Il dirigente non prende servizio: valida la clausola penale apposta alla lettera d’assunzione

Categorie: DLP Insights, Normativa, News, Pubblicazioni | Tag: Patto di prova, assunzioni

04 Mag 2023

Con la recente sentenza del 21 marzo 2023, il Tribunale di Forlì ha confermato la legittimità della clausola penale apposta alla lettera di assunzione per il caso in cui il lavoratore non prenda servizio alla data di inizio dell’attività lavorativa concordata dalle parti, anche quando l’assunzione sia soggetta ad un periodo di prova.

I fatti di causa

Una società stipulava con un dirigente una lettera di impegno all’assunzione soggetta a un periodo di prova di sei mesi. La lettera di impegno conteneva la seguente clausola: “Qualora Lei non prendesse effettivo servizio alla prevista data del 15 ottobre 2020, per Sua iniziativa e/o per qualsiasi motivo a Lei imputabile, Lei sarà tenuto a versare alla nostra Società, a titolo di penale, una somma corrispondente all’indennità sostitutiva del preavviso prevista in caso di licenziamento dal Contratto Collettivo applicato. Il pagamento alla nostra società dovrà avvenire entro e non oltre 10 giorni dal verificarsi dell’atto di violazione della clausola di rispetto della data concordata di presa servizio. Verificandosi tale fattispecie, il presente contratto dovrà ritenersi definitivamente risolto di diritto”.

Circa un mese prima della data prevista per l’inizio dell’attività lavorativa, il dirigente informava la Società della propria intenzione di non procedere all’assunzione.

La Società ricorreva per ingiunzione avanti al Tribunale di Forlì che, nell’accogliere la domanda, emetteva decreto ingiuntivo per l’importo dalla penale pattuita dalle parti.

Avverso il decreto ingiuntivo, il dirigente proponeva opposizione sulla scorta dei seguenti motivi:

  1. la comunicazione del dirigente di non voler procedere con l’assunzione doveva qualificarsi come atto di recesso dal contratto di lavoro e il relativo recesso doveva considerarsi svincolato da qualsiasi conseguenza, in quanto il contratto prevedeva un periodo di prova, durante il quale vige il regime di libera recedibilità ai sensi dell’art. 2096 c.c;
  2. il dirigente aveva comunicato la propria decisione con congruo preavviso tale da evitare un effettivo pregiudizio alla società. L’assenza di danno in capo alla società avrebbe dovuto comportare, secondo la difesa del dirigente, l’assenza del diritto alla corresponsione della penale o, in via subordinata, la riduzione equitativa della stessa ai sensi dell’art. 1384 c.c.

La sentenza resa dal Tribunale di Forlì

Il Giudice del Lavoro di Forlì, nel rigettare l’opposizione del dirigente, ha confermato il decreto ingiuntivo emesso.

Il Tribunale ha fondato il proprio convincimento sulla differenza intercorrente tra la stipulazione del contratto e l’inizio del rapporto, individuando tale secondo momento come rilevante per poter invocare il regime speciale di libera recedibilità previsto per il periodo di prova.

La disciplina dell’art. 2096 c.c. inizia infatti ad operare solo con l’effettiva presa di servizio e a condizione che le parti abbiano consentito l’esperimento che forma oggetto della prova, elementi che, nel caso di specie, non si erano verificati per via del rifiuto del dirigente. Tale rifiuto non poteva dunque qualificarsi come recesso in prova bensì come inadempimento dell’obbligo di prendere servizio alla data prestabilita.

Sulla scorta di tali considerazioni, il Giudice ha quindi ritenuto infondata l’eccezione di incompatibilità della penale con la previsione del patto di prova. Le due previsioni, infatti, “hanno oggetto e finalità differenti e, nel caso di specie, sono volte a tutelare due momenti differenti del rapporto di lavoro”.

Il Giudice ha poi ritenuto irrilevante la tempestività della comunicazione del ripensamento da parte del dirigente in quanto “invocata da una parte contrattuale che è in ogni caso inadempiente e che è tenuta come tale a risarcire il danno ad essa imputabile”.

Da ultimo, con riferimento alla quantificazione della penale, il Tribunale ha disatteso altresì la domanda di riduzione equitativa ex art. 1384 c.c., articolata in via subordinata dal dirigente, sottolineando come questa non risultasse eccessiva né al momento della pattuizione né alla data dell’inadempimento, avendo la società dimostrato di aver sostenuto costi rilevanti per far fronte all’impatto organizzativo determinato dalla scopertura in un ruolo strategico (Direttore Amministrativo).

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