L’ingresso in Italia di lavoratori cittadini di Paesi non facenti parte dell’Unione Europea è regolato da specifiche previsioni volte ad assicurare delle quote di ingressi annuali opportunamente contingentate e definite dal Ministero dell’Interno, nonché a garantire che, rispetto a tali quote, il personale altamente qualificato possa beneficiare di deroghe ad hoc, tali da rendere possibile il suo ingresso sul territorio nazionale a prescindere dai limiti stabiliti annualmente.
Rispetto a quest’ultima fattispecie, le procedure di ingresso in Italia di personale “extra-UE” altamente qualificato mirano ad asseverare l’effettiva sussistenza delle caratteristiche di alta qualificazione e specializzazione in possesso dei lavoratori e, come tali, pongono sul datore di lavoro italiano e sul lavoratore medesimo una serie di adempimenti procedurali che, nella maggior parte dei casi, coinvolge una pluralità di autorità competenti e richiede tempi di lavorazione che si protraggono per mesi.
Alla luce della crescente mobilità dei lavoratori a livello internazionale che ha caratterizzato gli ultimi anni – anche a seguito della diffusione del lavoro da remoto avvenuta in epoca di pandemia da Covid-19 – i sopra menzionati requisiti di ingresso si sono rivelati particolarmente ingessanti rispetto a esigenze specifiche, dettate proprio dal sempre maggiore volume di lavoratori altamente specializzati – siano essi dipendenti o autonomi – che, per un dato periodo, decidono di svolgere la propria attività lavorativa all’estero rispetto al proprio Paese di origine o di impiego, in modalità remota.
Rispetto a tale scenario sono recentemente subentrate alcune novità derivanti, in primis, dal recepimento in Italia della Direttiva (UE) n. 2021/1883 e dai successivi interventi dei ministeri interessati, che si sono espressi sulle peculiarità delle nuove procedure con una circolare ed un Decreto Ministeriale.
Entrando nel merito delle novità di recente introdotte, giova ricordare come il Decreto legislativo n. 286/1998 (“Testo unico immigrazione”) regoli, nell’ordinamento italiano, l’ingresso nel territorio dello Stato delle persone straniere, anche con riferimento ai rapporti di lavoro. Con particolare attinenza a questi ultimi, come anticipato, è generalmente previsto che, rispetto alle c.d. “quote annuali” di ingresso di tempo in tempo stabilite dal Ministero dell’Interno, sia possibile garantire degli ingressi di lavoratori c.d. “extra-quota”, ossia in deroga ai limiti ministeriali stabiliti annualmente, in presenza di stranieri in possesso di determinati requisiti di specializzazione. Tali deroghe sono regolate, in particolare, dall’articolo 27 del Testo unico.
A seguito dell’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 152/2023, con cui è stata recepita nel nostro ordinamento la già citata Direttiva (UE) n. 2021/1883, volta ad ampliare e semplificare l’ingresso e il soggiorno di cittadini altamente qualificati di Paesi non facenti parte dell’Unione Europea e dello spazio Schengen, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, congiuntamente con il Ministero dell’Interno, ha emanato la circolare n. 2829 del 28 marzo 2024, contenente alcuni chiarimenti sul novellato Testo unico.
Di notevole importanza, tra le varie novità, risulta l’introduzione di ulteriori requisiti soggettivi volti a identificare il lavoratore straniero come “altamente qualificato”, richiamati specificatamente dalla circolare. Ad oggi, di fatto, sono riconducibili a tale definizione non solo i possessori di un titolo di laurea, bensì anche i titolari delle qualifiche professionali previste dal novellato articolo 27-quater del Testo unico, quali (i) i possessori di un titolo di qualificazione professionale di livello post secondario di durata almeno triennale, (ii) i titolari dei requisiti previsti per l’esercizio di professioni regolamentate, (iii) i titolari di qualifiche professionali superiori attestate da almeno cinque anni di esperienza di livello paragonabile ai titoli di istruzione superiori di livello terziario e (iv) i dirigenti e gli specialisti del settore delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione in possesso di qualifiche professionali superiori attestate da almeno tre anni di esperienza professionale.
La circolare ministeriale chiarisce che il possesso dei requisiti sopra indicati dovrà essere dimostrato al momento della presentazione della domanda di nulla osta al lavoro per “Carta Blu UE” mediante l’inoltro dei certificati di diploma rilasciati da università o istituti non universitari al termine del percorso di formazione oppure, nel caso si tratti di qualifiche professionali, tramite la presentazione di contratti e/o buste paga e l’aggiunta facoltativa di una lettera di esperienza redatta dal precedente datore di lavoro, volte ad attestare l’impiego del lavoratore per la durata prevista dalla normativa, nello specifico settore per cui ne è richiesta la prestazione in Italia.
Oltre alla documentazione richiamata, ai fini del rilascio del nulla osta al lavoro per “Carta Blu UE”, sarà necessaria la presentazione di una proposta di contratto di lavoro o offerta vincolante per lo svolgimento dell’attività lavorativa altamente qualificata della durata di almeno sei mesi e il riconoscimento di una retribuzione annua, deducibile dalla proposta o dall’offerta, non inferiore alla retribuzione prevista dai CCNL.
Al punto 4, inoltre, la circolare in commento richiama diritti e limitazioni del lavoratore a seguito dell’ottenimento della “Carta Blu UE”, quali:
Viene altresì precisato che il lavoratore altamente qualificato, ottenuto il nulla osta al lavoro e il visto di ingresso presso il corpo diplomatico italiano nel Paese di origine, potrà svolgere immediatamente attività lavorativa al suo arrivo in Italia, ancor prima della convocazione presso lo Sportello Unico Immigrazione per la sottoscrizione del contratto di soggiorno. Resta in capo al datore di lavoro l’invio della comunicazione obbligatoria preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro (c.d. “Unilav”).
In tema di procedura semplificata, la circolare ricorda quanto previsto dal comma 8 dell’art. 27-quater del Testo unico in merito della possibilità di sostituire la richiesta di nulla osta con la formalizzazione, da parte del datore di lavoro, di una proposta di contratto di lavoro o offerta vincolante per il lavoratore extracomunitario, nel caso in cui lo stesso datore abbia sottoscritto con il Ministero dell’Interno, sentito il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un apposito protocollo di intesa con il quale il medesimo garantisce la sussistenza dei requisiti previsti per l’applicazione della procedura. In questo caso, al lavoratore altamente qualificato verrà rilasciato il permesso di soggiorno entro 30 giorni dall’avvenuta comunicazione, in attesa del quale potrà soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere attività lavorativa.
Ulteriore novità a favore della mobilità internazionale all’interno dell’UE, riguarda i lavoratori già titolari di “Carta Blu UE” in corso di validità rilasciata da altri Stati membri: a tali soggetti è consentito di fare ingresso e soggiornare in Italia in assenza di visto per lo svolgimento di attività lavorativa per un periodo non superiore a novanta giorni nell’arco di sei mesi complessivi, fermo restando la dichiarazione di presenza nel territorio italiano dovuta alla Questura entro otto giorni lavorativi dall’ingresso.
Qualora il titolare di “Carta Blu UE” rilasciata da uno Stato membro abbia soggiornato legalmente nello stesso Stato per almeno dodici mesi, può fare ingresso in Italia, senza necessità del visto, per lo svolgimento di un’attività lavorativa altamente qualificata per un periodo superiore a novanta giorni, ferma restando, in questo caso, la richiesta di nulla osta. Il periodo di soggiorno legale nell’altro Stato necessario per l’Ingresso in Italia è ridotto a sei mesi qualora il lavoratore provenga da un secondo Stato membro in cui era arrivato già in possesso di “Carta Blu UE” rilasciata da un primo Stato membro.
Infine, la circolare congiunta illustra la possibilità, per i titolari di “Carta Blu UE”, di richiedere un nulla osta al ricongiungimento familiare, con rilascio, anche contestualmente alla “Carta Blu UE”, di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, convertibile, qualora ne sussistano i requisiti, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro (subordinato o autonomo) o per motivi di studio.
Come anticipato in apertura del nostro commento, ulteriori novità sono emerse per effetto del Decreto n. 79 del 4 aprile 2024, emanato congiuntamente dal Ministero dell’Interno, dal Ministero del Turismo e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: con tale decreto, i ministeri hanno inteso disciplinare le modalità e i requisiti di ingresso e soggiorno in Italia anche dei lavoratori altamente qualificati identificabili come “nomadi digitali” e lavoratori da remoto.
Ai sensi del citato decreto, per “nomadi digitali” e lavoratori da remoto si intendono i lavoratori – autonomi nel primo caso, subordinati o collaboratori nel secondo – che svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono loro di operare da remoto, in autonomia o per conto di aziende, a prescindere che queste ultime siano o meno residenti nel territorio italiano.
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Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dello scorso 6 luglio sono state disciplinate le linee guida per la pianificazione dei flussi d’ingresso per il triennio 2023-2025.
Tale decreto stabilisce i criteri per determinare i nuovi flussi, fissando una quota triennale di 452.000 ingressi per ragioni di lavoro subordinato (stagionale e non), e per il lavoro autonomo destinati agli stranieri residenti all’estero. Di questi, 136.000 sono previsti per il 2023, 151.000 per il 2024 e 165.000 per il 2025. Inoltre, è prevista una quota triennale di 28.500 ingressi per colf e badanti (9.500 per ciascun anno).
Inoltre, il decreto stabilisce anche i termini per la presentazione delle richieste di nullaosta relative alle nuove quote.
Riguardo alle modalità di applicazione, il dpcm impone la necessità di condurre una ricerca di personale in Italia prima di avanzare una richiesta di nullaosta per l’ingresso di extracomunitari. La definizione di “indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale” e le relative ragioni saranno oggetto di una circolare ministeriale che sarà emanata dai Ministeri del Lavoro, del Turismo, dell’Interno, degli Affari Esteri e dell’Agricoltura. In ogni caso, il datore di lavoro dovrà autocertificare, mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la ragione che giustificherebbero l’indisponibilità a ricopre la medesima posizione da parte di un lavoratore già presente sul territorio nazionale.
Non appena il decreto sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sarà possibile definire i termini per la presentazione delle richieste di nullaosta relative alle nuove quote per l’anno 2023.