12 mesi, ferma restando la durata massima complessiva, sommati gli altri periodi, di 24 mesi.

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La disciplina derogatoria, contenuta nel Decreto Agosto, e modificata dalla Legge di Bilancio limitatamente al termine ultimo del regime agevolato, ha generato molti dubbi interpretativi. Primo fra tutti la possibilità di derogare anche alle norme disciplinanti il c.d. “stop and go” (ovverosia il periodo di tempo che, secondo la disciplina ordinaria, deve intercorrere tra la stipula di un contratto e il successivo rinnovo) e il numero massimo di proroghe.

Sul punto, è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 713 del 16 settembre 2020, precisando che, in ragione delle finalità espresse dal legislatore e della formulazione utilizzata,

  • laddove il rapporto sia stato già oggetto di quattro proroghe sarà comunque possibile prorogarne ulteriormente la durata per un periodo massimo di 12 mesi, così come
  • sarà possibile rinnovarlo anche prima della scadenza del c.d. periodo cuscinetto, sempreché sia rispettata la durata massima di 24 mesi.

Altri insights correlati:

La Legge di Bilancio 2021 prevede un ampio ventaglio di interventi in materia di lavoro, fiscale, sostegno alla liquidità e sviluppo delle imprese, con i suoi ben 1.150 commi, rappresenta una delle norme principali della manovra finanziaria.

L’art. 1, comma 279[1], della legge 30 dicembre 2020, n. 178, in particolare, ha esteso fino al 31 marzo 2021 la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato derogando all’obbligo delle tanto severe quanto discusse causali introdotte nella disciplina generale dei contratti a termine dal D.Lgs. 81/2015 c.d. Jobs Act[2], così come modificato dal Decreto Dignità (D.L. 87/18 come convertito dalla L. 96/18).

Questa importante deroga, fonte di ritrovata flessibilità nell’utilizzo dei contratti a termine, era stata dapprima introdotta dal c.d. Decreto Rilancio fino al 31 agosto 2020, per poi essere prorogata fino al 31 dicembre 2020 e da ultimo, dunque, ulteriormente estesa con la Legge di Bilancio fino alla prossima primavera. Questa possibilità di proroga o rinnovo “agevolata” è consentita per una sola volta e per durata massima di 12 mesi, nel rispetto in ogni caso del limite di durata massima dei contratti di lavoro a tempo determinato pari a 24 mesi.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Guida al Lavoro de Il Sole 24 Ore.

La disciplina dei rapporti di lavoro a termine ha subito interventi importanti da parte della normativa emergenziale che è stata oggetto, e lo è a tutt’oggi, di un ampio dibattitto da parte dei commentatori che non si sono risparmiati nell’individuare gli innumerevoli profili critici e contradditori.

Il contributo dell’Avv. Vittorio De Luca e dell’Avv. Iacobellis offre dapprima una panoramica  high-level della disciplina di cui al D. Lgs. 81/2015 e successive modifiche del contratto a termine e del contratto di somministrazione, soffermandosi poi sulla disciplina emergenziale in questo ambito che ha parzialmente derogato alle previsioni di cui al D. Lgs. n. 81/15.

La normativa in tema di COVID-19 anche con lo scopo di agevolare l’utilizzo di forme di contrattazione a termine si è rivelata così farraginosa e colma di criticità che invece ha comportato un effetto dissuasivo. Effetto dissuasivo che di certo è stato alimentato dall’attuale crisi, dalla totale incertezza sullo scenario economico e futuro e anche dalla normativa emergenziale che ha sancito il divieto di licenziamento salvo le eccezioni dalla stessa dettate.

Ciò è confermato dai dati ISTAT aggiornati al mese di agosto 2020 che hanno evidenziato un crollo verticale dei contratti a tempo determinato: circa 425.000 in meno rispetto ad agosto 2019.

Fonte: versione integrale pubblicata su Guida al lavoro de Il Sole 24 ore.