La rinuncia si sostanzia in una dichiarazione unilaterale di volontà o in un comportamento concludente con cui il lavoratore rinuncia ad esercitare un proprio diritto. La transazione, invece, è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che potrebbe sorgere tra loro.
Il lavoratore può rinunciare o transigere, in maniera del tutto libera solo con riferimento a diritti c.d. derogabili previsti dalla legge, dal CCNL o dal contratto individuale, quando essi siano migliorativi rispetto a quelli stabiliti dalla legge o dal CCNL (i.e., superminimo, mensilità aggiuntive ulteriori, permessi aggiuntivi non previsti dal CCNL). La rinuncia o la transazione avente ad oggetto diritti inderogabili e già entrati nella diponibilità del lavoratore, è invece possibile solo se effettuata dinanzi a una delle c.d. “sedi protette”.
La rinuncia o la transazione avente ad oggetto diritti futuri, ossia diritti che non sono ancora entrati nella disponibilità del lavoratore, è sempre nulla.
L’art. 2113 cod. civ. dispone che le rinunce e le transazioni che hanno per oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge e dei contratti o accordi collettivi, sono valide solo se contenute in verbali di conciliazione sottoscritti in una c.d. sede protetta. Per sede protetta si intendo:
Le rinunce o le transazioni aventi ad oggetto diritti derivanti da disposizioni inderogabili che non sono avvenute in sede protetta, possono essere impugnate dal lavoratore entro 6 mesi dalla data: