I sindacati che rappresentano i collaboratori possono attivare il procedimento per repressione di condotta antisindacale (Il Quotidiano del lavoro de Il Sole 24 Ore, 19 aprile 2021 – Vittorio De Luca, Roberta Padula)

Categorie: DLP Insights, Pubblicazioni, News, Pubblicazioni | Tag: condotta antisindacale

19 Apr 2021

Il Tribunale di Milano, con decreto del 28 marzo 2021 , ha riconosciuto la condotta antisindacale ex art. 28 della legge n. 300/1970 di una società che, attraverso un video messaggio diffuso dal proprio presidente del consiglio di amministrazione, aveva invitato i propri collaboratori ad iscriversi ad una organizzazione sindacale, al fine di stipulare un accordo collettivo di settore.
Il fatto – Con ricorso ex art. 28, Legge 300/1970, le OO.SS. Filcams CGIL, NIDIL CGIL, UILTEMP Lombardia e UILTUCS Lombardia si sono rivolte al Tribunale di Milano, in funzione del Giudice del Lavoro, al fine di accertare e dichiarare la natura antisindacale della condotta posta in essere dalla società convenuta. In particolare, la società, in persona del proprio Presidente del Consiglio di Amministrazione nonché Presidente di una associazione di categoria, nel gennaio scorso ha inviato un video messaggio a tutti i propri collaboratori, non inquadrati con rapporto di lavoro subordinato, invitandoli ad aderire a una associazione sindacale di nuova costituzione, al fine di siglare l’accordo nazionale raggiunto in data 30 dicembre 2020 con FISASCAT. A fronte della denuncia di antisindacalità presentata dalle sigle sindacali ricorrenti, la società resistente ha opposto plurime eccezioni preliminari e, nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso.
La decisione del Tribunale di Milano – In via preliminare, la società ha eccepito che lo strumento processuale (ricorso ex art. 28 St. Lav.) utilizzato dalle sigle sindacali risulta inapplicabile al caso di specie, in quanto il predetto rimedio può essere utilizzato esclusivamente per i rapporti di lavoro riconducibili nell’alveo della subordinazione.
Il Tribunale di Milano, ribaltando, di fatto, un recentissimo precedente giurisprudenziale sul punto (Trib. Firenze, 9 febbraio 2021), ha affermato che la suddetta tesi non può essere condivisa, per le ragioni di seguito esposte.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Il Quotidiano del Lavoro de Il Sole 24 Ore.

Altre news