Dall’inizio di febbraio 2020, le autorità pubbliche italiane – per contenere il rischio di contagio e mitigare gli effetti economici e sociali della pandemia – hanno introdotto diverse disposizioni emergenziali garantendo un sostegno finanziario alle famiglie, alle imprese e ai lavoratori.

Inoltre, a seguito dell’emergenza in corso, il Governo italiano continua a rinviare l’efficacia di alcune misure di emergenza e ne introduce di nuove in quanto lo stato di emergenza epidemiologica, ad oggi, scade il 31 gennaio 2021.

Tutte le aziende stanno attraversando un momento critico in quanto devono garantire un adeguato livello di sicurezza nell’ambito delle nuove disposizione introdotte, tra cui si annoverano:

  • Interventi volti a ridurre il costo del lavoro (ammortizzatori sociali);
  • Sospensione delle scadenze degli obblighi e dei pagamenti del datore di lavoro;
  • Gestione del rapporto di lavoro (valutazione della performance/assistenza/assenza);
  • Lavoro a distanza (es.: Lavoro Agile);
  • Protezione dei dati personali (GDPR);
  • Sicurezza sul lavoro;
  • Responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/01).

Ammortizzatori sociali

Il Governo italiano ha introdotto nuove procedure per l’ottenimento degli ammortizzatori sociali per far fronte alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa nell’ambito della crisi economica causata dalla Covid-19. In particolare, a partire dal mese di febbraio 2020, il Governo italiano ha introdotto nuovi criteri per la concessione dei seguenti ammortizzatori sociali:

  • Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (di seguito “CIGO”),
  • Fondo Integrazione Salariale (di seguito “FIS”) e;
  • Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (di seguito “CIGD”).

Fermo restando l’osservanza dei principi generali di correttezza e buona fede, non sono previste particolari restrizioni circa i criteri per l’individuazione dei dipendenti da collocare in cassa integrazione. Sul punto, si segnala che solo il personale dirigente non può accedere agli ammortizzatori sociali.

Ai fini dell’individuazione dell’ammortizzatore sociale, le aziende faranno riferimento alle regole generali che tengono conto del numero di dipendenti e della categoria merceologica. In termini generali, la CIGO è concessa alle imprese industriali, mentre il FIS è concesso alle imprese commerciali che occupano tra 5 e 50 dipendenti. L’altro ammortizzatore – CIGD – è concesso alle imprese che non hanno accesso agli altri ammortizzatori sociali.

Per quanto riguarda la durata, il governo ha prolungato la durata degli ammortizzatori sociali più volte nel corso dell’anno. Ad oggi, la durata è la seguente:

  • dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020 sono concesse n. 18 settimane per i dipendenti assunti prima del 9 novembre 2020. Nessun contributo deve essere versato dalle imprese per beneficiare delle prime 9 settimane di cassa, mentre un contributo obbligatorio deve essere versato per beneficiare delle ulteriori 9 settimane qualora le imprese non abbiano subito una sostanziale perdita di fatturato nel 2020. Il contributo è pari a una percentuale (compresa tra il 9% e il 18%) della retribuzione totale che sarebbe dovuta ai dipendenti per le ore di lavoro sospese/ridotte; l’ammontare del contributo dipende dalla riduzione del fatturato dell’impresa nel primo semestre 2020 rispetto al fatturato del primo semestre 2019;
  • ulteriori 6 settimane per il periodo dal 16 novembre 2020 al 31 gennaio 2021 sono concesse alle imprese che hanno usufruito interamente delle suddette 18 settimane. Tali 6 settimane sono concesse solo per sospensioni / riduzioni dell’attività che riguardano dipendenti in forza prima del 4 novembre 2020. Inoltre, per poter beneficiare delle 6 settimane il datore è tenuto al versamento di un contributo aggiuntivo che varia tra il 9% e il 18% della retribuzione totale che sarebbe dovuta ai dipendenti per le ore di lavoro sospese/ridotte. Non sono tenuti al versamento del contributo determinate categorie di imprese (tra cui i ristoranti) e le imprese che nel primo semestre del 2020 hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Per poter accedere agli ammortizzatori le imprese devono avviare una procedura di consultazione sindacale semplificata che prevede l’invio di un’informativa alle parti sindacali firmatarie del contratto collettivo di lavoro applicato nell’ambito della quale si indicano le ragioni e la misura dell’intervento richiesto. Le organizzazioni sindacali possono richiedere, entro tre giorni, un incontro che può essere svolto anche in modalità telematica.

Le domande di accesso ai regimi di integrazioni salariali CIGO e FIS devono essere inviate all’INPS, mentre le domande di CIGD sono presentate a livello regionale, a seconda della sede del datore di lavoro.

L’indennità corrisposta ai dipendenti ammonta all’80% della retribuzione ordinaria e non può eccedere determinate soglie (l’indennità massima è pari a circa 1.200 euro lordi al mese).

Per quanto riguarda la CIGO e la FIS il datore di lavoro può decidere (di solito nell’ambito della procedura di consultazione) di anticipare il trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori interessati. Mentre, per quanto riguarda la CIGD la stessa viene corrisposta direttamente dall’INPS al dipendente.

Esenzione dal versamento dei contributi previdenziali

Per le imprese che non fanno ricorso agli ammortizzatori sociali (ad eccezione di quelle appartenenti al settore agricolo), il Governo italiano ha introdotte l’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali, fatta eccezione per i premi e i contributi all’INAIL.

Ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge n. 104/2020 (c.d. “Decreto Agosto”) le imprese che non hanno presentato domanda per le 18 settimane di cassa integrazione ma che hanno già beneficiato degli ammortizzatori sociali Covid-19 a maggio e giugno 2020 possono richiedere l’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali, per un massimo di 4 mesi, fino al 31 dicembre 2020. L’esenzione è consentita anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 nei periodi successivi al 12 luglio 2020.

L’importo dell’esenzione non può superare il doppio delle ore di cassa integrazione salariale usufruite nei mesi di maggio e giugno 2020.

Inoltre, un ulteriore sgravio contributivo è concesso (per un periodo massimo di 6 mesi dall’assunzione) in favore dei datori di lavoro che assumono dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Il limite massimo di esenzione è pari a circa 8.000 euro su base annua. Tale esenzione sarà consentita anche in caso di trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Infine, ai sensi dell’art. 12 del Decreto Legge n. 137/2020 (c.d. “Decreto Ristori”) i datori di lavoro non agricoli che non fanno richiesta delle 6 settimane di cui al Decreto Ristori (ovvero le 6 settimane aggiuntive descritte nel paragrafo precedente) possono beneficiare dell’esenzione contributive per un ulteriore periodo di 4 settimane, utilizzabile entro il 31 gennaio 2021 nei limiti delle ore di integrazione salariale già percepite dalle aziende nel giugno 2020.

Proroghe e rinnovi di contratti a tempo determinato

Fino al dicembre 2020, è possibile prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato anche in assenza delle causali di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015. Le proroghe o i rinnovi devono essere effettuati entro e non oltre il 31 dicembre 2020, ma la scadenza di tali contratti può essere successiva a tale data. La durata massima complessiva del contratto a tempo determinato rimane di 24 mesi come previsto dall’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015.

Disposizioni in materia di licenziamento

Nell’ambito dell’attuale emergenza il Governo ha introdotto il divieto di comminare licenziamenti ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604/1966 e di avviare procedure di licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223/1991, salvo le seguenti ipotesi:

  • cessazione definitiva dell’attività, con messa in liquidazione della società senza alcuna continuazione, anche parziale, dell’attività;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. I dipendenti che vi aderiscono riceveranno il sussidio di disoccupazione involontario (cosiddetto “NASPI”);
  • fallimento quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione;
  • il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di una disposizione di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.

Lavoro agile

Nella fase di emergenza è stata introdotta una modalità semplificata per avviare il lavoro agile. Infatti, fino alla fine dello stato di emergenza epidemiologica, il lavoro agile può essere attivato anche in assenza di accordi individuali.

Di conseguenza, una volta terminato lo stato di emergenza, il lavoro agile dovrà essere regolamentato nell’ambito della normativa ordinaria di cui al D.Lgs. n. 81/2017.

Nell’ambito dell’emergenza il ricorso al lavoro agile è risultato notevole anche al fine di limitare la diffusione del virus e garantire la continuità aziendale. Tuttavia, al termine del periodo emergenziale, è auspicabile che il lavoro agile recuperi lo spirito originario di accrescere la competitività delle imprese e al contempo ricercare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata.

Infine, anche se è possibile attivare il lavoro agile nella modalità semplificata e, quindi, senza l’accordo individuale con il dipendente, è consigliabile sottoscrivere l’accordo individuale disciplinando, ad esempio: (i) il potere di controllo del datore di lavoro, (ii) alcuni profili relativi all’utilizzo di strumenti informatici che hanno evidenti implicazioni sul trattamento dei dati, (iii) il cosiddetto diritto alla disconnessione.

Fonte: Invest in Tuscany

Tornano in modalità webinar i nostri HR Breakfast.

Giovedì 19 novembre, De Luca & Partners e HR Capital hanno organizzato l’HR Virtual Breakfast con un focus tecnico e normativo sulle ultime novità al lavoro.

La nostra Senior Associate, Alessandra Zilla e il Consulente del Lavoro Nunzio Lena di HR Capital hanno fatto il punto sui recenti decreti emergenziali con la moderazione del nostro Managing Partner, Vittorio De Luca.

L’evento si è tenuto dalle h 9.00 alle h 10.00 tramite la piattaforma Zoom.

AGENDA:

  • Blocco dei licenziamenti
  • lavoro agile e congedi straordinari
  • Ammortizzatori sociali
  • Esonero contributivo
  • Sospensione versamenti

La partecipazione è gratuita previa registrazione.

Info a: events@delucapartners.it

Il 19 maggio 2020 è stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 128, il Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34 rubricato “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (cd. “Decreto Rilancio”). Il Decreto Rilancio apporta modifiche e integrazioni ad alcune previsioni contenute nella Legge di Conversione del Decreto Cura Italia (Legge 24 aprile 2020, n. 27), soprattutto in materia di ammortizzatori sociali conservativi, tra i quali la Cassa Integrazione Ordinaria (“CIGO”) e assegno ordinario (“FIS”) per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID19. Tra le modifiche più rilevanti si annovera la reintroduzione dell’obbligatorietà della procedura di preventiva informazione, consultazione ed esame congiunto con le Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Procedura questa che può essere svolta “anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva “. Il medesimo obbligo era stato inizialmente previsto dal “Decreto Cura Italia”, poi successivamente soppresso dalla Legge di Conversione. Non è stata, invece, introdotta alcuna modifica all’mpianto previsto dal Decreto CuraIitalia per le aziende che hanno più di 5 dipendenti e che vogliono accedere alla Cassa Integrazione Guadagni in Deroga, sempre con causale COVID-19. Queste hanno l’obbligo di sottoscrivere un accordo con le Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, da effettuarsi anche in modalità telematica.  

Vittorio De Luca in onda su Class CNBC a “Il prezzo del virus” condotto dal Direttore Andrea Cabrini, insieme ad altri ospiti tra i quali, il Sottosegretario di Stato del Ministero del Lavoro, Stanislao Di Piazza. Tra gli argomenti, la responsabilità dei datori di lavoro in caso di contagio dei dipendenti e gli ammortizzatori sociali previsti dal Decreto Rilancio in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (intervento dal minuto 24’55’’).

Guarda qui l’intervista.

L’istituto delle ferie

A sancire il diritto alla fruizione di un periodo annuale di ferie retribuite quale diritto di rango costituzionale, è il co. 3, art. 36 Cost. che così prevedendo “Il lavoratore ha diritto […] a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”, tra l’altro, ne prescrive l’irrinunciabilità.

Anche l’art. 2109 Cod. Civ. si interessa in maniera articolata dell’istituto delle ferie, così testualmente “Il prestatore di lavoro ha […] anche diritto […] ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità. L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie. Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’articolo 2118.”, dettando in tal modo i tre principi cardine relativi alla modalità di concessione e di fruizione dell’istituto:

  • l’imprenditore stabilisce le modalità di godimento delle ferie tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro;
  • la durata delle ferie è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità;
  • l’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie.

La disciplina legale delle ferie è poi completata dal D. Lgs. n. 66/2003 che – in attuazione alla direttiva 93/104/CE in materia di orario di lavoro (come modificata dalla direttiva 2000/34/CE, i cui principi sono stati poi trasposti nella direttiva n. 2003/88/CE) – all’art. 10 “Ferie annuali” statuisce che “1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni di miglior favore. 2. Il già menzionato periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. 3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell’articolo 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione.

È opportuno sottolineare che il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva stessa. La direttiva 93/104/CE sul tema sancisce la regola secondo cui il lavoratore deve di norma poter beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute, tant’è vero che l’art. 7, n. 2, permette di sostituire il diritto alle ferie annuali retribuite con una compensazione finanziaria solo nel caso in cui si ponga termine al rapporto di lavoro (si vedano i punti 28-29, 35 e dispositivo della sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging del 6.4.2006, C- 124/05).

Si tenga presente altresì che la Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, proclamata a Nizza nel 2000, all’art. 31 co. 2 nel disciplinare il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque ha anche previsto che “Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite”.

Da quanto evidenziato emerge chiaramente che il diritto alla fruizione delle ferie è imposto da norme imperative, anche di rilievo costituzionale, le quali sono finalizzate alla tutela della persona, della personalità e della dignità del lavoratore permettendo l’esplicazione del fine primario dell’istituto: consentire il recupero delle energie psico–fisiche nonché l’estrinsecazione della personalità del lavoratore durante il godimento del tempo libero che altrimenti sarebbe quantomeno alterata e compromessa da uno svolgimento continuato della prestazione lavorativa, dal cosiddetto superlavoro.

Non solo, l’impianto normativo illustrato delinea i caratteri dell’obbligazione che ricade sul datore di lavoro che compatibilmente con le esigenze connesse con la propria organizzazione aziendale, è tenuto a consentire la fruizione delle ferie, nel rispetto delle prescrizioni contenute nell’art. 10, D. Lgs. n. 66/2003 (Cass. 12-06-2001, n. 7951).

A ciò si aggiunga, come si avrà modo di approfondirlo nel proseguo, che l’inadempimento a tali obblighi o la violazione di quanto impartito dalle norme esaminate configura una violazione anche di disposizioni poste a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore.

Smaltimento delle ferie ai tempi del COVID-19

Come noto il Governo, con gli ultimi provvedimenti emanati, ha individuato i possibili strumenti a disposizione dei datori per la gestione dei rapporti di lavoro nell’ambito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 in corso.

In particolare, con il Decreto dell’8 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha “raccomandato”, all’art. 1, co. 1, lett. e), di “promuovere la fruizione dei periodi […] di ferie”. Tale raccomandazione è pure ribadita nel successivo DPCM dell’11 marzo 2020 (Art. 1, comma 7, lett. b).

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Fonte: versione integrale pubblicata su Guida al lavoro de Il Sole 24 ore.