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Tribunale di Roma: interpretazione della sentenza 231 del 2013 della Corte costituzionale sulla rappresentanza sindacale (Il Sole 24 Ore, 26 settembre 2014, pag. 44

26 Set 2014

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 16 settembre 2014, ha rigettato il ricorso ex articolo 28 con cui l’Unione sindacale di base – lavoro privato (Usb) lamentava il disconoscimento delle proprie RSA all’interno di un’azienda e la conseguente negazione dei diritti sindacali in azienda. Il giudice di merito nella sentenza richiama il decisum sostanziale della Consulta e chiarisce che la riscrittura dell’articolo 19 proveniente dalla Corte costituzionale valorizza in via esclusiva il criterio selettivo fondato sulla capacità del sindacato di imporsi al tavolo delle trattative e non l’altro collegato al superamento di una certa soglia di iscritti. È pur vero che il criterio numerico quale matrice del diritto a trattare ha trovato da ultimo cittadinanza nel Testo Unico del gennaio 2014, ma è altrettanto vero che per i soggetti estranei a tale intesa interconfederale, e dunque per l’Usb, questo diritto non sussiste, restando la possibilità di costituire RSA circoscritta nei limiti e con il criterio dell’articolo 19 (partecipazione alle trattative). In modo condivisibile, pertanto, il Tribunale conclude chiarendo che, proprio alla stregua della pronuncia della Consulta, essere riusciti a imporre la propria partecipazione alle trattative è sintomo di rappresentatività e foriero del diritto alla costituzione di rappresentanze in azienda, mentre non è vero che essere «rappresentativo in base ad altro parametro» conferisce il diritto a sedere al tavolo del negoziato.

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