Lavoratori difficili da trovare? Le aziende ora puntano a finanziare i programmi per la fertilità (La Repubblica, 20 settembre 2023 – Vittorio De Luca)

Categorie: DLP Insights, News | Tag: Welfare, diritto del lavoro

21 Set 2023

Il fenomeno prende piede negli Stati Uniti, mentre sono rari i casi in Italia. Quacquarelli (Bicocca): “Certi temi da noi restano tabù”

MILANO – Occupazione in crescita, richieste degli assegni di disoccupazione in calo e salari sopra l’inflazione. Il mercato del lavoro statunitense sta vivendo un periodo d’oro e questo spinge le aziende a cercare nuove strade per reclutare personale. Dopo l’esperienza pandemica, che ha spinto molte persone a cercare un maggiore equilibrio tra vita personale e lavorativa, la componente retributiva è solo una delle leve a disposizione.

Le tendenze emergenti nel campo del welfare aziendale

Tra le nuove tendenze, segnala un’analisi del Wall Street Journal, c’è quella di offrire copertura dei costi per i trattamenti legati alla fertilità. Un impegno che ha anche un valore “sistemico”, considerato che negli States, come nel resto dell’Occidente, il fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione mette a rischio la tenuta dei conti pubblici, in quanto comporta maggiori spese per le pensioni a fronte di una quota minore di persone in età da lavoro.

L’offerta di questi benefit non è una novità assoluta, ma se in passato riguardava soprattutto i manager, oggi spesso coinvolge anche figure con retribuzioni limitate come cassiere, magazzinieri e baristi, oltre che assunti part-time.

In cerca di equilibrio tra costi e ritorni

Già da parecchi anni, Apple e Facebook coprono i costi sopportati dalle dipendenti per il congelamento degli ovuli. Secondo un sondaggio della Society for Human Resource Management, attualmente il 25% dei datori di lavoro negli Stati Uniti offre una copertura per la fecondazione in vitro rispetto al 20% nel 2019, prima cioè che scoppiasse la pandemia. Tra le aziende attive su questo fronte ci sono realtà note come Amazon, Target e Starbucks.

Anche se qualcuno inizia a interrogarsi sulla bontà di questa strategia, considerato che comporta esborsi tutt’altro che trascurabili. Così ad esempio Tractor Supply (catena di negozi al dettaglio americana che vende prodotti per la casa, l’agricoltura e la manutenzione di prati e giardini) ha deciso di concedere il benefit a chi è in azienda da almeno un anno.

Le esperienze italiane e il tabù

“Da un punto di vista fiscale e contributivo i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro non concorrono, entro determinate soglie, a formare reddito da lavoro dipendente con conseguente beneficio economico sia per il datore di lavoro, che per il lavoratore”, spiega Vittorio De Luca, managing partner dello studio legale De Luca & Partners.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su La Repubblica.

Altri insights