Il prossimo 30 gennaio Stefania Raviele parteciperà al webinar organizzato da Consono “Wellbeing aziendale e relazioni industriali: il vantaggio strategico dell’investimento”.

FOCUS

Il webinar si focalizzerà su come una strategia di wellbeing possa non solo migliorare le dinamiche organizzative e la produttività aziendale, ma anche contribuire al contenimento delle spese salariali nel bilancio aziendale.

Il webinar esplorerà quali iniziative possono adottare le aziende per supportare i propri dipendenti nel conseguire il benessere finanziario e concordare contratti di lavoro sostenibili con i sindacati.

Il panel mira a offrire una prospettiva approfondita sull’utilizzo degli strumenti di welfare e wellbeing aziendale, fornendo spunti pratici e soluzioni per raggiungere al meglio la sostenibilità aziendale.

A questo link tutte le informazioni per partecipare.

L’ultima frontiera dei benefit aziendali arriva dagli Stati Uniti, dove, secondo un’analisi condotta dal Wall Street Journal, sembra essere sempre più diffusa la tendenza dei datori di lavoro ad offrire, come strumento di attrazione di talenti i c.d. “benefits per la fertilità”, ossia una serie di servizi a copertura delle spese necessarie per sostenere trattamenti clinici a favore dei soggetti affetti da infertilità.

Trattasi di una tematica di grande rilievo tenuto conto che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’infertilità colpisce una persona su sei in tutto il mondo e che, molto spesso, le spese da sostenere per poter accedere a tali servizi sanitari sono molto elevate.

Questa tipologia di benefit non risulta essere ancora approdata in Italia. La spiegazione risiede probabilmente anche nella normativa particolarmente restrittiva in materia di procreazione assistita, in vigore in Italia.

Da un punto di vista giuslavoristico, lo strumento a disposizione delle aziende per offrire ai dipendenti servizi di sostegno alle prestazioni sanitarie esiste ed è quello del welfare aziendale che consente alle aziende di offrire ad esempio forme di assicurazione sanitaria integrative erogabili ai dipendenti sotto forma di flexible benefits garantendo una forma di tutela ed assistenza ulteriore rispetto al SSN.

Per i dipendenti, aderire a queste forme di assistenza sanitaria erogate dall’azienda significa avere diritto a varie prestazioni sanitarie nei centri o ospedali convenzionati. 

È bene ricordare che da un punto di vista fiscale e contributivo i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro non concorrono, entro una determinata soglia, a formare reddito da lavoro dipendente con conseguente beneficio economico sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. 

I c.d. “fertility benefits” potrebbero quindi, rientrando nell’alveo delle prestazioni sanitarie, essere inseriti all’interno dei servizi di assistenza sanitaria integrativa ovvero offerti dall’azienda nell’ambito di un piano di welfare aziendale in totale esenzione d’imposta, entro i limiti fissati dall’apposito regolamento o accordo sindacale aziendale.

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MILANO – Occupazione in crescita, richieste degli assegni di disoccupazione in calo e salari sopra l’inflazione. Il mercato del lavoro statunitense sta vivendo un periodo d’oro e questo spinge le aziende a cercare nuove strade per reclutare personale. Dopo l’esperienza pandemica, che ha spinto molte persone a cercare un maggiore equilibrio tra vita personale e lavorativa, la componente retributiva è solo una delle leve a disposizione.

Le tendenze emergenti nel campo del welfare aziendale

Tra le nuove tendenze, segnala un’analisi del Wall Street Journal, c’è quella di offrire copertura dei costi per i trattamenti legati alla fertilità. Un impegno che ha anche un valore “sistemico”, considerato che negli States, come nel resto dell’Occidente, il fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione mette a rischio la tenuta dei conti pubblici, in quanto comporta maggiori spese per le pensioni a fronte di una quota minore di persone in età da lavoro.

L’offerta di questi benefit non è una novità assoluta, ma se in passato riguardava soprattutto i manager, oggi spesso coinvolge anche figure con retribuzioni limitate come cassiere, magazzinieri e baristi, oltre che assunti part-time.

In cerca di equilibrio tra costi e ritorni

Già da parecchi anni, Apple e Facebook coprono i costi sopportati dalle dipendenti per il congelamento degli ovuli. Secondo un sondaggio della Society for Human Resource Management, attualmente il 25% dei datori di lavoro negli Stati Uniti offre una copertura per la fecondazione in vitro rispetto al 20% nel 2019, prima cioè che scoppiasse la pandemia. Tra le aziende attive su questo fronte ci sono realtà note come Amazon, Target e Starbucks.

Anche se qualcuno inizia a interrogarsi sulla bontà di questa strategia, considerato che comporta esborsi tutt’altro che trascurabili. Così ad esempio Tractor Supply (catena di negozi al dettaglio americana che vende prodotti per la casa, l’agricoltura e la manutenzione di prati e giardini) ha deciso di concedere il benefit a chi è in azienda da almeno un anno.

Le esperienze italiane e il tabù

“Da un punto di vista fiscale e contributivo i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro non concorrono, entro determinate soglie, a formare reddito da lavoro dipendente con conseguente beneficio economico sia per il datore di lavoro, che per il lavoratore”, spiega Vittorio De Luca, managing partner dello studio legale De Luca & Partners.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su La Repubblica.

Durante questa puntata Stefania Raviele ha approfondito i temi di inclusione e parità di genere all’interno delle organizzazioni aziendali e come queste siano chiamate a tenere conto di numerosi fattori come quelli ESG, LGBTQ+, D&I, Welfare, Gender Equality e Sostegno alla genitorialità.

Puoi guardare l’intervista completa su Rinascita Digitale.

Disamina del rapporto tra il welfare di natura contrattuale e aziendale – le cui opere e servizi non soggetti a contribuzione e tassazione – e il Documento unico di certificazione contributiva (DURC) – indispensabile per accedere ai benefici normativi e contributivi previsti dalla disciplina in materia di lavoro e legislazione sociale

Il welfare di natura contrattuale è il sistema di protezione e tutela dei lavoratori, integrativo di quello previsto dallo Stato, che tra origine dalla contrattazione collettiva di livello diverso: nazionale, territoriale o aziendale.

Tradizionalmente, il welfare contrattuale si distingueva dal welfare datoriale o welfare aziendale, considerato come un insieme di servizi e prestazioni erogati ai lavoratori per iniziativa unilaterale e volontaria del datore di lavoro, senza nessun tipo di negoziazione o accordo con le rappresentanze sindacali dei lavoratori.

A tal riguardo, è doveroso osservare che la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (la c.d. legge di stabilità per il 2016) ha superato l’identificazione del welfare aziendale con i caratteri dell’unilateralità e della volontarietà, modificando tecnicamente e culturalmente la precedente impostazione. La disciplina previgente escludeva, infatti, dal reddito da lavoro dipendente opere e servizi welfare, soltanto se erogati su iniziativa volontaria e unilaterale del datore di lavoro.

È stato, così, previsto che non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente l’”utilizzazione di opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di regolamento aziendale”.

Se nella precedente formulazione dell’art. 51 del TUIR (DPR n. 917/1986) l’ambito applicativo della disposizione era ristretto alle sole erogazioni effettuate “volontariamente” dal datore di lavoro (pertanto con esclusione in via interpretativa, da parte sia dell’Amministrazione finanziaria sia della giurisprudenza tributaria, delle erogazioni previste dalla contrattazione collettiva), la Legge di Stabilità 2016 ha radicalmente sovvertito tale precedente impostazione, introducendo espressamente la contrattazione aziendale come strumento privilegiato tramite il quale attuare le politiche di welfare.

Occorre, ad ogni modo, precisare che non vi è una definizione legale di welfare contrattuale o aziendale, e che la dottrina descrive lo stesso come l’insieme dei benefit e servizi forniti dall’azienda ai propri dipendenti al fine di migliorare la vita privata e lavorativa, tra cui si annoverano il sostegno familiare, allo studio, alla genitorialità, alla tutela della salute, ma anche proposte per il tempo e agevolazioni di carattere commerciale.

L’esenzione contributiva e le disposizioni in materia fiscale

Come abbiamo accennato poc’anzi, la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (la c.d. legge di stabilità per il 2016) ha introdotto importanti novità, oltre che in tema di detassazione dei premi per obiettivi derivanti da accordi collettivi territoriali o aziendali, anche in materia di beni e servizi (benefit) riconosciuti dal datore di lavoro a favore dei lavoratori dipendenti, ovvero per tutte le erogazioni che configurano il cosiddetto welfare di natura contrattuale e aziendale, il cui valore è esente da contributi e imposte.

Nello specifico, con riferimento al regime fiscale, l’art. 51, comma 2, lettera f), del TUIR stabilisce che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente: “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12, per le finalità di cui al comma 1, dell’articolo 100”.

In questo senso, è stato inoltre precisato dall’art. 1, comma 162, della legge n. 232/2016, le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 2, lettera del TUIR si interpretano nel senso che le stesse si applicano anche alle opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro, del settore privato o pubblico, in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale di lavoro, di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale.

Il Documento unico di regolarità contributiva (DURC)

Il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) è la certificazione che attesta la regolarità dei versamenti previdenziali dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi assicurativi, da parte delle imprese.

Sulla base di un’unica richiesta telematica, il soggetto abilitato può verificare contestualmente la regolarità di un operatore economico in relazione al rispetto degli adempimenti contributivi nei confronti dell’INPS, dell’INAIL, e della Cassa edile (per le sole imprese appartenenti al settore edile o che applicano il relativo CCNL).

Nato originariamente come certificazione unificata relativa alla regolarità contributiva dei versamenti contributivi e assicurativi da parte delle imprese edili appaltatrice di lavori pubblici, successivamente il campo di applicazione del DURC si è ampliato in maniera graduale e costante, fino a giungere all’attuale contesto che prevede l’obbligatorietà del DURC a prescindere dall’inquadramento contributivo.

Attualmente, vi sono due distinti documenti di regolarità contributiva delle imprese: il c.d. “DURC on line”, al quale si rivolgono i soggetti esterni per la verifica della salute contributiva degli attori economici con i quai si relazionano (D.M. 30 gennaio 2015; Circ. INPS n. 126/2015; messaggi INPS n 4580/2015), e il c.d. “DURC interno”, indispensabile per accedere ai benefici normativi e contributivi previsti dalla disciplina in materia di lavoro e legislazione sociale.

Le agevolazioni contributive

Ai sensi dell’art. 1, comma 1175, legge n. 296/2006, l’accesso ai benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale è subordinato al possesso, da parte dei datori di lavoro, del DURC.

L’art. 1, comma 1175, legge n. 296/2006 dispone che a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del DURC, “fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Continua a leggere la versione integrale sul Modulo24 Contenzioso Lavoro de Il Sole 24 Ore.