Il Tribunale è stato chiamato a pronunciarsi su varie questioni, tra cui il diniego, da parte di una nota azienda di consegne di pietanze a domicilio, di comunicare alle associazioni sindacali ricorrenti le informazioni previste dall‘art. 1-bis del D.lgs. 26 maggio 1997 introdotto dal Decreto Trasparenza e richieste con specifica comunicazione, datata 22 dicembre 2022

È antisindacale la condotta della società che non comunica alle organizzazioni sindacali che lo richiedono le informazioni sull’utilizzo e il funzionamento dei sistemi automatizzati, previste dal D. Lgs. 104/2022, c.d. Decreto Trasparenza.

A stabilirlo è stata l’ordinanza numero 14491 del Tribunale di Palermo, datata 3 aprile 2023, che appare particolarmente importante e significativa – oltre che per il caso concreto – nel valutare l’impatto degli obblighi di informativi anche sulle c.d. collaborazioni etero dirette ex art. 2, comma 1, D.lgs. 81/2015 in generale.

Il Tribunale è stato chiamato a pronunciarsi su varie questioni, tra cui il diniego, da parte di una nota azienda di consegne di pietanze a domicilio, di comunicare alle associazioni sindacali ricorrenti le informazioni previste dall‘art. 1-bis del D.lgs. 26 maggio 1997 introdotto dal Decreto Trasparenza e richieste con specifica comunicazione, datata 22 dicembre 2022. In particolare, veniva richiesto di accertare la natura antisindacale del diniego in questione, ex art. 28 della Legge 300/1970.

L’art. 1-bis disciplina gli obblighi informativi ulteriori da fornire al lavoratore qualora vengano impiegati sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati. Si tratta di tutti quegli strumenti che, attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati tramite algoritmo o intelligenza artificiale, sono in grado di generare decisioni automatizzate.

L’obbligo di informativa sussiste anche nel caso di intervento umano meramente accessorio, come indicato dalla recente Circolare del Ministero del Lavoro n. 19 del 20 settembre 2022. L’azienda aveva in utilizzo proprio un algoritmo che consente ai rider di accedere all’app (e quindi, di lavorare) in base a determinate condizioni: disponibilità, posizione, prossimità, impostazioni personali, preferenze e “altri fattori”, come la probabilità di accettare una corsa in base ai comportamenti precedenti.

L’azienda, nel caso di specie, ha eccepito l’inammissibilità del procedimento rilevando, da un lato, che i rider non sarebbero veri e propri lavoratori subordinati ma prestatori di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 2222 cod. civ. e, dall’altro, che di fatto il committente non può essere considerato un datore di lavoro in senso stretto ma un committente di prestazioni di lavoro autonomo (così mancando di legittimazione passiva ai sensi dell’art. 28 L. 300/1970).

Presupposti immediatamente smentiti dal Tribunale di Palermo che, richiamando la consolidata e consistente giurisprudenza sul punto, ha sancito la riconducibilità dei rapporti tra committente e rider alla fattispecie delle collaborazioni eterodirette di cui all’art. 2, comma 1, D.lgs. 81/2015, in quanto tali suscettibili di applicazione della disciplina (e delle tutele) proprie del rapporto di lavoro subordinato (ex multis, Cassazione civile, sez. lav., sentenza n. 1663 del 24/01/2020).

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Norme e Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore.

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Ai Rider non si applica la tutela per la condotta antisindacale

Rider: i chiarimenti del Ministero del Lavoro

Con sentenza n. 1018/2022, pubblicata il 20 aprile 2022, il Tribunale di Milano, in persona del giudice Franco Caroleo, confermando un orientamento ormai maggioritario, ha riconosciuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra un rider ed una nota piattaforma di food delivery, con riconoscimento in favore del lavoratore dell’inquadramento nel 6° livello e del relativo trattamento retributivo previsto dal CCNL Commercio (applicato ai dipendenti della Società).

I fatti di causa e le modalità di organizzazione dell’attività del rider

Il rapporto tra il rider e la Società era regolato, a far data dall’ottobre 2018, da un contratto di lavoro autonomo, avente ad oggetto servizi di prelievo e consegna di cibi e bevande mediante bicicletta, motoveicolo o autoveicolo. Nel caso di specie, l’offerta della prestazione lavorativa da parte del rider avveniva tramite un sistema di prenotazione via app (installata sul cellulare del lavoratore), tramite la quale quest’ultimo, ogni lunedì, effettuava le prenotazioni delle sessioni di lavoro per tutta la settimana entrante, selezionando giorno e ora messi a disposizione dalla piattaforma.

L’accesso alla prenotazione era suddiviso in fasce orarie, alle quali il rider poteva accedere in base a c.d. “valori degli indici di prenotazione” conseguiti dal lavoratore in base al suo grado di affidabilità (numero delle occasioni in cui il rider, pur avendo prenotato la sessione di lavoro non effettuava il login nell’app nei primi 15 minuti dall’inizio della sessione) e il suo grado di partecipazione durante le sessioni con maggiore richiesta di lavoro stabilite dalla Società nei giorni dal venerdì alla domenica nella fascia oraria 20:00-22:00.

Così, l’accesso alla prima fascia di prenotazione (quella delle ore 11:00) con maggiore disponibilità di turni prenotabili per l’intera settimana era consentita solo ai rider che presentavano un valore massimo dei predetti indici, mentre i rider con indici inferiori potevano accedere solo alle fasce di prenotazione successive (quelle delle 15:00 e delle 17:00) con minore disponibilità di turni di lavoro prenotabili.

La versione integrale dell’approfondimento è stata pubblicata sul numero 20 di Guida al Lavoro de Il Sole 24 Ore.

L’8 dicembre la Commissione Ue dovrebbe presenterà la proposta di direttiva europea sui platform workers, i lavoratori delle piattaforme digitali, rider ma non solo.
L’obiettivo è stabilire un livello base di protezione salariale in tutti gli Stati membri, per garantire standard di vita dignitosi ai lavoratori. «Vista l’assenza, nell’attuale quadro legislativo europeo, di una regolamentazione del settore, il
Parlamento ha approvato una risoluzione inerente i diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali — chiarisce l’avvocato
Vittorio De Luca, managing partner dello studio legale De Luca & Partners.

Tra i punti di maggiore interesse, che potranno avere ripercussioni sulla normativa italiana, vi sono la “presunzione di subordinazione con inversione dell’onere della prova” nonché l’uso degli algoritmi in modo trasparente, non discriminatorio, affidabile ed etico per tutti i lavoratori».
La grande maggioranza dei rider sceglie il lavoro con le piattaforme per le flessibilità e lo affianca ad attività
complementari. Un cambiamento di policy potrebbe creare impedimenti per gli attuali 250 mila rider? «Senza dubbio l’elevato grado di flessibilità è uno dei maggiori vantaggi del lavoro su piattaforma — prosegue l’avvocato.

Una nuova regolamentazione dovrà adattarsi a un contesto economico produttivo radicalmente cambiato, in cui la rivoluzione tecnologica ha reso obsoleti i principali strumenti tipici di gestione e tutela».
Come sarà possibile? «Attraverso una regolamentazione che tenda, da un lato, a salvaguardare le forme di lavoro
flessibili offerte dalle piattaforme digitali, e, dall’altro, a superare incertezze giuridiche a vantaggio di lavoratori, imprese, piattaforme incluse, e consumatori — conclude De Luca.

Su questo, il Parlamento ha proposto l’istituzione di un marchio europeo di qualità da concedere, a seguito di valutazione, alle piattaforme che attuano buone pratiche per i lavoratori affinché gli utenti e gli stessi lavoratori
possano prendere decisioni informate».

Il Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 376 dello scorso 23 novembre, ha dichiarato inefficaci i recessi unilaterali effettuati da una piattaforma digitale di consegne di cibo a domicilio (la “Società”) dai rapporti in essere con i singoli lavoratori (“riders” o “ciclofattorini”) a seguito della loro mancata adesione al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (il “CCNL”) siglato da Assodelivery, l’associazione di categoria che rappresenta l’industria italiana del food delivery alla quale aderisce la Società, e UGL rider, il sindacato di categoria.

I fatti di causa

La vicenda nasce nell’ottobre 2020 quando, a seguito della stipula del CCNL con UGL per il tramite di Assodelivery, la Società inviava una comunicazione a tutti i ciclofattorini (circa 8.000) chiedendo loro di sottoscrivere un nuovo contratto di collaborazione come condizione essenziale per proseguire il rapporto con la stessa.

Con ricorso depositato il successivo 25 febbraio 2021, le OO.SS. FILCAM CGIL FIRENZE, NIDIL CGILFIRENZE e FILT CGIL Firenze convenivano in giudizio la Società opponendo il decreto ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori emesso il precedente 9 febbraio con cui era stato respinto il ricorso promosso fra le stesse parti in relazione alla dedotta antisindacalità delle seguenti condotte tenute dalla Società:

  • aver omesso di informare le OO.SS circa la decisione di recedere anticipatamente da tutti i contratti in essere nell’ottobre 2020, omettendo così anche la successiva fase di consultazione;
  • non aver avviato le procedure di informazione e consultazione prevista dalla L. 223/1991;
  • aver condizionato la prosecuzione dei rapporti con i ciclofattorini all’accettazione dell’unico CCNL firmato da Assodelivery e UGL rider, danneggiando le ricorrenti e favorendo quest’ultima.

La decisione del Tribunale di Firenze

Il Tribunale di Firenze ha chiarito, in primo luogo, che i ciclofattorini devono essere considerati lavoratori subordinati e, pertanto, la gestione del rapporto con gli stessi deve sottostare alla relativa disciplina, ivi incluse le norme previste in materia di recesso.

Ciò premesso, con riferimento alla comunicazione inviata dalla Società, il Tribunale ha rilevato che la stessa (i) non è stata preceduta da nessuna attività di informazione e consultazione con i sindacati che le sarebbe stata imposta dal CCNL Terziario Distribuzione e Servizi applicato ai suoi lavoratori dipendenti e (ii) era potenzialmente destinata a cessare contemporaneamente il rapporto con oltre 8.000 riders costituendo, in tal senso, un “rilevante cambiamento nell’organizzazione dell’impresa”.

Secondo il Tribunale, essendo pacifico (in quanto non contestato) che un numero di riders pari o superiore a 5 ha cessato anticipatamente il rapporto a seguito della modifica unilaterale richiesta dalla Società, si sarebbero dovuto utilizzare le procedure previste dalla Legge 223/1991, compresa, quindi, “la preventiva comunicazione per iscritto (in mancanza di rsa o rsu) alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale”.

Basti considerare, secondo il Tribunale, che le associazioni ricorrenti rientrano nel novero dei destinatari della comunicazione di cui sopra essendo associazioni di categoria, con la precisazione che ciascuna di esse ha tra i suoi iscritti lavoratori eterorganizzati e parasubordinati, aderenti ad una confederazione, la CGIL, sicuramente rappresentativa sul piano nazionale.

Il Tribunale, inoltre, ha osservato che elementi quali le modalità di sottoscrizione dell’accordo, il mancato confronto tra il sindacato e i riders, l’assenza di vertenze avanzate dalla UGL, il contenuto del contratto sottoscritto che ha portato a escludere la UGL dal Comitato Economico e Sociale Europeo e la mancata prosecuzione delle trattative con altre sigle sindacali per la forma di ulteriori e diversi contratti, sarebbero elementi “univoci e concordanti a favore della natura non rappresentativa del sindacato (ndr UGL rider) e della natura discriminatoria dei privilegi concessigli, non giustificati dalla forza contrattuale del sindacato stesso”.

Su tali presupposti, il Tribunale, accogliendo il ricorso delle OO.SS, ha ordinato alla Società la cessazione immediata delle condotte antisindacali, condannandola ad avviare le procedure di consultazione e confronto previste dal CCNL Terziario Distribuzione e Servizi nonché le procedure di informazione e consultazione ex L. 223/1991. La Società è stata, altresì, condannata a pubblicare il testo integrale del decreto a proprie spese e per una sola volta sulle edizioni locali di alcuni specifici quotidiani e al pagamento in favore del sindacato ricorrente delle spese del giudizio (comprese quelle della fase sommaria).

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È bene, comunque, sottolineare che la condanna a cessare immediatamente l’applicazione del CCNL Ugl rider rimane, ad oggi, circoscritta al territorio di competenza del Tribunale di Firenze che si è espresso sulla vicenda.

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Il Tribunale di Firenze, con decreto pubblicato il 9 febbraio 2021, ha osservato che la legittimazione ad azionare il procedimento per la repressione della condotta antisindacale prevista dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori non può essere estesa alle organizzazioni sindacali dei rider poiché questi non sono lavoratori subordinati.

I fatti di causa

Nel caso di specie, le tre organizzazioni territoriali della Cgil hanno presentato ricorso contro una società del food delivery, lamentando la condotta antisindacale attuata dalla stessa.

L’antisindacalità, secondo le OO.SS. ricorrenti, sarebbe consistita nell’avere l’azienda imposto ai rider l’applicazione del nuovo contratto collettivo di settore sottoscritto da Assodelivery (associazione dell’industria del food delivery) con Ugl riders. Contratto, tra l’altro, che era stato qualificato – non solo dai sindacati, ma anche dallo stesso Ministero del Lavoro – come “contratto pirata”, poiché stipulato con un sindacato compiacente e carente del necessario requisito della rappresentatività.

La decisione del Tribunale

Secondo il Tribunale adito l’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori – che legittima le articolazioni territoriali delle organizzazioni sindacali nazionali ad agire in giudizio qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti a impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale – è una garanzia tipica riconosciuta nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato. Pertanto, non può essere estesa alle organizzazioni sindacali di soggetti, quali lavoratori autonomi o parasubordinati.

In conclusione, ad avviso del giudice, nei confronti dei rider non sono applicabili le tutele di cui all’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, in quanto essi non sono lavoratori subordinati ma, al più, collaboratori autonomi ai quali è applicabile solo la disciplina sostanziale relativa al trattamento economico e normativo del lavoro subordinato.

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