In caso di sospensione dell’attività lavorativa, il trattamento di integrazione salariale prevale sull’indennità giornaliera di malattia (Il Quotidiano del lavoro de Il Sole 24 Ore, 22 giugno 2021 – Enrico De Luca, Debhora Scarano)

Categorie: DLP Insights, Pubblicazioni, News, Pubblicazioni | Tag: malattia, integrazione salariale

22 Giu 2021

La Corte di cassazione, con l’ordinanza 16382/2021, è tornata a pronunciarsi sulle criticità connesse al rapporto intercorrente tra il trattamento di integrazione salariale e l’indennità giornaliera di malattia. In ossequio a un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha evidenziato che, ove l’intervento ordinario di cassa integrazione si riferisca a un’ipotesi di sospensione dell’attività produttiva e non già di mera riduzione dell’orario, il connesso trattamento di integrazione salariale sostituisce l’indennità giornaliera di malattia con riferimento ai lavoratori assenti perché affetti da stato morboso.

Il caso di specie trae origine dalla domanda giudiziale di una lavoratrice volta a ottenere una declaratoria di nullità della conciliazione intervenuta con l’azienda e, per quanto qui d’interesse, la condanna al pagamento delle differenze retributive per illegittima collocazione in Cig durante la sospensione del rapporto di lavoro per malattia.

Il Tribunale e la Corte d’appello avevano respinto le domande della ricorrente escludendo, in particolare, l’impugnabilità della conciliazione e la consequenziale sussistenza dei prospettati vizi di inesistenza delle reciproche concessioni – essendo intervenuta la conciliazione in sede protetta secondo l’articolo 2113 del codice civile -, nonché la fondatezza della domanda relativa al pagamento delle differenze retributive per illegittima collocazione in Cig a fronte dell’applicabilità, per identità di ratio, della previsione di cui all’articolo 3 della legge 464/1972.

I giudici di legittimità, confermando le pronunce di merito, hanno ripercorso alcuni precedenti giurisprudenziali espressi in materia di transazione affermando, nello specifico, che dalla stessa «debbano risultare gli elementi essenziali del negozio e quindi la comune volontà delle parti di comporre una controversia in atto o prevista, la res dubia, ossia la materia oggetto delle contrastanti pretese giuridiche delle parti, nonché il nuovo regolamento di interessi che, mediante le reciproche concessioni, sostituisca quello precedente foriero della lite o del pericolo di lite» (Cassazione 9114/1990, 8917/2016).

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