Mobbing: pluralità di atti persecutori configuranti una violazione degli obblighi di sicurezza (Norme & Tributi Plus Diritto – Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2021 – Enrico De Luca, Raffaele Di Vuolo)

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10 Nov 2021

Costituisce mobbing la condotta del datore di lavoro, o delle persone a lui preposte, consistente nel compimento di una pluralità di atti persecutori, giuridici o meramente materiali ed eventualmente anche leciti, finalizzati all’emarginazione del dipendente. Tale illecito configura, altresì, una violazione degli obblighi di sicurezza posti a carico dello stesso datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 cod. civ.

Tale principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 30583 del 28 ottobre 2021 emessa a definizione del giudizio introdotto, in primo grado dinanzi al Tribunale di Massa, da una lavoratrice vittima di una serie di comportamenti mobbizzanti tenuti da alcune sue colleghe e, in particolare, dalla superiore gerarchica e dalla coordinatrice di zona.

Nel caso di specie i giudici di merito accertavano, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio medico legale, la sussistenza della condotta mobbizzante rappresentata da una serie di azioni offensive e insolenti, nonché da comportamenti che, seppure astrattamente rientranti tra le facoltà datoriali, erano stati attuati con modalità in concreto abusive, poiché caratterizzati da atteggiamenti sgarbati ed indebitamente plateali nonché, per quanto concerne la coordinatrice di zona, per il fatto di aver conosciuto e tollerato la situazione.

Dall’attività istruttoria svolta emergeva, altresì, la sussistenza del nesso causale tra le condotte illecite e il danno psichico subito dalla lavoratrice e, pertanto, i giudici di merito condannavano, da un lato, la società datrice a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 2087 cod. civ. e, dall’altro, le due colleghe a titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ, a risarcire i danni di natura non patrimoniale cagionati alla lavoratrice.

Avverso la statuizione della Corte di Appello le parti soccombenti (ovverosia la società e le due colleghe) proponevano ricorso in Cassazione adducendo quattro motivi di impugnazione, tra cui, la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in punto di mobbing, deducendo una inadeguata valutazione delle risultanze istruttorie e la totale assenza di responsabilità della società stante la mancanza dell’elemento soggettivo del mobbing.

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