Con la Legge n. 81 del 22 maggio 2017 recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, è stato regolamentato per la prima volta nel nostro ordinamento il lavoro agile (comunemente definito “smart working”). Si tratta di una modalità flessibile di esecuzione della prestazione lavorativa, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzata dall’assenza di vincoli di orario o luogo di lavoro e da forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi.
Nell’implementare Il lavoro agile nella propria azienda il datore di lavoro deve tener conto della normativa dettata in materia di protezione dei dati personali.
Il Regolamento (UE) 2016/679 in materia di protezione dei dati personali (“GDPR”) ha introdotto il c.d. principio di accountability ossia l’adozione, da parte del Titolare del trattamento (nel nostro caso il datore di lavoro), di comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del GDPR stesso. In sostanza, il datore di lavoro è tenuto ad individuare e gestire i rischi relativi ai trattamenti svolti, nel rispetto del principio della protezione dei dati fin dalla progettazione di ciascun trattamento (“by design”) e della protezione dei dati medesimi di default (“by default”).
Ciò significa che, nel lavoro agile, il datore di lavoro deve effettuare un idoneo risk assessment e, ove necessario, una valutazione di impatto in modo tale da analizzare tutti i rischi esistenti e potenziali nonché individuare le misure di sicurezza, tecniche e organizzative, adeguate a garantire la sicurezza e la protezione dei dati. In questa ottica il datore di lavoro deve adottare Regolamenti, Policies o Linee Guida recanti i comportamenti che i lavoratori agili devono tenere per garantire la riservatezza, l’integrità e la disponibilità dei dati trattati nello svolgimento delle proprie mansioni.
Il datore di lavoro deve, altresì, verificare che il controllo da remoto non sia un controllo invasivo in contrasto con l’art. 4 della Legge 300/1970. Ciò comporta un esame dettagliato dei sistemi che consentono un monitoraggio continuo dell’utilizzo degli strumenti di lavoro e della rete aziendale da parte dei dipendenti.
Proprio per questo il lavoratore agile deve essere dettagliatamente informato delle modalità tramite le quali il datore esercita il potere di controllo nonché di quali sono i comportamenti passibili di una eventuale sanzione disciplinare.
Non solo. Il datore di lavoro deve formare i lavoratori agili affinché questi abbiano piena consapevolezza e conoscenza degli strumenti messi a loro disposizione, dei rischi e delle misure da adottare durante il lavoro agile.
Il Tribunale di Roma, con la recentissima ordinanza n. 5961 del 21 gennaio 2021, torna ad affrontare limiti e condizioni per l’uso del lavoro agile. Nel contesto emergenziale in corso, l’accesso al lavoro agile è stato reso particolarmente flessibile in capo alla generalità dei lavoratori, anche attraverso una forte riduzione delle formalità richieste.
In tal senso, oltre ad un’impostazione generalmente orientata a favorire il lavoro agile durante lo stato di emergenza, in taluni casi si è previsto persino il diritto di talune categorie di lavoratori di rendere la prestazione da remoto e, specularmente, l’obbligo dei relativi datori di lavoro di riceverla con queste modalità. È quanto ha previsto infatti il Decreto Cura Italia, nel riconoscere ai lavoratori disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile (art. 39 D.L. 18/2020 convertito con modificazioni dalla Legge n. 24 aprile 2020, n. 27).
Diritto, in questo caso, ovviamente condizionato alla compatibilità tra le mansioni e la prestazione a distanza. In questo contesto normativo, il Tribunale di Roma è stato chiamato a esprimersi in via d’urgenza sul caso di una lavoratrice di azienda che, dopo lungo periodo di assenze per congedi a vario titolo ed essendo stata adibita da ultimo a mansioni di addetta alla compliance aziendale (non ancora esercitate per via delle continuative assenze), chiedeva di poter rendere la prestazione in regime di lavoro agile dovendo accudire un parente disabile, essendole stato ciò negato dal datore di lavoro.
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La Legge 30 dicembre 2020 n. 178 (Legge di Bilancio 2021) ha introdotto in favore dei lavoratori dipendenti pubblici e privati cosiddetti fragili un nuovo periodo di tutela decorrente dal 1° gennaio 2021 al successivo 28 febbraio. Sul punto è intervenuto anche l’INPS con il messaggio n. 171 dello scorso 15 gennaio fornendo chiarimenti. La tutela in esame consiste nell’equiparazione del periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero per i lavoratori in possesso di certificazione riportante l’indicazione della condizione di fragilità, con gli estremi della documentazione di disabilità grave ovvero della condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapia salvavita. L’equiparazione dell’assenza alla malattia comporta il riconoscimento in capo al lavoratore della prestazione economica e della correlata contribuzione figurativa nei limiti del periodo massimo previsto dalla normativa per la specifica qualifica e il settore lavorativo a cui lo stesso appartiene. Ma non solo. La tutela in esame consiste anche nello svolgimento per il lavoratore fragile di norma della prestazione lavorativa in regime di lavoro agile, anche attraverso (i) l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti o (ii) lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.
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Dall’inizio di febbraio 2020, le autorità pubbliche italiane – per contenere il rischio di contagio e mitigare gli effetti economici e sociali della pandemia – hanno introdotto diverse disposizioni emergenziali garantendo un sostegno finanziario alle famiglie, alle imprese e ai lavoratori.
Inoltre, a seguito dell’emergenza in corso, il Governo italiano continua a rinviare l’efficacia di alcune misure di emergenza e ne introduce di nuove in quanto lo stato di emergenza epidemiologica, ad oggi, scade il 31 gennaio 2021.
Tutte le aziende stanno attraversando un momento critico in quanto devono garantire un adeguato livello di sicurezza nell’ambito delle nuove disposizione introdotte, tra cui si annoverano:
Il Governo italiano ha introdotto nuove procedure per l’ottenimento degli ammortizzatori sociali per far fronte alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa nell’ambito della crisi economica causata dalla Covid-19. In particolare, a partire dal mese di febbraio 2020, il Governo italiano ha introdotto nuovi criteri per la concessione dei seguenti ammortizzatori sociali:
Fermo restando l’osservanza dei principi generali di correttezza e buona fede, non sono previste particolari restrizioni circa i criteri per l’individuazione dei dipendenti da collocare in cassa integrazione. Sul punto, si segnala che solo il personale dirigente non può accedere agli ammortizzatori sociali.
Ai fini dell’individuazione dell’ammortizzatore sociale, le aziende faranno riferimento alle regole generali che tengono conto del numero di dipendenti e della categoria merceologica. In termini generali, la CIGO è concessa alle imprese industriali, mentre il FIS è concesso alle imprese commerciali che occupano tra 5 e 50 dipendenti. L’altro ammortizzatore – CIGD – è concesso alle imprese che non hanno accesso agli altri ammortizzatori sociali.
Per quanto riguarda la durata, il governo ha prolungato la durata degli ammortizzatori sociali più volte nel corso dell’anno. Ad oggi, la durata è la seguente:
Per poter accedere agli ammortizzatori le imprese devono avviare una procedura di consultazione sindacale semplificata che prevede l’invio di un’informativa alle parti sindacali firmatarie del contratto collettivo di lavoro applicato nell’ambito della quale si indicano le ragioni e la misura dell’intervento richiesto. Le organizzazioni sindacali possono richiedere, entro tre giorni, un incontro che può essere svolto anche in modalità telematica.
Le domande di accesso ai regimi di integrazioni salariali CIGO e FIS devono essere inviate all’INPS, mentre le domande di CIGD sono presentate a livello regionale, a seconda della sede del datore di lavoro.
L’indennità corrisposta ai dipendenti ammonta all’80% della retribuzione ordinaria e non può eccedere determinate soglie (l’indennità massima è pari a circa 1.200 euro lordi al mese).
Per quanto riguarda la CIGO e la FIS il datore di lavoro può decidere (di solito nell’ambito della procedura di consultazione) di anticipare il trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori interessati. Mentre, per quanto riguarda la CIGD la stessa viene corrisposta direttamente dall’INPS al dipendente.
Per le imprese che non fanno ricorso agli ammortizzatori sociali (ad eccezione di quelle appartenenti al settore agricolo), il Governo italiano ha introdotte l’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali, fatta eccezione per i premi e i contributi all’INAIL.
Ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge n. 104/2020 (c.d. “Decreto Agosto”) le imprese che non hanno presentato domanda per le 18 settimane di cassa integrazione ma che hanno già beneficiato degli ammortizzatori sociali Covid-19 a maggio e giugno 2020 possono richiedere l’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali, per un massimo di 4 mesi, fino al 31 dicembre 2020. L’esenzione è consentita anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 nei periodi successivi al 12 luglio 2020.
L’importo dell’esenzione non può superare il doppio delle ore di cassa integrazione salariale usufruite nei mesi di maggio e giugno 2020.
Inoltre, un ulteriore sgravio contributivo è concesso (per un periodo massimo di 6 mesi dall’assunzione) in favore dei datori di lavoro che assumono dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Il limite massimo di esenzione è pari a circa 8.000 euro su base annua. Tale esenzione sarà consentita anche in caso di trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Infine, ai sensi dell’art. 12 del Decreto Legge n. 137/2020 (c.d. “Decreto Ristori”) i datori di lavoro non agricoli che non fanno richiesta delle 6 settimane di cui al Decreto Ristori (ovvero le 6 settimane aggiuntive descritte nel paragrafo precedente) possono beneficiare dell’esenzione contributive per un ulteriore periodo di 4 settimane, utilizzabile entro il 31 gennaio 2021 nei limiti delle ore di integrazione salariale già percepite dalle aziende nel giugno 2020.
Fino al dicembre 2020, è possibile prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato anche in assenza delle causali di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015. Le proroghe o i rinnovi devono essere effettuati entro e non oltre il 31 dicembre 2020, ma la scadenza di tali contratti può essere successiva a tale data. La durata massima complessiva del contratto a tempo determinato rimane di 24 mesi come previsto dall’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015.
Nell’ambito dell’attuale emergenza il Governo ha introdotto il divieto di comminare licenziamenti ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604/1966 e di avviare procedure di licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223/1991, salvo le seguenti ipotesi:
Nella fase di emergenza è stata introdotta una modalità semplificata per avviare il lavoro agile. Infatti, fino alla fine dello stato di emergenza epidemiologica, il lavoro agile può essere attivato anche in assenza di accordi individuali.
Di conseguenza, una volta terminato lo stato di emergenza, il lavoro agile dovrà essere regolamentato nell’ambito della normativa ordinaria di cui al D.Lgs. n. 81/2017.
Nell’ambito dell’emergenza il ricorso al lavoro agile è risultato notevole anche al fine di limitare la diffusione del virus e garantire la continuità aziendale. Tuttavia, al termine del periodo emergenziale, è auspicabile che il lavoro agile recuperi lo spirito originario di accrescere la competitività delle imprese e al contempo ricercare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata.
Infine, anche se è possibile attivare il lavoro agile nella modalità semplificata e, quindi, senza l’accordo individuale con il dipendente, è consigliabile sottoscrivere l’accordo individuale disciplinando, ad esempio: (i) il potere di controllo del datore di lavoro, (ii) alcuni profili relativi all’utilizzo di strumenti informatici che hanno evidenti implicazioni sul trattamento dei dati, (iii) il cosiddetto diritto alla disconnessione.
Fonte: Invest in Tuscany
Tornano in modalità webinar i nostri HR Breakfast.
Giovedì 19 novembre, De Luca & Partners e HR Capital hanno organizzato l’HR Virtual Breakfast con un focus tecnico e normativo sulle ultime novità al lavoro.
La nostra Senior Associate, Alessandra Zilla e il Consulente del Lavoro Nunzio Lena di HR Capital hanno fatto il punto sui recenti decreti emergenziali con la moderazione del nostro Managing Partner, Vittorio De Luca.
L’evento si è tenuto dalle h 9.00 alle h 10.00 tramite la piattaforma Zoom.
AGENDA:
La partecipazione è gratuita previa registrazione.
Info a: events@delucapartners.it