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Ferie non godute: diritto al pagamento della indennità sostitutiva

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: onere della prova, ferie

30 Set 2020

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13613/2020, ha affermato che il datore di lavoro è tenuto a pagare al dirigente le ferie non godute a meno che non prova di averlo messo nelle condizioni di poterne fruire, avvisandolo per tempo e anticipandogli che in caso di mancato godimento le avrebbe perdute.

I fatti di causa

Nel caso di specie, al momento di cessazione del rapporto di lavoro, l’AUSL – datore di lavoro non aveva riconosciuto a un dirigente medico – direttore di struttura complessa – l’equivalente economico delle ferie annuali non godute. Il dirigente adiva così l’autorità giudiziaria per la tutela dei suoi diritti.

I giudici aditi sottolineavano che l’AUSL – datore di lavoro – non aveva dimostrato (come avrebbe dovuto fare in virtù del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite) che il dirigente medico era stato realmente messo nelle condizioni di fruire delle ferie annuali.

A dire della corte territoriale, il mancato versamento dell’indennità per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro si sarebbe posto in contrato con

  • l’art. 7 “Ferie annuali” della direttiva 2003/88 e
  • l’art. 36 della Costituzione.

L’AUSL soccombente depositava così ricorso in Cassazione avverso la sentenza della corte territoriale, affidandosi a tre motivi.

La decisione della Corte di Cassazione

Due dei tre motivi di ricorso – ritenuti infondati – incentrati sul principio di autodeterminazione delle ferie da parte del dirigente sono stati trattati congiuntamente dalla Corte in ragione della loro intima connessione.

A norma dell’art. 21, co. 8, del CCNL di settore “le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 13. Esse sono fruite, anche frazionatamente, nel corso di ciascun anno solare in periodi programmati dallo stesso dirigente nel rispetto dell’assetto organizzativo dell’azienda o ente; in relazione alle esigenze connesse all’incarico affidato alla sua responsabilità, al dirigente è consentito, di norma, il godimento di almeno 15 giorni consecutivi di ferie nel periodo da 1  giugno al 30 settembre”, trattandosi, a ben vedere, di una forma di autodeterminazione non assoluta ma relativa.

In altre parole, secondo la Corte di Cassazione, l’AUSL avrebbe dovuto sollecitare la fruizione delle ferie da parte dell’interessato tanto più che il dirigente nel decidere di fruirne o meno avrebbe dovuto tener conto, a norme della disposizione citata, dell’assetto dell’azienda in relazione alle esigenze connesse all’incarico affidato alla sua responsabilità.

A fronte di tale fattispecie concreta, la Cassazione ha confermato l’irrinunciabilità del diritto alle ferie, garantito dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, richiamando a supporto di tale lettura, l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia Europea nella causa C-619/16 in cui si ribadiva che “il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuitedeve essere “considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare (…).

In sostanza, a parere della Corte di Cassazione, il datore di lavoro è tenuto “ad assicurarsi concretamente e in piene trasparenza che il lavorare sia posto effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo e nel contempo informandolo – in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato o, ancora, alla cessazione del rapporto di lavoro se quest’ultima si verifica nel corso di un simile periodo”. In merito a ciò l’onere della prova grava sul datore di lavoro.

E nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, la AUSL non è stata in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il dirigente fosse effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto. Pertanto, confermando quanto edotto dai giudici di merito, la stessa è giunta alla conclusione che il mancato versamento al dirigente sanitario della indennità per le ferie annuali non fruite all’atto della cessazione del rapporto di lavoro era in contrato con gli artt. 36 Cost. e 7 della Direttiva 2003/88.

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