Il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 31 dicembre 2020, ha accolto il ricorso promosso da tre organizzazioni sindacali confederate alla Cgil (Filt, Filcams e Nidl) contro la società Deliveroo, qualificando discriminatorie le condizioni di accesso alla piattaforma digitale utilizzata dalla stessa.

A parere del Tribunale, il sistema di prenotazione degli slot di lavoro penalizzava i rider che si assentavano dal lavoro, senza tenere in alcun modo conto di quali fossero le reali motivazioni della loro assenza. Inoltre, sulla base dell’algoritmo adottato dalla società, il punteggio di ciascun rider subiva una diminuzione quando lo stesso (i) non effettuava l’accesso alla piattaforma 15 minuti prima dell’inizio della sessione recandosi nella zona di lavoro, oppure (ii) annullava la prenotazione della sessione con un preavviso inferiore alle 24 ore. Peraltro, il sistema garantiva ai rider più meritevoli (i.e. coloro che godevano di un ranking reputazionale più alto) priorità nella scelta dei turni.

Secondo il giudice, quindi, l’algoritmo programmato, del tutto indifferente alle reali necessità dei rider, finiva per penalizzare indiscriminatamente chi avesse deciso, ad esempio, di aderire a iniziative di sciopero ovvero fosse costretto ad assentarsi per malattia, disabilità o, ancora, per assistere un minore malato o in condizione di disabilità.

Ed è sulla base di tali presupposti che il Tribunale di Bologna ha condannato la società di delivery a (i) rimuovere gli effetti della condotta discriminatoria; (ii) pubblicare l’ordinanza sul proprio sito internet e un suo estratto su un quotidiano di tiratura nazionale nonché (iii) pagare alle organizzazioni sindacali, a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 50.000 poiché il sistema di prenotazione adottato dissuadeva i rider da forme di astensione collettiva dal lavoro indebolendo così l’efficacia dell’azione sindacale.

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Il Ministero del Lavoro, in linea con quanto annunciato alle parti sociali in occasione dell’incontro del 18 novembre 2020, ha emanato, il successivo 19 novembre, la circolare n. 17 esplicativa del dettato normativo che regolamenta l’attività dei ciclo-fattorini (c.d. rider) delle piattaforme digitali.

In particolare, il Ministero ha delineato i caratteri essenziali del Decreto Legislativo del 15 giugno 2015, n. 81, come modificato e integrato dalla Legge del 2 novembre 2019, n. 128, di conversione del Decreto Legge n. 101/2019. Innanzitutto ha precisato, in premessa, che tale normativa si rivolge a due diverse platee di fattorini: da un lato quelli che collaborano con le piattaforme digitali sulla base di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e dall’altro, quelli che hanno un rapporto di lavoro autonomo.

Con riferimento alla prima platea la circolare ha chiarito che l’eventuale sussistenza di elementi attestanti la cosiddetta etero-organizzazione del fattorino rende operante il meccanismo di cui all’art. 2 del D. Lgs 81/2015 (come interpretato dalla sentenza 1663/2020 della Corte di Cassazione) secondo cui, alla collaborazione si applica la disciplina del lavoro subordinato. Ciò, salvo che non vi siano specifici accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore, prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo.

Mentre, con riferimento alla seconda categoria (i.e. quella che riconduce il rapporto nell’alveo del lavoro autonomo) la circolare ha evidenziato che, in mancanza dei requisiti di cui all’art. 2 del D. Lgs. 81/2015, ai fattorini devono essere garantiti i livelli minimi di tutela di cui al Capo V bis del D. Lgs. 81/2015.

Tra questi, l’articolo 47 quater, primo comma, demanda ai contratti collettivi la facoltà di definire criteri di determinazione del compenso complessivo, che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente. Il secondo comma stabilisce, poi, che in mancanza della stipula di tali contratti, i rider non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e agli stessi deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari. Minimi tabellari, stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Si prevede inoltre, al terzo comma, che ai medesimi lavoratori deve essere, in ogni caso, garantita un’indennità integrativa non inferiore al 10%, per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli, determinata dai contratti collettivi, o, in difetto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Inoltre, con riferimento alla contrattazione collettiva richiamata dal D. Lgs. 81/2015 il Ministero ha chiarito che i contratti collettivi abilitati a dettare una disciplina prevalente rispetto a quella legale sono, tanto nell’articolo 2, quanto nell’articolo 47 quater, quelli stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ai fini dell’accertamento del requisito della maggior rappresentatività, secondo il Ministero, deve farsi riferimento: (i) agli indicatori tradizionali definiti dalla giurisprudenza (quali, ad esempio, la consistenza numerica del sindacato, una significativa presenza territoriale sul piano nazionale, la partecipazione ad azioni di autotutela, alla formazione e stipulazione dei contratti collettivi di lavoro, l’intervento nelle controversie individuali, plurime e collettive); (ii) alla partecipazione degli agenti negoziali all’osservatorio permanente istituito dall’art. 47 octies del D. Lgs. 81/2015: (iii) alle parti firmatarie del contratto collettivo nazionale del più ampio settore, al cui interno, in ragione di particolari esigenze produttive ed organizzative, si avverte la necessità di prevedere discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo di determinate categorie di lavoratori.

Se mancano le condizioni sopra descritte, secondo il Ministero, l’accordo collettivo non è idoneo a derogare alla disciplina di legge e, pertanto, risulterà pienamente applicabile – a seconda dei casi – la previsione dell’articolo 2, primo comma, o quella dell’articolo 47 quater, secondo comma, del D. Lgs. 81/2015.

In questo contesto si insinua, visto il recente sviluppo del mercato del delivery food e la recente evoluzione sotto il punto di vista giuslavoristico, il protocollo sperimentale sottoscritto in data 6 novembre 2020, da Assodelivery e CGIL, CISL e UIL presso la Prefettura di Milano.

Con questo protocollo, volto al rispetto della legalità e ai diritti dei lavoratori del settore con lo scopo di costituire un valido contrasto allo sfruttamento lavorativo, le società aderenti a Assodelivery si impegnano, in particolare, a:

  • adottare, entro sei mesi dalla sua stipula sia un Codice Etico che Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001;
  • costituire un albo nazionale di società autorizzate per le consegne degli ordini al fine di operare esclusivamente attraverso dedicate piattaforme di delivery food senza più ricorrere ad aziende terze per reperire i rider;
  • vigilare sulle dinamiche lavorative dei rider attraverso un Organismo di Garanzia composto dai rappresentanti delle associazioni datoriali e delle organizzazioni sindacali;
  • a comunicare trimestralmente all’Organismo di Garanzia i dati anomali rilevati al fine di riconoscere una soglia di allarme a seguito della quale sarà necessario affrontare ulteriori problematiche e, se necessario, inviare specifiche segnalazione alla Procura della Repubblica.

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Il 15 settembre 2020 le associazioni sindacali ASSODELIVERY e UGL-RIDER hanno siglato il primo CCNL per la disciplina dei rapporti di lavoro dei ciclofattorini, noti anche come “Rider”.

Al di là di ogni considerazione sui temi di rappresentatività sindacale che stanno alimentando un nutrito dibattito, l’accordo, denominato “Contratto Collettivo Nazionale per la disciplina dell’attività di consegna di beni per conto altrui, svolta da lavoratori autonomi, c.d. Rider”, è stato raggiunto a quasi un anno di distanza dall’entrata in vigore della Legge n. 128/2019 che introduceva le prime misure per la tutela dei lavoratori della “gig economy”.

Quello dei rider è un rapporto che, secondo le parti firmatarie, deve essere ricondotto nell’alveo del lavoro autonomo. Difatti, l’art. 7 del CCNL definisce il rider come “lavoratore autonomo che, sulla base di un contratto con una o più piattaforme, decide se fornire la propria opera di consegna dei beni, ordinati tramite applicazione.

Tra le principali misure previste si annoverano il riconoscimento di un compenso minimo garantito, sistemi premianti, dotazioni di sicurezza, coperture assicurative, divieto di discriminazione e pari opportunità, tutela della privacy e diritti sindacali, escludendo al contempo la maturazione di istituti tipici del lavoro subordinato quali ad esempio compensi per lavoro straordinario, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto.

Entriamo nel dettaglio degli istituti principali.

Trattamento economico

Per quanto concerne gli aspetti di natura economica, il CCNL prevede il riconoscimento in favore dei rider di un compenso minimo (10 euro l’ora) determinato sulla base del tempo “stimato” per l’effettuazione delle consegne che, se inferiore ad un’ora, sarà riparametrato di conseguenza in proporzione al tempo “stimato” per la consegna. Tale compenso non potrà comunque essere inferiore a 7 euro per i primi 4 mesi dall’avvio del servizio di consegna presso una nuova città.

Inoltre, il compenso sarà incrementato in misura variabile dal 10% al 20% a seconda che l’attività si svolga durante l’orario notturno (che decorre dalle ore 24:00 alle ore 7:00), i giorni festivi (nei quali non sono ricomprese le domeniche) o nelle giornate in cui le condizioni metereologiche sono “sfavorevoli”.

Per incentivare i ciclofattorini, invece, il CCNL introduce un sistema premiante in forza del quale le società dovranno riconoscere a ciascun Rider un premio una tantum pari a Euro 600 ogni 2000 consegne nell’anno solare (fino a un massimo di Euro 1.500 per anno solare).

Salute e sicurezza sul lavoro

L’accordo non regolamenta solamente aspetti economici, ma mira anche a preservare la salute e sicurezza dei ciclofattorini, garantendo loro l’applicazione delle disposizioni del Testo Unico Salute e Sicurezza di cui al D.Lgs. 81/2008 e la partecipazione a specifici programmi di formazione.

Ai sensi del CCNL, inoltre, le società di delivery dovranno fornire ai Rider dotazioni di sicurezza come indumenti ad alta visibilità e casco, da sostituirsi ogni con una periodicità prestabilita.

Infine, “normativizzando” una prassi già in parte diffusa, è richiesta a cura della committente l’attivazione di coperture assicurative contro infortuni sul lavoro e malattie professionali nonché contro eventuali danni a cose o persone cagionati in esecuzione dell’attività.

Recesso

Da ultimo, con riferimento alla risoluzione del rapporto è attribuita al Rider la facoltà di recedere unilateralmente dal contratto in qualsiasi momento con effetto immediato, mentre è richiesto al committente di osservare un preavviso di recesso di almeno 30 giorni (salvo il caso di violazione del contratto per dolo o colpa grave) o, in alternativa, e  di riconoscere un’indennità pari alla media dei compensi percepiti.  

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Il 15 settembre 2020 le associazioni sindacali Assodelivery e Ugl-Rider hanno siglato li primo contratto collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti di lavoro dei ciclofattorini, noti anche come “rider”. Al di là di ogni considerazione sui temi di rappresentatività sindacale che stanno alimentando un nutrito dibattito, l’accordo, denominato Contratto collettivo nazionale per la disciplina dell’attività di consegna di beni per conto altrui, svolta da lavoratori autonomi, c.d. Rider, è stato raggiunto a quasi un anno di distanza dall’entrata in vigore della legge 128/2019 che introduceva le prime misure per la tutela dei lavoratori della gig economy.

Quello dei rider è un rapporto che, secondo le parti firmatarie, deve essere ricondotto nell’alveo del lavoro autonomo. Difatti, l’articolo 7 del Ccnl definisce il rider come «lavoratore autonomo che, sulla base di un contratto con una o più piattaforme, decide se fornire la propria opera di consegna dei beni, ordinati tramite applicazione».

Tra le principali misure previste si annoverano il riconoscimento di un compenso minimo garantito, sistemi premianti, dotazioni di sicurezza, coperture assicurative, divieto di discriminazione e pari opportunità, tutela della privacy e diritti sindacali, escludendo al contempo la maturazione di istituti tipici del lavoro subordinato quali ad esempio compensi per lavoro straordinario, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto.

Nel dettaglio, per quanto concerne gli aspetti di natura economica, il contratto collettivo prevede il riconoscimento in favore dei rider di un compenso minimo (10 euro l’ora) determinato sulla base del tempo «stimato» per l’effettuazione delle consegne che, se inferiore a un’ora, sarà riparametrato di conseguenza in proporzione al tempo «stimato» per la consegna. Tale compenso non potrà comunque essere inferiore a 7 euro per i primi 4 mesi dall’avvio del servizio di consegna presso una nuova città. Inoltre, il compenso sarà incrementato in misura variabile dal 10% al 20% a seconda che l’attività si svolga durante l’orario notturno (che decorre dalle 24:00 alle 7:00), i giorni festivi (nei quali non sono ricomprese le domeniche) o nelle giornate in cui le condizioni meteorologiche sono «sfavorevoli».

Per incentivare i ciclofattorini, invece, il contratto introduce un sistema premiante in forza del quale le società dovranno riconoscere a ciascun rider un premio una tantum pari a 600 euro ogni 2.000 consegne nell’anno solare (fino a un massimo di 1.500 euro).

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Fonte: Il Quotidiano del Lavoro

Con la sentenza n. 1663 del 24 gennaio 2020, la Corte di Cassazione ha affermato che si applicano le norme sul lavoro subordinato, nella loro complessità, a quei lavoratori che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali. Stiamo parlando dei cosiddetti riders.

I Giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come sia improprio parlare di “tertium genus” tra collaborazioni coordinate ex art. 409, comma 3, c.p.c. e rapporti di lavoro subordinato.

Nella ricerca della definizione della natura del rapporto tra i riders e le società di consegna, la Suprema Corte ha ritenuto necessario verificare se la prestazione offerta dai riders, presenta gli elementi dettati dall’art. 2 del D. Lgs. n. 81/2015: una prestazione di lavoro prevalentemente personale e continuativa, le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente.

La Corte ha in questa ricerca, così, rilevato:

  • da un lato, la penale a cui è soggetto il rider, dando peso all’impegno del lavoratore una volta candidatosi per la corsa: è tenuto “ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, sotto comminatoria di una penale”,
  • dall’altro, gli obblighi a cui il rider sarebbe soggetto, dando peso alle modalità di esecuzione della prestazione, in particolare: “all’obbligo per ciascun rider di recarsi all’orario di inizio del turno in una delle zone di partenza predefinite e di attivare l’applicativo Hurrier, inserendo le credenziali e avviando la geolocalizzazione; all’obbligo, ricevuta sulla applicazione la notifica dell’ordine con indicazione dell’indirizzo del ristorante, di recarsi ivi con la propria bicicletta, prendere in consegna i prodotti, controllarne la corrispondenza con l’ordine e comunicare tramite apposito comando della applicazione il buon esito dell’operazione; all’obbligo di consegna del cibo al cliente, del cui indirizzo il rider ha ricevuto comunicazione sempre tramite applicazione, e di conferma della regolare consegna”.

Svolta l’analisi, sul punto, la pronuncia degli ermellini è tranchant ravvisando che il profilo di autonomia del rider è “integro [n.d.r. soltanto] nella fase genetica dell’accordo (per la rilevata facoltà del lavoratore ad obbligarsi o meno alla prestazione), ma non nella fase funzionale, di esecuzione del rapporto, relativamente alle modalità di prestazione determinate in modo sostanziale da una piattaforma multimediale e da un applicativo per smartphone”.

Peraltro, nello stesso provvedimento la Suprema Corte sottolinea che la congiunzione “anche” presente nel co. 1 art. 2 D. Lgs. n. 81/15[1] con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro non dimostrerebbe che le tutele del lavoro subordinato richiedano oltre ad una semplice etero-determinazione della prestazione, anche un’ingerenza più pregnante del committente nello svolgimento del rapporto di lavoro.

Secondo la Corte, infatti, “il riferimento ai tempi e al luogo di lavoro esprime solo una possibile estrinsecazione del potere di etero-organizzazione, con la parola “anche” che assume valore esemplificativo”.  

La congiunzione “anche” non è tesa, quindi, a rendere più stringente la possibilità di applicare la disciplina della subordinazione a quei rapporti, che nell’attualità della rivoluzione informatica, vedono sempre meno dirimente il fattore “modalità spazio-temporale di svolgimento del rapporto di lavoro” nell’individuazione della disciplina da applicare, se quella del rapporto di lavoro autonomo o subordinato.

Ciò sarebbe in linea con la ratio sottesa alla scelta normativa del Legislatore nel 2015 che era soprattutto quella di assicurare una tutela più importante alle forme di collaborazione aventi le caratteristiche appena dettagliate, peraltro confermata dal legislatore del 2019, che è giunto esplicitamente a sostenere che le collaborazioni possano essere prevalentemente (e non più “esclusivamente”) personali, continuative e organizzate mediante piattaforme, anche digitali, eliminando del tutto, l’appena discusso, riferimento alla determinazione, da parte del committente, dei tempi e del luogo di lavoro.

Il caso sottoposto alla Cassazione evidenzia come sempre più spesso la giurisprudenza si trovi a dover applicare la disciplina del legislatore che, per quanto – come nel caso italiano – sia stata recentemente riformata, fatica a comprendere i casi che, con la digital transformation in corso, la realtà economica sottopone al vaglio dei tribunali.

A ben vedere il problema non è soltanto italiano, ma per esempio sul caso dei riders, la tematica sta interessando i tribunali a tutte le latitudini del mondo.

Al riguardo, è appena stata emessa la sentenza del Tribunal Superior di Madrid che il 17 gennaio 2020 che ha accolto il ricorso dell’ispettorato del lavoro e dell’ente previdenziale spagnoli e, rigettando così ogni domanda di Roofoods Spain SL, ha stabilito che i riders Roofoods Spain SL devono essere considerati lavoratori dipendenti e quindi falsi lavoratori autonomi.

Continua qui a leggere la versione integrale pubblicata su Guida al lavoro de Il Sole 24 ore.


[1] Così testualmente, nella versione ante intervento del 2019: “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.”.