La nuova direttiva europea sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale stabilisce l’obbligo per le imprese di mitigare il loro impatto negativo sui diritti umani e sull’ambiente attraverso le loro attività, quelle delle loro filiazioni e quelle svolte dai loro partner commerciali.

L’Unione Europea sta da tempo lavorando all’elaborazione di politiche di sostenibilità aziendale con l’obiettivo di sensibilizzare e rafforzare la tutela dell’ambiente e dei diritti umani. A far data dallo scorso 5 gennaio 2024, ad esempio, con un sistema di applicazione temporale progressivo, alle società aventi obbligo di rendicontazione non finanziaria, alle grandi aziende, alle piccole e medie imprese quotate ed alle filiali di imprese extra UE è richiesto di pubblicare informazioni dettagliate sull’impatto che l’attività che svolgono può avere sulla società e sull’economia, presentando la propria rendicontazione societaria di sostenibilità e riferendo in merito alle questioni ambientali, i diritti umani, le misure anticorruzione e le  questioni relative alla diversità.

In questo scenario europeo, si inserisce la proposta di “Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità” alla quale stanno lavorando il Consiglio ed il Parlamento europei. Il 14 dicembre 2023, le due istituzioni hanno raggiunto un accordo provvisorio sul testo della nuova normativa che è attualmente soggetto ad approvazione finale. 

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Raggiunto un accordo provvisorio, occorrerà ora aspettare che il testo sia vagliato dalla Commissione Affari Legali e approvato dal Parlamento in seduta plenaria e dal Consiglio Europeo.

Il 14 dicembre 2023, il Consiglio Europeo e il Parlamento hanno raggiunto un accordo provvisorio sul testo della “ Corporate sustainability due diligence directive ”, avente ad oggetto la promozione di comportamenti, da parte di società ed enti che impieghino capitale umano e processi produttivi, sostenibili e responsabili, rispettosi dei diritti umani e dell’ambiente. Per il completamento dell’iter promulgativo, occorrerà aspettare che il testo sia vagliato dalla Commissione Affari Legali, approvato dal Parlamento in seduta plenaria e dal Consiglio Europeo.

Saranno soggette all’applicazione della Direttiva tre gruppi di imprese:

  • (i) imprese dell’UE con più di 500 dipendenti e un fatturato netto mondiale superiore a 150 milioni di euro nell’ultimo esercizio;
  • (ii) imprese dell’UE con più di 250 dipendenti e un fatturato globale superiore a 40 milioni di euro, a condizione che almeno il 50% di tale fatturato sia stato generato in un settore ad “ alto impatto ” (come ad esempio, produzione tessile, l’esercizio di varie attività agricole e l’estrazione di risorse minerarie);
  • (iii) imprese di paesi terzi che abbiano generato un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro nell’UE nell’ultimo esercizio finanziario oppure che realizzano un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro nell’UE, a condizione che almeno il 50% del fatturato netto sia stato realizzato in un paese dell’UE.

Le imprese interessate dovranno adottare dei meccanismi per individuare gli impatti negativi attuali o potenziali delle proprie attività sui diritti umani e sull’ambiente. All’uopo dovranno predisporre adeguati sistemi e misure di governance, nonché modelli di analisi (due diligence) circa gli impatti prodotti dallo svolgimento delle proprie attività (dai propri prodotti e servizi), dalle loro filiazioni e rapporti d’affari, anche collegati alla catena di valore cui le società partecipano.

Pertanto, le imprese soggette ai predetti obblighi potranno vedersi costrette ad apportare modifiche o integrazioni alle policy già in applicazione o addirittura a predisporne di nuove per adeguarsi agli obblighi della normativa in commento.

Sarà quindi necessario dotarsi di meccanismi di verifica circa i partner industriali e commerciali. In particolare, dovranno essere analizzate le politiche delle entità giuridiche per il cui tramite è esercitata l’attività di impresa, degli appaltatori o subappaltatori o di qualsiasi altro soggetto giuridico con cui siano stati conclusi accordi commerciali o finanziamentiassicurazioni o riassicurazioni o che comunque svolgano attività commerciali connesse ai prodotti o ai servizi offerti.

La procedura di verifica dovrà necessariamente essere preceduta dalla raccolta delle informazioni ritenute significative per valutare il rispetto dei diritti umani e la corretta applicazione delle norme di legge anche con riguardo al lavoro coatto, lavoro minorile, condizioni di igiene e sicurezza sul lavoro e sfruttamento dei lavoratori . Tale verifica potrà essere attuata anche mediante l’implementazione di processi di consultazione con gruppi di lavoratori appartenenti all’azienda (destinataria diretta della normativa) nonché delle altre società appartenenti alle filiazioni e all’intera catena di valore.

Le società dovranno quindi definire procedure di catalogazione e di descrizione degli impatti negativi riscontranti dalle analisi di due diligence , associando la predisposizione di precisi codici di condotta che contemplino anche i necessari meccanismi di protezione disciplinare.

La normativa richiede inoltre che gli Stati membri provvedano “a che ciascuna società adotti misure adeguate (…) per prevenire i potenziali impatti negativi sui diritti umani e impatti ambientali negativi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati (…) o, qualora la prevenzione non sia possibile o non lo sia immediatamente, per attutirli sufficientemente” (Articolo 7, paragrafo 1 della Direttiva, proposta del febbraio 2022).

In particolare, se la natura o la complessità delle necessarie misure di prevenzione lo esige, le società interessate dovranno predisporre e attuare un “ piano operativo di prevenzione ” che preveda scadenze ragionevoli e precise per gli interventi, nonché indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi (Articolo 7, paragrafo 2 della Direttiva, proposta del febbraio 2022).

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