Anche quest’anno abbiamo partecipato alla 4 WEEKS 4 INCLUSION, la grande manifestazione ideata da TIM e dedicata all’inclusione e alla valorizzazione delle diversità.

FOCUS:

Il 23 ottobre alle h 12:00 Enrico De Luca e Stefania Raviele hanno condotto l’evento dal titolo: “Stereotipi di genere: un tema legale oltre che sociale” e hanno affrontato il tema degli stereotipi di genere sui luoghi di lavoro e di come questi possano impattare sulle organizzazioni, non solo da un punto di vista di wellbeing aziendale, ma anche da un punto di vista giuridico. Gli stereotipi, infatti, riescono ad influenzare le persone in maniera impercettibile e si riflettono, spesso inconsapevolmente, nell’agire quotidiano. Un modo di fare che può esporre le aziende a dei rischi e a dei conseguenti danni, non solo di immagine. Ci sono però delle azioni che i datori di lavoro possono implementare affinché questi rischi vengano arginati.

PROGRAMMA:

L’evento, iniziato il 12 ottobre, si svolgerà fino al 14 novembre e prevede circa 12 eventi digitali al giorno , dalle 9 alle 21, in streaming sul sito www.4w4i.it.

Diversità e inclusione rappresentano una delle principali sfide che gli studi legali di tutto il mondo sono chiamati ad affrontare, da un lato, per promuovere i valori che esse simboleggiano e, dall’altro lato, per introdurre adeguatamente nei luoghi di lavoro del settore legale uno dei più importanti principi (se non quello più imprescindibile) che dovrebbe motivare ogni interazione interpersonale: l’uguaglianza.

Negli ultimi anni la professione legale si è trasformata rapidamente ed inaspettatamente dopo essere rimasta ancorata alla tradizione per decenni. Tra i diversi aspetti per cui società di piccole e grandi dimensioni hanno dovuto adattarsi, vi sono non solo quelli operativi come l’innovazione e la tecnologia, ma anche molti altri aspetti che affondano le proprie radici nei principi fondamentali che guidano l’erogazione dei servizi e la governance degli studi legali, come già avvenuto in tutti gli altri settori.

Pertanto, diversità e inclusione rappresentano indubbiamente la più grande sfida che le società hanno dovuto affrontare e che stanno ancora affrontando: non solo per essere coerenti con i principi comuni dell’uguaglianza dei diritti e delle pari opportunità, ma anche per allargare i loro orizzonti e non perdere l’occasione di amplificare l’importanza dell’uguaglianza e del rispetto nel contesto giuridico e giudiziario.

Esiste, infatti, una crescente cultura dell’inclusione, il cui obiettivo è la promozione esplicita, e non più silente, della diversità (essendo questa basata, ad esempio, su genere, nazionalità, orientamento, disabilità, religione e ogni altra forma di diversità che possa essere identificata e quindi protetta). In tal modo, la diversità è divenuta nel settore legale (così come in ogni altro settore), oltre a un prezioso ed innegabile diritto dell’individuo, una scelta vincente e una chiave per il successo, che permette a professionisti, impiegati e alle società a cui essi appartengono nel loro complesso di meglio contribuire e partecipare alla crescita in quanto costituisce una vero e proprio valore aggiunto.

Nella professione legale, così come in molti altri campi, la diversità ha avuto inizio con il progressivo aumento del numero di donne affermate professioniste, che ha aperto la strada alla loro prossima presenza in posizioni di leadership nei più grandi studi. 

Per calcolare quanto le donne siano emblematiche e importanti nel settore legale in Europa Centrale, vale la pena menzionare come la presenza di donne nel settore legale sia cresciuta sempre di più negli ultimi 40 anni in Italia. Secondo i dati ufficiali dell’Ordine degli avvocati italiani, il numero di donne che esercitano la professione legale in Italia è passato dal 7% di tutti i praticanti di legge nel 1981, al 15% negli anni ’90, al 30% nel 2001, raggiungendo un picco del 48% nel 2021.

Tuttavia, in Italia come nel resto dell’Europa l’inclusione delle donne nella professione legale è ancora in corso.

In effetti, il cosiddetto “gender pay gap”, ovvero il divario retributivo di genere, rimane una sfida ancora tutta da vincere, se si considera che la retribuzione delle donne rimane decisamente più bassa della media.

Tra i molti ostacoli che si frappongono alla risoluzione di questo problema, troviamo in cima alla lista gli oneri familiari che tendono ad essere principalmente a carico delle donne.

Tuttavia, il Covid-19 ha avuto effetti positivi su questo trend, poiché ha costretto le famiglie a vivere insieme per lunghi periodi di tempo durante i lockdown e ha spinto i genitori a dividersi in maniera più equa gli oneri familiari, aiutandosi a vicenda per bilanciare vita privata e lavoro.

Inoltre, l’emergenza pandemica ha incoraggiato e consolidato la propensione di clienti e avvocati a evitare di svolgere i propri compiti da una sala riunioni o in presenza. Ciò comporta un alto livello di flessibilità che permette a generi diversi di operare nel mercato legale per confrontarsi a parità di condizioni.

Oltre al progresso culturale che ha già compiuto numerosi passi avanti ma che è ancora in atto, sembra che i legislatori abbiano identificato nelle leggi e nelle normative gli strumenti adatti ad accelerare l’ottenimento dell’uguaglianza e delle pari opportunità sul luogo di lavoro, compreso senza alcuna limitazione il settore legale.

Solo per citarne alcune, il diritto italiano ha sviluppato (e sta ancora sviluppando) un’ampia varietà di leggi volte a promuovere l’uguaglianza e le pari opportunità e a combattere ogni forma di discriminazione, andando ad approfondire dettagliatamente i principi già sanciti e le tutele già suggerite nella Costituzione. Questo ha determinato l’adozione di una serie di misure legislative (alcune delle quali sono oggetto di discussione e in via di attuazione). Tra gli altri, il Codice delle pari opportunità adottato nel 2006, il quale, recentemente, ha subito degli emendamenti ed è stato integrato dalla Legge n. 162/2021.

Secondo il Codice delle pari opportunità, gli enti pubblici e le società private devono redigere un rapporto biennale sulla condizione del personale maschile e femminile in ogni professione e in relazione allo stato del recruiting, delle opportunità di formazione, dell’avanzamento di carriera e delle promozioni, dell’inquadramento contrattuale che determina lo status retributivo.

Inoltre, a partire dal 1 gennaio 2022, è stata introdotta la cosiddetta “Certificazione della parità di genere” per attestare le misure concrete e le normative che i datori di lavoro hanno definito ed attuato per ridurre il gender gap relativamente alle prospettive di carriera nella società, alla parità di salario per le stesse mansioni e alla lotta ad ogni forma di discriminazione che sia (anche indirettamente) legata al genere (per esempio, nel caso della maternità).

Considerando la legislazione europea in corso di elaborazione, invece, occorre segnalare la proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea il 4 marzo 2021 e che, al momento, si trova sotto esame ed in discussione presso il Parlamento europeo e il Consiglio europeo; tale proposta è volta a rafforzare i principi della parità di retribuzione e delle pari opportunità tra uomini e donne, oltre a promuovere tra le società operanti nei Paesi membri la trasparenza e i meccanismi esecutivi.

In particolare, la proposta di direttiva stabilisce che il diritto alla parità di retribuzione tra uomini e donne impone ai datori di lavoro di possedere strutture retributive che garantiscano che gli uomini e le donne siano pagati equamente per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore ed importanza. Per permettere sia ai lavoratori che ai datori di lavoro di determinare che cosa costituisca un lavoro di uguale valore, questa disposizione richiede che i Paesi membri istituiscano gli strumenti e le misure necessarie per determinare e comparare il valore del lavoro secondo una serie di criteri oggettivi che includono i requisiti d’istruzione, professionali e formativi, le competenze, l’impegno e la responsabilità, il lavoro svolto e la natura degli incarichi interessati.

Perciò, questa proposta di direttiva fornisce la base per determinare se i lavoratori si trovino in una condizione comparabile di lavoro di uguale valore e aiuterà i datori di lavoro nel categorizzare e retribuire le posizioni lavorative basandosi su criteri neutri rispetto al genere.

Inoltre, la disponibilità di precisi criteri a livello nazionale permetterà ai lavoratori di stabilire un confronto valido e di determinare se sono trattati in maniera meno favorevole rispetto ad altri lavoratori che svolgono la stesso lavoro o un lavoro di pari valore, o comunque di valore comparabile.

Secondo la bozza di direttiva, un altro strumento importante per combattere il divario retributivo di genere è la garanzia della “Trasparenza retributiva prima dell’assunzione” e la “Trasparenza della determinazione delle retribuzioni e dei criteri per l’avanzamento di carriera”.

Questi principi trovano applicazione nel riconoscimento del diritto del candidato di ricevere dal futuro datore di lavoro, prima dell’assunzione e prima del colloquio, senza che vi sia il bisogno di richiederle, le informazioni sul livello di retribuzione iniziale basato su criteri oggettivi e neutri rispetto al genere. Inoltre, questi criteri devono anche essere accessibili per tutta la durata dell’impiego al fine di garantire la trasparenza dei parametri dell’avanzamento di carriera e per permettere a tutti gli individui coinvolti, senza distinzione di genere, di monitorare l’applicazione dei diritti delle pari opportunità e della parità salariale.

In aggiunta, secondo la proposta di direttiva, ai datori di lavoro non sarà permesso chiedere ai futuri lavoratori la loro storia retributiva durante i precedenti rapporti di lavoro. Questo serve a garantire che i lavoratori si trovino nella posizione migliore per condurre trattative salariali giuste ed equilibrate innanzi a una nuova opportunità di lavoro e per impedire che un trattamento economico discriminatorio subito in un precedente impiego possa influenzare opportunità future.

Più in generale, la bozza di direttiva dovrebbe introdurre l’obbligo per i Paesi dell’UE di garantire, attraverso strumenti giudiziari e non facilmente accessibili ai lavoratori per la salvaguardia dei loro diritti, che tutti i lavoratori, che hanno subito un danno causato dalla violazione di un diritto od obbligo legato al principio della parità retributiva, possano richiedere ed ottenere il risarcimento integrale per il danno subito.

In conclusione, la diversità e l’inclusione stanno acquisendo un ruolo sempre più importante nel quadro di una rivoluzione culturale che sta progredendo rapidamente e che si sta diffondendo anche in settori più tradizionali come la professione legale. La legislazione e le normative locali ed internazionali possono accelerare e facilitare questa transizione e il settore legale, che, evidentemente, è stato tardivo nel riconoscimento e nell’implementazione di tali principi, sarà all’avanguardia nella loro applicazione.

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