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Non rientra nel periodo di comporto la malattia legata alla mansione se non c’è stata formazione specifica

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: Contenzioso del lavoro, periodo di comporto

29 Ago 2023

Con sentenza n. 450 del 13 giugno 2023 la Corte di Appello di Messina ha stabilito che se il datore di lavoro ha omesso di svolgere la formazione dei dipendenti sui rischi specifici legati alle mansioni cui sono addetti, i giorni di malattia riconducibili alla nocività delle condizioni di lavoro non sono computabili ai fini del comporto, neppure se il datore ha adottato le misure necessarie a proteggere la salute dei lavoratori in adempimento al generale obbligo di tutelarne l’integrità psicofisica in base all’articolo 2087 del codice civile.

I fatti di causa

I fatti di causa traggono origine dalla controversia promossa da una fisioterapista, licenziata per superamento del periodo massimo di malattia. La lavoratrice ha impugnato il licenziamento, asserendo che dal periodo di comporto dovevano essere sottratti 57 giorni in cui l’assenza era riconducibile alla patologia del tunnel carpale sviluppata a causa del sollevamento dei pazienti immobilizzati (mansioni cui era addetta).

La domanda della lavoratrice veniva accolta nella fase sommaria e successivamente rigettata dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto sul rilievo che, benché le assenze fossero imputabili a uno stato di malattia riconducibile alle mansioni, il datore di lavoro aveva adempiuto all’obbligo di salvaguardia della salute secondo l’articolo 2087 del Codice civile.

La lavoratrice ha dunque impugnato la decisione del Tribunale dinanzi la Corte di Appello, che ha ribaltato la sentenza del Tribunale di primo grado.

La decisione della Corte

La Corte d’Appello ha affermato che l’omissione da parte del datore dell’obbligo di formazione impedisce di conteggiare i giorni di assenza nel periodo di comporto.

Ad avviso della Corte, non è neppure sufficiente che il datore abbia assolto all’obbligo di informazione sui rischi generali e su quelli specifici legati alle singole attività dei lavoratori, in quanto la formazione ha una finalità ulteriore, che si integra con gli obblighi informativi.

In tale contesto, la Corte attribuisce rilevanza alle diverse obbligazioni di “formazione” e “informazione” chiarendone le differenze. La formazione è il processo educativo necessario ad acquisire le competenze per lo svolgimento in sicurezza delle mansioni, identificando, riducendo e gestendo i rischi. L’informazione, invece, è il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla gestione, riduzione e gestione dei rischi. Secondo la Corte, “la prima costituisce la cornice indispensabile per rendere utile la seconda”.

La formazione deve, peraltro, rispondere a specifici canoni di adeguatezza, richiedendosi al datore di assicurare che i lavoratori ricevano un insegnamento ritagliato sugli specifici rischi insiti nelle mansioni di ciascuno. In tale contesto, l’assolvimento dell’obbligo di informazione non surroga dunque quello dell’obbligo di formazione.

Nel caso di specie, infatti, ad avviso della Corte, è altamente probabile che la lavoratrice, se fosse stata adeguatamente formata, non sarebbe andata incontro all’intervento, o avrebbe quantomeno avuto un decorso più breve o meno accidentato, riducendo così il numero di giornate di malattia e rientrando nel limite complessivo di 180 giorni nel triennio.

Quanto sopra, ha determinato la violazione dell’art. 2087 cod. civ., circostanza che ha avuto efficacia causale rispetto all’insorgenza della patologia nei termini e nei tempi accertati.

In questo contesto, il mancato adempimento datoriale dell’obbligo di formazione adeguata sui rischi per la salute impedisce di tener conto dei giorni di assenza nel conteggio del periodo massimo di malattia.

Conseguentemente, ad avviso del Collegio, nel caso di specie, il licenziamento irrogato dal datore conteggiando tali assenze è risultato illegittimo, con conseguente reintegrazione della lavoratrice sul posto di lavoro e risarcimento del danno, ai sensi dell’articolo 18 della legge 300/1970.z

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