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Licenziamento collettivo e criteri di scelta: la Corte Costituzionale dichiara inammissibili le questioni di legittimità sul regime sanzionatorio

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: licenziamenti collettivi, tutela reale, regime sanzionatorio, Jobs Act

01 Dic 2020

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 254 depositata il 26 novembre 2020, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’appello di Napoli sulle disposizioni del Jobs Act riguardanti i licenziamenti collettivi intimati in violazione dei criteri di scelta. La Consulta ha ritenuto, per un verso, insufficiente la motivazione del giudice sulla rilevanza e, per altro verso, incerta la richiesta di un suo intervento correttivo.

I fatti di causa

La Corte d’appello di Napoli aveva sollevato un giudizio di legittimità costituzionale in merito all’art. 1, co. 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 e agli artt. 1, 3 e 10 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.

Secondo la Corte partenopea, le disposizioni censurate avrebbero irragionevolmente introdotto un regime sanzionatorio differenziato in caso di violazione dei criteri di scelta nell’ambito della medesima procedura di licenziamento collettivo; nel merito, solo per i rapporti di lavoro instaurati alla data del 7 marzo 2015, sarebbe stata riconosciuta una tutela reintegratoria, mentre, per i rapporti sorti successivamente, sarebbe stata garantita solo una tutela meramente indennitaria.

Il descritto sistema sanzionatorio, secondo le censure dei giudici di merito, oltre a comportare una violazione dei principi sanciti dagli artt. 3, 4, 24, 35, 38, 41, 111, 10 e 117, co. 1, della Costituzione, avrebbero comportato una collisione con alcuni principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, meglio nota come Carta di Nizza.

Con riguardo alla violazione delle norme della Carta di Nizza, veniva contemporaneamente proposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e incidente di costituzionalità.

Il 4 giugno 2020, la Corte di Strasburgo ha dichiarato il ricorso manifestamente irricevibile, non riscontrando alcun collegamento fra la menzionata disciplina nazionale, ovvero i criteri di scelta nell’ambito dei licenziamenti collettivi, e un atto di diritto dell’Unione, e pertanto, non si è espressa sull’asserita violazione della Carta di Nizza.

La decisione della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, nella sentenza in analisi, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale. Ciò in quanto la Corte d’appello ha omesso di (i) descrivere la fattispecie concreta – non offrendo così un ragguaglio sulle ragioni d’illegittimità del licenziamento collettivo del caso di specie per violazione dei criteri di scelta – e (ii) allegare gli elementi idonei a corroborare l’accoglimento dell’impugnazione in virtù di una violazione dei criteri di scelta, impedendole così di valutare la rilevanza delle questioni sollevate.

La Corte Costituzionale, pertanto, si è limitata a ribadire la consonanza con le indicazioni della Corte di Giustizia circa l’ambito di applicazione del diritto UE. Inoltre, la stessa ha affermato che vi è un legame inscindibile tra il ruolo della Corte di Giustizia, chiamata a salvaguardare “il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati e il ruolo di tutti i giudici nazionali, depositari del compito di garantire “una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione”.

A parere della Consulta, in un sistema integrato di garanzie, riveste un ruolo essenziale la leale e costruttiva collaborazione tra le diverse giurisdizioni, chiamate, ciascuna per la propria parte, a salvaguardare i diritti fondamentali nella prospettiva di tutela sistemica e non frazionata.

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