Al giudice di merito il compito di tratteggiare la giusta causa di licenziamento (Modulo 24 Contenzioso Lavoro de Il Sole 24 Ore, 7 giugno 2023 – Valentino Biasi)

Categorie: DLP Insights, Pubblicazioni, News, Pubblicazioni | Tag: Licenziamento per giusta causa, Corte di Cassazione

07 Giu 2023

Legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che consegni ad altri il badge personale affinché ne attesti la presenza (falsa) in azienda

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10239 del 18 aprile 2023, ha confermato la decisione assunta dalla Corte di Appello di Lecce che aveva ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore che, assente dal servizio, aveva consegnato il proprio badge ad un collega affinché ne attestasse la presenza sul luogo di lavoro. Nell’ambito delle valutazioni effettuate dalla corte territoriale e confermate poi dagli Ermellini, era risultata priva di rilievo, ai fini della  valutazione  della  legittimità  del  recesso,  sia  l’asserita  esigua  assenza  dal  servizio  del lavoratore licenziato sia il fatto che nessun danno fosse stato arrecato all’azienda datrice di lavoro.  Inoltre,  ad  avviso  della  Corte  di  Cassazione,  la  corte  territoriale  salentina  aveva correttamente evidenziato come la circostanza che il lavoratore si fosse reso già altre volte protagonista  della  medesima  condotta  truffaldina  connotasse  di  particolare  gravità  l’episodio oggetto di contestazione, giustificando così la sanzione espulsiva allo stesso irrogata. Nell’ambito delle proprie valutazioni, gli Ermellini hanno poi confermato il proprio orientamento sui limiti alla censurabilità, in sede di legittimità, dell’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 cod. civ., compiuta dal giudice di merito ai fini della individuazione della giusta causa di licenziamento,  per  la  cui  contestazione  non  è  sufficiente  contrapporre  una  ricostruzione  e valutazione dei fatti diversa rispetto a quella posta a base della decisione impugnata.

Il fatto affrontato e l’esito dei giudizi di merito

La vicenda processuale trae origine dal licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore in data 23 maggio 2017 al quale era stata contestato di aver consegnato ad un collega il proprio badge personale affinché ne attestasse falsamente la propria presenza in servizio.

Il lavoratore impugnava giudizialmente il licenziamento deducendone l’illegittimità e chiedendo, in via principale, la reintegrazione nel posto di lavoro in precedenza occupato e, in via subordinata, la condanna della società datrice al risarcimento del danno.

Sia nella fase sommaria del c.d. Rito Fornero che in sede di opposizione ex art. 1, comma 57, Legge n. 92/2012, il Tribunale di Taranto rigettava il reclamo del lavoratore, confermando la legittimità del recesso.

Con  sentenza  n.  290/2019,  la  Corte  di  Appello  di  Lecce  rigettava  il  reclamo  proposto  dal lavoratore confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Taranto. Nello specifico, la Corte di Appello salentina osservava che, pur non essendo possibile accertare in che misura l’utilizzo  improprio  del  badge  avesse  permesso  al  lavoratore  di  attestare  falsamente  la  sua presenza in azienda, la valutazione circa la sussistenza della giusta causa di licenziamento dovesse riguardare proprio “l’uso distorto del rilevatore delle presenze” che, in base ad uno specifico  ordine  di  servizio  interno,  doveva  essere  necessariamente  essere  eseguito personalmente dai lavoratori e non da parte di terzi compiacenti “come puntualmente contestato al lavoratore restando così irrilevante la durata dell’assenza dal posto di lavoro“.

Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte di Appello di Lecce aveva poi ritenuto proporzionata la sanzione  espulsiva  irrogata  trattandosi  di  abuso  di  fiducia  punito  con  il  licenziamento  dalla contrattazione collettiva nazionale applicata al rapporto di lavoro de quo.

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