DLP Insights

Licenziamento illegittimo: l’indennità risarcitoria va calcolata sul periodo di estromissione

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: licenziamento illegittimo

14 Lug 2022

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20313 del 23 giugno 2022, ha affermato che l’indennità risarcitoria dovuta al lavoratore illegittimamente licenziato deve essere determinata sulla base dell’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegra. Dall’ammontare dell’indennità va dedotto quanto percepito dal lavoratore, nel periodo di estromissione, a titolo di aliunde perceptum o percipiendum, e, in ogni caso, entro la misura massima corrispondente a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Non deve, pertanto, attribuirsi rilievo alla collocazione temporale della o delle attività lavorative svolte dal dipendente licenziato nel corso del periodo di estromissione.

I fatti di causa

Una dipendente di una compagnia aerea aveva impugnato giudizialmente il licenziamento intimatole in quanto ritenuto discriminatorio e, in ogni caso, perché in violazione delle disposizioni di legge in materia di licenziamento collettivo.

Il Tribunale adito, dopo avere escluso la natura discriminatoria, aveva dichiarato il recesso illegittimo per mancato rispetto dei criteri di scelta nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo. La società veniva condannata alla reintegrazione della dipendente e al pagamento in suo favore della indennità risarcitoria nella misura massima di 12 mensilità, dedotto l’aliunde perceptum.

La Società impugnava la decisione del Tribunale in appello mentre la lavoratrice proponeva appello incidentale per avere, il giudice di primo grado, erroneamente quantificato l’indennità risarcitoria ad essa spettante in ragione della illegittimità del licenziamento.

La Corte territoriale (i) confermava la pronuncia di primo grado, ribadendo l’esclusione della natura discriminatoria del licenziamento e la sua illegittimità per violazione dei criteri di scelta nonché (ii) respingeva la domanda incidentale della lavoratrice sull’erronea quantificazione dell’indennità risarcitoria.

Ne conseguiva il ricorso in cassazione (poi rinunciato) della Società e il ricorso incidentale della lavoratrice relativo al computo del periodo in cui operava la detrazione dell’aliunde perceptum.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto il processo in ordine al ricorso principale vista l’intervenuta rinuncia, ha dichiarato fondata la richiesta di rideterminazione dell’indennità risarcitoria avanzata dalla lavoratrice.

Sul punto, la Corte di Cassazione ha richiamato il principio espresso in precedenti giurisprudenziali secondo cui l’aliunde perceptum e percipiendum comportano la corrispondente riduzione del risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento e definito dall’art. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori. Riduzione che va commisurata alle retribuzioni percepite o percepibili nel periodo intercorrente tra il licenziamento e l’effettiva reintegra.

Secondo la Corte di Cassazione, dalla lettura del citato articolo si evince che il computo dell’indennità risarcitoria deve essere eseguito in relazione all’importo delle retribuzioni perse e di quelle aliunde percepite o percepibili, e non in base al dato temporale riferito ai periodi di inoccupazione oppure di occupazione lavorativa.

A parere della Corte di Cassazione, la Corte territoriale ha disatteso questi principi, ritenendo detraibili dal tetto massimo di dodici mensilità dell’indennità risarcitoria le somme percepite dalla lavoratrice in ragione di una nuova occupazione, senza previamente calcolare il danno subito per la perdita delle retribuzioni nell’intero periodo di estromissione. Solo all’esito di questo calcolo si sarebbe potuto procedere con la detrazione.

Ne consegue, a parere della Corte di Cassazione, che le somme aliunde percepite o percepibili dal lavoratore nel periodo di estromissione vanno sottratte, con un semplice calcolo aritmetico, dall’ammontare complessivo del danno sofferto per effetto del recesso. Se, dunque, il risultato di questo calcolo è superiore o uguale all’importo corrispondente a dodici mensilità di retribuzione, l’indennità va riconosciuta in misura pari a tale tetto massimo.

In altri termini, la previsione normativa del tetto massimo delle dodici mensilità non incide sul sistema di calcolo del danno effettivamente subito dal lavoratore per effetto del licenziamento e rileva solo all’esito del conteggio eseguito, in termini di limite massimo entro cui l’indennità risarcitoria può essere riconosciuta.

Altri insights correlati:

Altri insights