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Licenziamento collettivo: criteri per circoscrivere la platea degli esuberi agli addetti di un reparto

Categorie: DLP Insights, Giurisprudenza | Tag: Licenziamento collettivo, esuberi

03 Feb 2022

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1242 del 17 gennaio 2022, si è pronunciata in merito alla limitazione, ad un determinato reparto, della platea dei dipendenti da licenziare nell’ambito di una procedura collettiva, precisando i requisiti affinché tale limitazione possa essere ritenuta legittima.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dalla procedura di licenziamento collettivo avviata da una società per ragioni strutturali conseguenti all’esigenza di un rinnovamento delle strategie aziendali volta al mantenimento di competitività sul mercato. Sebbene nella comunicazione di avvio della procedura si facesse esclusivo riferimento alle esigenze di ristrutturazione dell’intero complesso aziendale, la società limitava l’applicazione dei criteri di scelta ai dipendenti di talune sedi.

A fronte dell’impugnazione del licenziamento da parte di un dipendente, i giudici di Napoli, nel primo e nel secondo grado di giudizio, dichiaravano illegittimo il licenziamento per violazione dei criteri di scelta, con conseguente condanna del datore di lavoro alla reintegrazione in servizio del dipendente e al pagamento in suo favore delle retribuzioni medio tempore maturate, con il limite delle 12 mensilità, in applicazione dell’art. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori.

Avverso la sentenza della Corte Territoriale, la società ricorreva in cassazione eccependo, da un lato, la violazione degli artt. 4 e 5 della Legge 223/1991 con riferimento alla dichiarata illegittimità della limitazione della platea dei licenziandi a determinate unità o reparti e, dall’altro, per violazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori per essere stata condannata alla reintegrazione in servizio del dipendente.

La decisione della Corte di Cassazione

Con un’approfondita motivazione, la Corte di legittimità ha rigettato il ricorso presentato dall’azienda, precisando che la limitazione dei dipendenti da licenziare, per essere valida, presuppone che il datore di lavoro, nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge 223/1991, indichi sia le ragioni in base alle quali i licenziamenti sono circoscritti ai dipendenti di una certa unità o di un determinato settore, sia le motivazioni per cui non ritenga di ovviare alla risoluzione dei rapporti con il trasferimento a unità produttive vicine.

La regola generale, secondo cui i lavoratori da licenziare devono essere individuati nell’ambito del complesso aziendale, non impedisce, di per sé, di limitare la platea degli interessati agli addetti a un determinato settore o reparto. A tal fine, precisa la Corte, è tuttavia necessario che (i) le esigenze tecnico-produttive vengano puntualmente indicate nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo e (ii) il datore di lavoro dia prova delle ragioni che giustificano l’effettuazione della scelta entro i confini di un ambito più ristretto.

La specificazione all’interno della comunicazione richiesta dall’art. 4 è finalizzata a far sì che (i) le organizzazioni sindacali siano in grado di verificare che tra le ragioni che determinano l’esubero di personale e i dipendenti licenzianti sussista un adeguato nesso di causalità e (ii) la delimitazione della platea dei lavoratori, cui è destinato il provvedimento di licenziamento, sia il frutto delle effettive esigenze organizzative alla base della riduzione del personale, adeguatamente esposte nella comunicazione medesima e rispetto alle quali deve esserci piena coerenza.

La Corte di Cassazione ha, altresì, precisato che nella scelta dei soggetti da coinvolgere in un licenziamento collettivo – ai fini dell’esclusione della comparazione con i lavoratori di professionalità equivalente addetti a unità produttive non soppresse e dislocate sul territorio nazionale – non assume alcun rilievo la circostanza che per mantenere in servizio un lavoratore della sede soppressa occorrerebbe trasferirlo presso un’altra sede, con l’aggravio di costi che ne consegue per l’impresa.

A tale proposito la Corte rileva che l’articolo 5 della Legge 223/1991, nel dettare i parametri per l’individuazione dei lavoratori da licenziare, non fa riferimento alla sopravvenienza di costi aggiuntivi né alla dislocazione territoriale delle sedi.

Da ultimo, con riferimento alle conseguenze connesse alla dichiarata illegittimità del licenziamento, la Suprema Corte, richiamando i propri precedenti giurisprudenziali, ha ribadito come, nel caso di specie, non ricorresse una mera violazione procedurale relativa all’incompleta comunicazione prescritta dalle norme di legge. A parere della Corte, nel caso di specie, vi è stata una violazione sostanziale, rappresentata dall’applicazione di criteri di scelta ad una platea di licenziabili illegittimamente delimitata rispetto all’intero complesso aziendale, con conseguente applicazione della tutela prevista dall’articolo 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori.

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