Infortuni sul lavoro coperti da transazione: danni futuri sempre risarcibili se viene provata l’imprevedibilità dell’aggravamento

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza, News, Rassegna stampa | Tag: sicurezza sul lavoro

26 Set 2023

Con la recente ordinanza n. 25603 del 1° settembre 2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore che abbia subito un infortunio sul lavoro, oggetto di successiva transazione con il datore di lavoro, può sempre chiedere il risarcimento dei danni manifestatisi successivamente e non prevedibili al momento della transazione stessa, anche nella misura in cui quest’ultima attenga ai danni futuri. A tal fine, tuttavia, il danneggiato ha l’onere di dimostrare che i danni di cui richiede la liquidazione siano riconducibili ad aggravamenti successivi ed imprevedibili al momento della transazione.

I fatti di causa

In data 14 giugno 2005, un lavoratore rimaneva vittima di un infortunio sul lavoro utilizzando un muletto. Nel 2010, il lavoratore instaurava un primo giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia, nei confronti del datore di lavoro e della società proprietaria del muletto, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro.

Nelle more del giudizio, nell’ottobre del 2012, le parti addivenivano ad una transazione stragiudiziale con rinuncia agli atti ed all’azione giudiziale da parte del lavoratore.

Successivamente, nel 2014, quest’ultimo instaurava un ulteriore giudizio nei confronti del datore di lavoro e della società proprietaria del muletto chiedendo al Tribunale di Venezia di:

  • accertare l’imprevedibile aggravamento delle proprie condizioni di salute verificatosi nel corso dell’anno 2013 a seguito dell’infortunio del 2005 oggetto di transazione;
  • condannare le controparti convenute al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, dallo stesso patiti.

Il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso per non aver il lavoratore fornito la prova dell’aggravamento di salute conseguente all’infortunio e, soprattutto, dell’imprevedibilità dello stesso alla data della transazione.

Il lavoratore ricorreva così dinanzi alla Corte d’appello di Venezia che confermava la sentenza del giudice di prime cure. In particolare, la Corte d’appello affermava il principio secondo cui il danneggiato, anche dopo aver transatto la lite con il danneggiante, può sempre domandare il risarcimento dei danni sopravvenuti e non ragionevolmente prevedibili al momento della transazione, anche se riferita a danni futuri.

Contestualmente, tuttavia, la Corte d’appello di Venezia motivava il rigetto per mancanza di prova circa il preteso imprevedibile aggravamento delle condizioni di salute post transazione del lavoratore che, al contrario, aveva dedotto unicamente una limitata modificazione delle proprie condizioni, senza nulla provare circa la rilevanza e l’imprevedibilità dell’aggravamento di salute rispetto all’epoca della transazione.

La decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha confermato le pronunce dei giudici di merito.

Gli Ermellini hanno infatti rigettato il ricorso per non avere il lavoratore fornito prova dell’imprevedibilità del danno a causa di aggravamenti successivi e sopravvenuti alla transazione, non essendo a tal fine sufficiente – precisa la Corte – la patologica evoluzione successiva alla transazione stessa, occorrendo dimostrare che essa fosse anche imprevedibile al momento della sottoscrizione dell’accordo.

La Corte di Cassazione ha respinto altresì l’asserita violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova lamentata dal ricorrente, rilevando che l’imprevedibilità dei danni futuri deve ritenersi requisito costitutivo della domanda di risarcimento e come tale deve essere allegato e provato da parte di chi agisce in giudizio in entrambe le sue componenti: l’aggravamento e l’imprevedibilità al momento della liquidazione.

Diversamente argomentando, infatti, l’efficacia preclusiva della transazione sui danni alla persona sarebbe esposta ad ogni genere di revisione postuma, con lo spostamento della prova a carico del convenuto che nulla potrebbe sapere dell’aggravamento della vittima e della sua o meno prevedibilità.

Gli Ermellini hanno poi confermato poi il principio di diritto – già espresso nel secondo grado di giudizio dalla Corte di Appello di Venezia – secondo cui il soggetto danneggiato che abbia transatto la lite può sempre chiedere il risarcimento dei danni (alla persona), manifestatisi successivamente e non prevedibili al momento della transazione, quand’anche le parti abbiano fatto riferimento in transazione ai danni futuri.

A tal fine, precisa la Corte, il ricorrente ha però l’onere di individuare specificatamente” gli elementi idonei (…) a consentire la revisione della liquidazione del danno a causa di aggravamenti successivi e sopravvenuti alla formazione del giudicato” che devono necessariamente essere riconducibili a:

  • un’obiettiva impossibilità di accertare, al momento della prima liquidazione, fattori attuali capaci, nell’ambito di una ragionevole previsione, di determinare l’aggravamento futuro;
  • l’impossibilità, al momento della prima liquidazione, di prevedere gli effetti di detto aggravamento;
  • l’insussistenza di un evento successivo “avente efficacia concausale dell’aggravamento“.

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