Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 12 aprile 2021, ha ritenuto nullo il recesso anticipato di una società, operante nel food delivery (servizio a domicilio), dal contratto di collaborazione a termine in essere con un proprio lavoratore (ciclofattorino). Ciò in quanto la risoluzione anticipata era stata la diretta conseguenza della indisponibilità del lavoratore ad accettare quale fonte regolatrice del rapporto di lavoro il contratto collettivo di categoria dalla stessa scelto e sottoscritto da associazioni sindacali a cui egli non aveva aderito. Il Tribunale, richiamando precedenti della giurispridenza di legttimità in tema di efficacia soggettiva dei contratti collettivi, ha osservato che non esiste nel nostro sistema delle relazioni industriali alcun dovere del signolo lavoratore di accettare passivamente l’applicazione di un accordo sindacale in cui non si riconosce. Secondo il Tribunale, la società avrebbe potuto decidere di recedere ante tempus dal contratto di collaborazione solo nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Principi che non sarebbero stati rispettati poiché la risoluzione non era “necessitata” e la mancata prosecuzione del rapporto con il lavoratore si è palesata proprio come una “discriminazione per motivi sindacali”. Il Tribunale ha così ordinato alla società il ripristino del rapporto di collaborazione alle medesime condizioni di cui al contratto risolto, condannandola, altresì, a corrispondere al lavoratore le retribuzioni che avrebbe percepito dalla illegittima risoluzione del rapporto fino al suo effettivo ripristino, oltre il risarcimendo del danno non patrimoniale.