L’utilizzo di strumenti di geolocalizzazione può ritenersi legittimo quando il controllo sia mirato, proporzionato e funzionale all’accertamento di condotte illecite
Con la sentenza n. 30821 del 24 novembre 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato a un dipendente sulla base delle risultanze del sistema GPS installato sull’autovettura aziendale. La Suprema Corte ha ribadito che l’utilizzo di strumenti di geolocalizzazione può ritenersi legittimo quando il controllo sia mirato, proporzionato e funzionale all’accertamento di condotte illecite, senza risolversi in una forma di vigilanza generalizzata sull’adempimento della prestazione lavorativa.
La pronuncia si inserisce nel solco del consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di controlli difensivi, chiarendo ulteriormente i confini applicativi dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori e i presupposti per l’utilizzabilità a fini disciplinari dei dati raccolti mediante strumenti tecnologici.
Il caso di specie
La vicenda trae origine dal licenziamento per giusta causa irrogato da una società nei confronti di un dipendente impiegato in un servizio di guardia, svolto mediante l’ausilio di un’autovettura aziendale dotata di sistema di localizzazione satellitare.
A seguito di segnalazioni provenienti dalla clientela in ordine a disservizi nell’esecuzione del servizio, la società aveva avviato una serie di verifiche interne volte a ricostruire le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa durante i turni di guardia. Tali accertamenti si erano concentrati sull’analisi dei dati di geolocalizzazione del veicolo aziendale, al fine di verificare la corrispondenza tra quanto dichiarato dal lavoratore nei rapporti di servizio e quanto risultante dalle rilevazioni GPS.
Dall’esame dei dati emergeva che, in tre distinte occasioni, durante l’orario di lavoro, il dipendente aveva fermato l’autovettura e stazionato all’interno della stessa per un periodo di tempo apprezzabile. Tale circostanza risultava in contrasto con quanto indicato nei rapporti di servizio, nei quali il lavoratore aveva dichiarato di essersi recato, nelle medesime fasce orarie, in località diverse da quelle effettivamente risultanti dalle rilevazioni satellitari.
Sulla base di tali elementi, la società aveva proceduto alla contestazione disciplinare, ritenendo che la condotta tenuta dal dipendente non fosse coerente con le modalità operative del servizio di guardia e integrasse una violazione degli obblighi contrattuali.
Le irregolarità riscontrate non costituivano, peraltro, un episodio isolato, ma si inserivano in un comportamento reiterato nel tempo, già oggetto di precedenti rilievi disciplinari sanzionati con misure conservative. Considerata la gravità e la ripetizione delle condotte, il datore di lavoro aveva quindi intimato il licenziamento per giusta causa.

La decisione della Corte d’Appello
Il lavoratore aveva impugnato il provvedimento espulsivo, contestando, tra l’altro, la legittimità dei controlli effettuati tramite il sistema GPS e la loro utilizzabilità a fini disciplinari, assumendo la violazione dell’art. 4 della L. n. 300/1970.
La Corte d’Appello, investita della controversia, aveva respinto l’impugnazione, ritenendo legittimo il licenziamento. In particolare, i giudici di secondo grado avevano qualificato i controlli effettuati dalla società come controlli difensivi, in quanto finalizzati ad accertare comportamenti potenzialmente illeciti e pregiudizievoli per l’organizzazione aziendale, emersi a seguito di specifiche segnalazioni della clientela.
Secondo la Corte territoriale, tali verifiche non erano riconducibili a una forma di sorveglianza dell’ordinario svolgimento della prestazione lavorativa, ma rispondevano all’esigenza di accertare una possibile violazione degli obblighi di correttezza e lealtà gravanti sul dipendente. Di conseguenza, i controlli erano stati ritenuti estranei all’ambito applicativo dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
Sotto il profilo sostanziale, la Corte d’Appello aveva inoltre rilevato come la condotta accertata fosse idonea a incidere in modo significativo sul vincolo fiduciario, anche in considerazione della reiterazione dei comportamenti e dei precedenti disciplinari già irrogati al lavoratore.
La pronuncia della Cassazione
Avverso la decisione di secondo grado, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo, tra i vari motivi, l’illegittimità dei controlli effettuati mediante il sistema GPS e l’erronea qualificazione degli stessi come controlli difensivi.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la decisione impugnata. Gli Ermellini hanno ribadito che il datore di lavoro può legittimamente avvalersi di strumenti tecnologici, quali i sistemi di geolocalizzazione installati sui mezzi aziendali, quando il controllo sia mirato, proporzionato e giustificato dall’esigenza di verificare condotte che esulano dal mero controllo dell’esecuzione della prestazione lavorativa.
Secondo la Suprema Corte, in tali ipotesi, il controllo assume natura difensiva e risulta funzionale all’accertamento di comportamenti potenzialmente illeciti, con la conseguenza che le relative risultanze possono essere legittimamente utilizzate a fini disciplinari.
La Cassazione ha altresì precisato che la valutazione circa la riconducibilità del controllo all’accertamento di condotte illecite, e non alla sorveglianza dell’attività lavorativa, costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. Tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, ove sorretta da una motivazione coerente e logicamente strutturata.
Nel caso concreto, la Corte territoriale aveva accertato che l’utilizzo dei dati GPS era stato determinato da specifiche segnalazioni di disservizi, che le verifiche erano state circoscritte a periodi temporali definiti e che la condotta del lavoratore risultava incompatibile con i doveri di correttezza e lealtà, incidendo in modo significativo sul rapporto fiduciario.
Il principio affermato
La sentenza n. 30821/2025 riafferma il principio secondo cui le risultanze del sistema GPS installato sui veicoli aziendali possono legittimamente fondare un licenziamento per giusta causa quando il controllo sia riconducibile a finalità difensive e risulti funzionale all’accertamento di condotte non conformi agli obblighi contrattuali.
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